Cons. Stato Sez. IV, Sent., 06-06-2011, n. 3380 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

le Granara;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ricorso al TAR della Liguria i sigg. C. O. e G. O. impugnavano i provvedimenti di sospensione dei lavori e di ingiunzione a demolire un manufatto in legno ed in lamiera, posizionato su massetto in calcestrutto, realizzato molti anni addietro, secondo dichiarazione degli stessi, e, comunque, precedentemente all’acquisto (nel 2003) dell’intero compendio immobiliare nel quale detto manufatto è allocato.

2. – Con sentenza n. 317 del 1° aprile 2004, resa in forma semplificata, il predetto Giudice di prime cure ha accolto il ricorso ed ha annullato "…il provvedimento impugnato…" sul rilievo "…che l’art. 32, comma 25, del D.L. 30/9/2003, n. 269, convertito nella legge 24/11/2003, n. 32, prevede l’applicabilità delle disposizioni di cui capi IV° e V° della legge 28/2/1985, n. 47, e successive modificazioni e integrazioni, relativamente alle opere edilizie ultimate entro il 31/3/2003, termine prorogato al 31/7/2004 con D.L. 31/3/2004, n. 82; – che l’art. 44 della precitata legge n. 47/85 (compreso nel capo IV° della legge medesima) comporta la sospensione (tra l’altro) dei procedimenti amministrativi e giurisdizionali, nonché della loro esecuzione, sino alla scadenza del termine previsto, a pena di decadenza, per la presentazione della domanda relativa alla definizione dell’illecito edilizio; – che il termine suddetto risulta individuato dal comma 32° del già menzionato art. 32 del D.L. n. 269/2003 nella data del 31/3/2004; – che la sospensione di cui trattasi ha carattere automatico (ope legis) e come tale opera indipendentemente dalla presentazione, medio tempore, della istanza di sanatoria, nonché a fortiori, dal suo accoglimento…".

3. – Con il ricorso in epigrafe, rubricato "…appello ed opposizione di terzo…", i sigg. C. G. e F. F. premettono di avere un interesse giuridicamente protetto alla riforma della sentenza impugnata per essere proprietari confinanti lesi dalla costruzione abusiva che è stata sanzionata dal Comune con i provvedimenti annullati dalla citata sentenza e di essere, per tale qualità, comunque legittimati alla proposizione di detti mezzi processuali, pur non essendo stati parte del processo di primo grado.

Contestano, quindi, la correttezza della pronunzia di merito resa dal primo Giudice per i seguenti motivi:

i) erroneità della sentenza appellata per erronea applicazione del d.l. n. 269 del 2003, convertito nella legge n. 326 del 2003, e successive modificazioni ed integrazioni; erroneità dei presupposti, erroneità e/o difetto di motivazione, nonché travisamento dei fatti;

ii) erroneità della sentenza appellata per violazione ed erronea applicazione dell’art. 32, comma 25, del d.l. n. 269 del 2003, convertito nella legge n. 326 del 2003, e dell’art. 1 del d.l. n. 82 del 2004; erroneità del presupposto;

iii) erroneità della sentenza appellata per violazione ed erronea applicazione delle disposizioni in materia di beni ambientali e paesistici, nonché dell’art. 32, comma 27, del d.l. n. 269 del 2003, convertito nella legge n. 326 del 2003, nonché del PRG del Comune di Lavagna; erroneità del presupposto e difetto di motivazione;

iv) diritto al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale patito per effetto dell’abusiva costruzione in questione.

4. – Dei soggetti evocati nel presente grado di giudizio si sono costituiti soltanto i sigg. C. e G. O. che con due memorie hanno eccepito, preliminarmente, l’inammissibilità di entrambi i mezzi processuali proposti da controparte, sia per carenza di interesse all’impugnazione, sia per difetto di legittimazione.

Nel merito, hanno controdedotto in ordine all’infondatezza del gravame, comunque qualificato, del quale hanno chiesto la reiezione, previa riproposizione dei motivi di ricorso di primo grado sostanzialmente dichiarati assorbiti dal TAR.

5. – All’udienza pubblica del 5 aprile 2011 il ricorso in epigrafe è stato rimesso in decisione.

