Cass. pen., sez. I 29-10-2008 (09-10-2008), n. 40320 Reati – Favoreggiamento della permanenza di stranieri nel territorio dello Stato – Attivazione della procedura di regolarizzazione degli stranieri

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

MOTIVI DELLA DECISIONE
La sentenza in epigrafe ha, salva la riduzione delle pene originariamente inflitte, confermato quella di primo grado quanto all’affermazione di colpevolezza di R.R.S. e R. D. per concorso nel reato continuato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 5, per avere, al fine di trarre ingiusto profitto dalla loro condizione di illegalità, favorito la permanenza di numerosi stranieri extracomunitari nel territorio dello Stato, predisponendo contratti di lavoro subordinato riferiti a rapporti fittizi e presentandoli alla Direzione provinciale del lavoro ed alla Questura di Milano ai fini della regolarizzazione dei predetti cittadini stranieri in Italia mediante rilascio del permesso di soggiorno.
L’unico difensore degli imputati ha proposto separati ricorsi per travisamento dei fatti, violazione di legge e vizio di motivazione, deducendo:
– omessa verifica della fondatezza del quadro probatorio e carenza di indagine circa l’effettività del lavoro svolto dagli extracomunitari, nonostante la produzione di documentazione attestante che le cooperative facenti capo ai prevenuti avevano effettivamente ricevuto commesse di lavoro (in particolare si menziona la fornitura di manodopera ad una tipografia di (OMISSIS) da parte della "Spazio 2000" riferita dalla teste D.M., che sarebbe stata, peraltro, escussa dalla sola polizia giudiziaria nel corso delle indagini preliminari, senza contraddittorio con la difesa, e sarebbe teste interessata, avendo anche lei assunto la qualità di amministratore della società"(OMISSIS)", sottoscrivendo 38 contratti rinvenuti presso la Direzione provinciale del lavoro;
– mancata dimostrazione che all’avvio delle pratiche abbiano fatto seguito la richiesta di regolarizzazione da parte degli interessati ed il rilascio dei permessi di soggiorno;
– disparità di trattamento rispetto ai coimputati G. D. e C.R., assolti nonostante l’identità delle loro posizioni rispetto a quelle dei ricorrenti;
– svalutazione della dichiarazione liberatoria effettuata da R. R.S. in favore del figlio, titolare di diversa attività ed asseritamente estraneo ai fatti in quanto utilizzato come mero, ignaro prestanome;
– in subordine, mancata derubricazione dell’accusa in quella di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 22, (comma 12);
– eccessività della pena base e dell’aumento per continuazione.
I ricorsi, sostanzialmente ripetitivi degli atti di appello ed incentrati sulla riproposizione di deduzioni di merito già vagliate nei precedenti gradi di giudizio, vanno dichiarati inammissibili per manifesta infondatezza, tendendo essi essenzialmente ad una rivalutazione delle risultanze processuali non consentita in sede di legittimità.
Quanto ai residui profili di diritto ed ai denunciati vizi di motivazione, è sufficiente osservare quanto segue:
– ad integrare il reato in questione non occorre che la regolarizzazione della posizione degli extracomunitari pervenga ad un esito positivo mediante rilascio del permesso di soggiorno, non essendo tanto richiesto dalla norma incriminatrice, che contempla qualsiasi attività con cui si favorisca la permanenza degli stranieri nel territorio dello Stato e, dunque, anche ogni attività propedeutica all’avvio delle pratiche di regolarizzazione, cui indubitabilmente tendeva la stipulazione dei contratti ritenuti, con non più sindacabile giudizio di fatto, fittizi (così come spesso meri simulacri erano risultate talune delle società cooperative apparenti assuntrici, costituite proprio per il compimento dell’attività delittuosa e poi poste in liquidazione) e la loro presentazione alla Direzione provinciale del lavoro nonchè successivamente, almeno per alcuni, anche alla Questura. La ritenuta correttezza della qualificazione giuridica del reato in conformità alla contestazione esclude, ovviamente, di per sè la derubricabilità dell’accusa in quella di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 22, comma 12, (eventualmente concorrente con quella in esame per l’impiego degli extracomunitari in prestazioni di lavoro "al nero" presso terzi, esulanti dai contratti fittizi stipulati);
– la prova degli illeciti è essenzialmente documentale in quanto costituita dai contratti rinvenuti e dagli esiti delle indagini sulle società assuntrici, spesso formalmente amministrate da prestanomi di R.R., del tutto secondarie apparendo le dichiarazioni della D.M. (peraltro invocate dalla difesa anche a favore dei ricorrenti), l’irregolarità della cui escussione risulta inammissibilmente dedotta per la prima volta con l’atto di ricorso e non è rilevabile dal testo della sentenza.
– l’asserita disparità di trattamento rispetto alla sorte processuale dei coimputati G. e C. (anch’essa, per quanto desumibile dal testo della sentenza, dedotta per la prima volta e, comunque, non verificabile in questa sede) non costituisce vizio della sentenza impugnata nè motivo di ricorso per cassazione, ex art. 606 c.p.p.;
– ampiamente giustificato sia dai giudici del gravame che, più ampiamente, da quelli di primo grado risulta il pieno, consapevole coinvolgimento nella consumazione dei reati di R.D., che inserì nell’affare anche la sua convivente dell’epoca, invitandola, poi, a fornire una determinata versione dei fatti;
– la misura delle pene, peraltro equamente ridotte in appello per entrambi, risulta oggettivamente giustificata, sia quanto alla sanzione base che all’aumento per continuazione, dalla professionalità e sistematicità delle condotte e dal rilevante numero degli episodi illeciti; nè la loro determinazione in termini intermedi tra minimo e massimo esigeva specifica motivazione.
La declaratoria di inammissibilità dei ricorsi esime da ogni valutazione circa il decorso del termine di prescrizione, comunque non maturato all’epoca della pronuncia della sentenza di secondo grado.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del procedimento nonchè della somma di Euro 1.000,00 ciascuno alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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