Cass. civ. Sez. III, Sent., 03-10-2011, n. 20216 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con provvedimento del 30 gennaio 2009 la Corte di Appello di Catanzaro dichiarava improcedibile il reclamo avverso l’ordinanza del Tribunale che aveva dichiarato inammissibile la richiesta di L.A. ai sensi della L. n. 117 del 1988, art. 5, comma 1, di autorizzazione a proporre domanda risarcitoria nei confronti dello Stato per responsabilità civile del magistrato poichè il ricorso ed il decreto di fissazione dell’udienza per la discussione in Camera di consiglio – 26 febbraio 2008 – non erano stati notificati nel termine concesso – 31 dicembre 2007 – tant’è che a detta udienza il difensore aveva ottenuto rinvio per provare la notifica, mentre invece all’udienza del 13 maggio 2008 aveva ottenuto un ulteriore termine per la notifica ed il rinvio all’udienza del 14 ottobre 2008. A questa udienza si costituiva la Presidenza del Consiglio dei Ministri che rilevava l’inammissibilità del reclamo per non aver il L. rinnovato la notifica nel termine perentorio del 31 dicembre 2007 e la Corte di appello, ritenuto applicabile anche alla disciplina dettata dalla L. n. 117 del 1988 il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite – 20604/2008 – in sede istituzionale di risoluzione del contrasto secondo cui "nel rito del lavoro l’appello, pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell’udienza non sia avvenuta, non essendo consentito alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della cosiddetta ragionevole durata del processo "ex" art. 111 Cost., comma 2 – al giudice di assegnare, "ex" art. 421 cod. proc. civ., all’appellante un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell’art. 291 cod. proc. civ.", dichiarava improcedibile il reclamo.

Ricorre per cassazione L.A.. La Presidenza del Consiglio dei Ministri non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione

Deduce il ricorrente: "Violazione e falsa applicazione degli artt. 102 e 291 c.p.c." poichè, proposto tempestivamente il reclamo mediante deposito nella cancelleria, l’omessa notifica del ricorso e del decreto integra una mera irregolarità degli atti, sanabile nel termine assegnato dal giudice, accordata all’udienza del 13 maggio 2008, non essendo applicabile la diversa disciplina del rito del lavoro e conclude con il seguente quesito di diritto:" Si chiede che la Corte adita sui pronunci sulla legittimità della dichiarazione di improcedibilità di un reclamo proposto ex lege n. 117 del 1988 in applicazione analogica delle norme dettate per il rito speciale del lavoro".

Il motivo è infondato.

Ed infatti da un lato la pronuncia si è conformata al principio espresso dalle sucitate Sezioni Unite, ribadito da Cass. 11600/20105 secondo cui alla luce dell’art. 111 Cost., nel testo novellato dalla L. 23 novembre 1999, n. 2, secondo cui – primo comma – "la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge", e – comma 2 -: "ogni processo si svolge nel contraddittorio delle parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata", vanno rivisitati i limiti dell’effetto sanante dell’art. 291 cod. proc. civ., comma 1 – omologo all’art. 350 cod. proc. civ., comma 2, per l’appello – ("Se … il giudice rileva un vizio che importi la nullità della citazione fissa all’attore un termine perentorio per rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza") data l’impossibilità concettuale di rinnovare e tanto meno di rettificare l’inesistente (giuridico o di fatto) con conseguente superamento dell’indirizzo giurisprudenziale del perfezionamento degli effetti di un atto di impugnazione – come nella fattispecie con il solo deposito del ricorso nei termini previsti dalla legge nella cancelleria del giudice ad quem e diritto della parte impugnante all’assegnazione di un nuovo termine per notificare gli atti, previa fissazione di un’altra udienza dovendosi ritenere estesi tali principi anche al rito camerale, contrassegnato dalla vocatio in ius tramite deposito del ricorso e dalla sua successiva notifica insieme col decreto di fissazione dell’udienza. Dall’altro, in ogni caso, anche i termini "ordinatori" non possono essere prorogati dopo la loro scadenza ( art. 154 cod. proc. civ.) e perciò scaduto anche il secondo termine ottenuto – come nel caso in esame – si determinano, per il venir meno del potere di compiere l’atto, conseguenze analoghe a quelle ricollegabili al decorso del termine perentorio (Cass. 11992/2010).

Pertanto il ricorso va respinto.

Non si deve provvedere sulle spese.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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