6. – Tutto ciò premesso, in punto di fatto, deve il Collegio esaminare prioritariamente l’eccezione di inammissibilità del gravame in epigrafe, sia riguardato nella sua qualificazione di "appello", sia in quella di "opposizione di terzo", avendo essa valenza pregiudiziale all’esame del merito della vicenda in questione.

6.1 – Parte appellata sostiene nella propria memoria depositata il 4 marzo 2001, puntualizzando l’eccezione sollevata all’atto della costituzione in giudizio, che i ricorrenti, nella loro qualità di proprietari confinanti con l’area sulla quale è stato realizzato il manufatto sanzionato come abusivo con i provvedimenti annullati dalla sentenza impugnata, sono "…privi di legittimazione ad agire, in quanto carenti del requisito di parti necessarie in senso sostanziale del processo di primo grado, e sono, altresì, carenti sotto il profilo dell’interesse stesso ad agire…"; ciò perché difetterebbe in capo ad essi un interesse sostanziale di segno opposto a quello dei ricorrenti di primo grado, tenuto conto che "…l’annullamento giurisdizionale del provvedimento repressivo non regolarizza la costruzione di cui trattasi…" e, quindi, "…gli appellanti non trarrebbero alcun beneficio dall’annullamento della sentenza impugnata, essendo l’ordinanza stessa destinata a perdere comunque i suoi effetti a seguito delle determinazioni adottate dall’Amministrazione sull’istanza di accertamento di conformità o di condono edilizio…".

6.2 – Osserva il Collegio che la disamina dell’eccezione deve necessariamente essere effettuata in maniera distinta e separata per i due mezzi processuali che la parte dichiara di proporre, in ragione del diverso regime che li caratterizza.

6.2.1 – Principiando dal primo di essi, ritiene il Collegio di dover innanzitutto richiamare, sotto un profilo generale, il condivisibile avviso giurisprudenziale alla stregua del quale nell’impugnazione di un’ordinanza di demolizione non sono configurabili controinteressati nei confronti dei quali sia necessario instaurare un contraddittorio, anche nel caso in cui sia palese la posizione di vantaggio che scaturirebbe per il terzo dall’esecuzione della misura repressiva ed anche quando il terzo avesse provveduto a segnalare all’Amministrazione l’illecito edilizio da altri commesso.

Ciò perché la qualità di controinteressato, cui il ricorso deve essere notificato, va riconosciuta non già a chi abbia un interesse, anche legittimo, a mantenere in vita il provvedimento impugnato e tanto meno a chi ne subisca conseguenze soltanto indirette o riflesse, ma solo a chi dal provvedimento stesso riceva un vantaggio diretto e immediato, ossia un positivo ampliamento della propria sfera giuridica.

Va da sé, inoltre, che il riconoscimento di una posizione di controinteressato non opera in relazione ad esigenze processuali, ma deve essere condotto sulla scorta del cosiddetto elemento "sostanziale", cioè sulla base dell’individuazione della titolarità di un interesse analogo e contrario alla posizione legittimante del ricorrente, ovvero del cosiddetto elemento "formale", cioè sulla base della indicazione nominativa nel provvedimento di colui che ne abbia un interesse qualificato alla conservazione.

Traslando tali principi in materia edilizia – ed in particolare con riguardo a provvedimenti di natura repressiva di illecito edilizio, come quelli di cui si discute – consegue che i proprietari confinanti dell’area nella quale è stato realizzato un manufatto abusivo del quale è stata ordinata la demolizione dall’Autorità competente, quali sono i sigg. C. e F., non rivestono la posizione giuridica di controinteressati nel giudizio instaurato per l’annullamento del provvedimento demolitorio (cfr. tra le ultime, T.A.R. Molise 12 marzo 2009, n. 79 e la giurisprudenza ivi richiamata).

Orbene, premesso che nella specie trova applicazione il regime processuale previgente all’entrata in vigore del nuovo Codice del Processo Amministrativo, approvato con d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (di seguito, per brevità: CPA), può certamente escludersi che gli attuali appellanti fossero parti necessarie del rapporto processuale di primo grado per cui per tale via essi non possono oggi vantare la legittimazione ad impugnare la sentenza in epigrafe.

