Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 09-03-2011) 01-06-2011, n. 22080 Esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 7.4.2010 il Tribunale di Novara, sezione distaccata di Borgomanero, in veste di giudice dell’esecuzione, respingeva l’incidente di esecuzione con il quale M.D. aveva contestato il passaggio in giudicato delle seguenti sentenze emesse dalla predetta sezione distaccata del Tribunale di Novara:

n. 243/08 del 23.10.2008, passata in giudicato a seguito della notifica in data 19.11.2008 dell’estratto contumaciale della sentenza;

n. 253/08 del 28.10.2008, passata in giudicato a seguito della notifica in data 10.12.2008 dell’estratto contumaciale della sentenza;

n. 278/08 del 18.11.2008, passata in giudicato a seguito della notifica in data 16.1.2009 dell’estratto contumaciale della sentenza.

Il giudice dell’esecuzione osservava che appariva regolare la notifica dei suddetti estratti contumaciali, anche se il M. risultava dagli atti detenuto dal 14.10.2008 al 20.8.2009, in quanto – alla data di notifica del decreto che dispone il giudizio, avvenuta, in relazione ai processi sopra indicati, rispettivamente il 17.4.2007, il 26.11.2007 e il 9.11.2007 – il predetto risultava libero, e quindi lo stato di detenzione sopravvenuto non inficiava la notifica dell’estratto contumaciale della sentenza sia perchè non era conosciuto dall’ufficio, sia perchè il M., a conoscenza del rinvio a giudizio a seguito della notifica del decreto che dispone il giudizio, avrebbe potuto e dovuto rendere edotto l’ufficio del suo stato di detenzione.

Osservava, inoltre, che non vi erano neppure le condizioni per la remissione in termini ai sensi dell’art. 175 c.p.p., comma 2, in quanto il provvedimento di cumulo pene – contenente tutti i dati relativi alle tre condanne in questione – era stato notificato al M. il 6.3.2009, e il predetto aveva presentato l’istanza di cui trattasi il 15.4.2009, oltre i trenta giorni previsti dalla legge per chiedere la remissione in termini.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione personalmente M.D., asserendo che anche quando aveva ricevuto la notifica del decreto che dispone il giudizio nei suddetti processi era detenuto, essendo rimasto in tale stato dall’aprile 2007 al gennaio 2008. Quindi, non solo era detenuto quando gli erano stati notificati gli estratti contumaciali delle sentenze, ma anche quando aveva ricevuto la notifica a mani di una persona convivente, con la quale, in realtà, non vi era un rapporto di vera e propria convivenza, poichè avevano camere separate e in comune solo la residenza e il numero civico.

Il ricorrente dubitava anche del fatto che l’ufficio non fosse a conoscenza del suo stato di detenzione, in quanto tutti gli uffici giudiziari e penitenziari sono ora collegati attraverso la rete.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

Nell’ordinanza impugnata si è stabilito il periodo di detenzione del ricorrente in base a certificati di detenzione.

M.D. sostiene di essere stato detenuto anche in altri periodi, ma la sua asserzione risulta priva di un qualsiasi sostegno probatorio.

Sfornita di prova ed anche illogica è l’altra asserzione che la persona che ha ricevuto gli estratti contumaciali delle sentenza, pur abitando nella sua stessa casa, non potesse definirsi convivente perchè conduceva una vita del tutto separata.

Lo stato di detenzione sopravvenuto per altra causa alla dichiarazione o elezione di domicilio effettuata dall’imputato non impone, se l’autorità giudiziaria non ne è stata portata a conoscenza da parte dell’interessato, di eseguire le successive notificazioni presso il luogo di detenzione piuttosto che presso il domicilio precedentemente dichiarato o eletto (V. Sez. 4 sent. n. 16431 del 14.2.2008, Rv. 239535).

Del tutto sfornito di valore probatorio, infine, è il mero sospetto del ricorrente che l’ufficio giudiziario, nel disporre la notifica degli estratti contumaciali della sentenza, fosse a conoscenza del suo stato di detenzione.

Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa Corte.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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