Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-03-2011) 01-06-2011, n. 22152 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 17 maggio 2010 la Corte d’Appello di Brescia ha confermato la sentenza del Tribunale di Brescia dell’8 luglio 2008 che ha dichiarato B.V. e L.E. colpevoli del delitto aggravato di traffico illecito di sostanze stupefacenti di cui agli artt. 81 cpv. e 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 e 6 e art., 80 per avere in concorso tra loro, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17 e fuori dalle ipotesi previste dall’art. 75 della stessa legge, illecitamente acquistato o comunque ricevuto, detenuto al fine di spaccio, nonchè offerto e ceduto in vendita, a prezzi variabili, a terzi alcuni dei quali non identificati, rilevanti quantitativi di cocaina, per un ammontare non quantificabile ma rilevante in considerazione sia della continuità temporale, che della reiterazione delle condotte tra cui, in particolare: in concorso tra loro e con altri imputati identificati, illecitamente e reiteratamente acquistavano da più persone non meglio identificate, detenevano e cedevano a terzi vari quantitativi di cocaina in (OMISSIS) nel periodo (OMISSIS). Inoltre in concorso tra loro e con altre persone nei cui confronti si è proceduto separatamente, illecitamente acquistavano da persone non meglio identificate 526 grammi di cocaina, sostanza stupefacente che successivamente i coindagati cercavano di cedere a militari sottocopertura del ROS dei CC Udine in (OMISSIS) e località limitrofe fino al (OMISSIS). La stessa sentenza ha condannato i suddetti imputati, esclusa l’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80 e ritenuta la continuazione, ad anni otto di reclusione ed Euro 80.000,00 di multa ciascuno. La Corte territoriale ha ritenuto che le conversazioni telefoniche, principale prova a carico degli imputati, non abbiano presentato alcuna incertezza riguardo all’identità degli interlocutori, mentre il linguaggio criptico utilizzato con gergo convenzionale tipico degli ambienti dello spaccio, sia stato sufficientemente indicativo dell’attività contestata. Inoltre la Corte d’Appello ha dettagliatamente esposto anche i due episodi in cui, quanto risultato dalle telefonate intercettate, ha trovato puntuale riscontro, a conferma anche del rapporto non amicale degli imputati con gli acquirenti della sostanza stupefacente. La Corte d’Appello ha inoltre considerato che l’attività commerciale in cui gli imputati erano occupati versava in condizioni fallimentari, ed inoltre l’uso promiscuo di autovetture e cellulari con altri coimputati, confermavano lo svolgimento di un’attività organizzata.

Gli imputati propongono distinti ricorsi avverso tale sentenza.

Il B. lamenta difetto e illogicità della motivazione con particolare riferimento all’interpretazione delle telefonate intercettate il cui linguaggio sarebbe coerente con l’attività commerciale svolta dagli imputati, mentre la situazione di dissesto economico, lungi dal far ritenere che i mezzi economici provenissero da attività illecite, condurrebbero a far ritenere invece che se esistessero proventi da tali attività, gli imputati non si sarebbero trovati in difficoltà economica. Il B. lamenta, inoltre, la mancanza di motivazione riguardo al rapporto di amicizia che legava gli imputati con gli interlocutori telefonici e che giustificherebbero le telefonate stesse.

La L. lamenta, invece violazione di legge processuale con riferimento all’art. 192 c.p.p., comma 2 in merito alla ritenuta certezza sulla identificazione dell’imputata quale conversante delle conversazioni telefoniche intercettate e ritenute prova della condotta illecita, ed alla ritenuta precisione e univocità del dato probatorio con riferimento al contenuto illecito di dette conversazioni. In particolare non si sarebbe tenuto conto dell’utilizzo dell’utenza dell’imputata sottoposta ad intercettazione da parte di terzi non uditi ritualmente nel processo, e nulli sarebbero gli accertamenti sui rapporti ed i collegamenti dell’imputata con i soggetti utilizzatati dell’utenza su cui sono state effettuate le intercettazioni ritenute probanti la condotta illecita. Si lamenta inoltre violazione dell’art. 238 bis c.p.p. con riferimento all’art. 187 c.p.p. e art. 192 c.p.p., comma 3, in merito alla ritenuta sussistenza di un legame di natura illecita tra l’imputata ed il soggetto giudicato nella sentenza irrevocabile emessa in altro procedimento a carico di S..

Con secondo motivo si deduce violazione di legge e carenza di motivazione in merito alla corretta contestazione della circostanza aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 6, ed in merito alla congruità della pena inflitta.
Motivi della decisione

I ricorsi sono infondati e vanno conseguentemente rigettati.

Il ricorso del B. ed il primo motivo del ricorso della L. si riferiscono alla valutazione delle prove e, in particolare, delle intercettazioni telefoniche con riferimento all’interpretazione del linguaggio criptico, all’identità degli interlocutori, ai rapporti con gli stessi. I ricorsi contengono, quindi, censure non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonchè l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, immune da censure logiche, perchè basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza.

Come è noto la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha ritenuto, pressocchè costantemente, che "l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali" (Cass. 24,9.2003 n. 18; conformi, sempre a sezioni unite Cass. n. 12/2000;

n. 24/1999; n. 6402/1997).

Più specificamente "esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali" (Cass. sezioni unite 30.4.1997, Dessìmone).

Il riferimento dell’art. 606 c.p.p., lett. e) alla "mancanza o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato" significa in modo assolutamente inequivocabile che in Cassazione non si svolge un terzo grado di merito, e che il sindacato di legittimità è limitato alla valutazione del testo impugnato.

D’altronde, la Corte di merito richiama le risultanze istruttorie in modo sufficientemente compiuto e logico richiamando, in particolare, le intercetta zio i telefoniche, dando compiuto conto della lettura del linguaggio criptico, considerando anche il saltuario utilizzo delle utenze anche da parte di terzi, ma valutando sempre approfonditamente ogni particolare di tali telefonate considerando anche le valutazioni svolte dalla difesa, e pervenendo ad un giudizio di colpevolezza sulla base di tali intercettazioni in modo comunque compiuto e logico che sfugge d ogni censura di legittimità.

Il secondo motivo del ricorso del B. è parimente infondato in quanto la Corte territoriale ha dettagliatamente, congruamente e logicamente motivato sia in merito alla sussistenza dell’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, n. 6, sia con riferimento all’entità della pena, facendo riferimento anche alla motivazione della sentenza di primo grado con particolare riferimento alle circostanza di fatto che attestano gli stretti contatti degli attuali ricorrenti con altri imputati coinvolti nel traffico di stupefacenti, e facendo riferimento anche, quanto alle pene inflitte, alla pluralità degli episodi, al disvalore sociale della condotta degli imputati testimoniata anche dai plurimi contatti con altri appartenenti all’organizzazione del traffico della droga e con vari acquirenti, circostanze tutte sufficienti a giustificare una pena base nemmeno lontana dai minimi edittali.

Al rigetto dei ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Quarta Penale, rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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