Né gli stessi possono considerarsi controinteressati c.d. successivi – in quanto titolari di una posizione giuridica autonoma e di vantaggio specifico, avente segno opposto a quella dei ricorrenti di prime cure, che sia emersa proprio per effetto della sentenza contraria ai loro interessi – poiché difetta, nella specie, proprio in capo agli stessi un tal tipo di posizione giuridicamente protetta, non derivando loro alcun vantaggio diretto e concreto dall’annullamento della misura repressiva in questione e cioè un ampliamento effettivo della loro sfera giuridica, tenuto conto che l’annullamento giurisdizionale del provvedimento repressivo in questione, come correttamente rilevato dalla parte appellata, non regolarizza la costruzione di cui trattasi.

Infine, deve essere esclusa la legittimazione ad impugnare degli appellanti, quand’anche volesse ipoteticamente ritenersi applicabile la novella processuale recata dall’art. 102 del CPA, atteso che esso riconosce detta legittimazione soltanto a chi sia stato parte formale del rapporto processuale di primo grado (cfr. 1° comma: "… le parti fra le quali è stata pronunziata la sentenza di primo grado…"), e cioè a chi sia stato evocato in giudizio da controparte, ovvero chiamato iussu judicis, con la precisazione, contenuta nel secondo comma, che, l’interventore volontario in primo grado ha facoltà di appellare soltanto se sia "…titolare di una posizione giuridica autonoma…" che, come si è visto, non è riconoscibile, nella specie, in capo ai sigg. C. e F..

6.2.2 – Quanto, invece, all’opposizione di terzo, è noto che nel regime processuale previgente all’entrata in vigore del CPA il rimedio dell’opposizione di terzo, introdotto a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 17 maggio 1995 n. 177, fosse lo strumento giuridico predisposto, per pacifica giurisprudenza del Giudice Amministrativo (cfr. sez. IV^, n. 4434 del 15 luglio 2009, 24 marzo 2009, n. 1773 e n. 2442 del 14 maggio 2007, nonché sez. VI^, n. 4675 del 24 luglio 2009), per tutelare i controinteressati pretermessi, i controinteressati sopravvenuti, i controinteressati non facilmente identificabili ed in genere i terzi titolari di una situazione giuridica autonoma ed incompatibile rispetto a quella riferibile alla parte risultata vittoriosa per effetto della sentenza opposta.

Più in particolare, è stato precisato che sono legittimati i soggetti che, pur non essendo parti necessarie od interventori "ad opponendum" nel giudizio di primo grado, vantino un autonomo diritto sul bene oggetto della controversia che sia concretamente incompatibile con il rapporto giuridico accertato, ovvero costituito, dalla sentenza contestata.

E’ altresì noto che il rimedio dell’opposizione di terzo é proponibile esclusivamente innanzi allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza di cui il terzo si duole, essendo ciò imposto dall’art. 405, comma 1, c.p.c., che la pronuncia di incostituzionalità n. 177 del 1995 ha importato nel processo amministrativo senza deroghe di sorta (cfr. in termini, sez. IV, 12 giugno 2003, n.3312).

Consegue da tali premesse che, nella specie, anche detto tipo di impugnazione è inammissibile, sia per la carenza in capo ai sigg. C. e F. di una posizione legittimante connessa ad un loro interesse direttamente protetto dalla legge, alla stregua di quanto detto nel capo precedente di motivazione della presente sentenza, sia perché proposta innanzi a questo Consiglio di Stato, anziché davanti al Giudice di primo grado che ha pronunziato la sentenza "opposta".

Né potrebbe restare salva l’ipotesi di conversione dell’opposizione in appello ordinario, in quanto, come si è già visto, il relativo mezzo è stato già ritenuto inammissibile per difetto della necessaria posizione legittimante.

5.3 – In conclusione, può affermarsi che l’impugnazione in esame è, comunque, inammissibile, alla stregua delle ragioni sin qui espresse.

6. – Quanto alle spese del presente grado di giudizio, ritiene il Collegio che l’onere delle stesse possa essere compensato tra le parti sussistendo giusti motivi per non porlo a carico degli appellanti soccombenti.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 6050 del 2004, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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