Cass. pen., sez. VI 29-10-2008 (28-10-2008), n. 40287 Reato commesso in parte all’estero – Giurisdizione del giudice italiano – Accordo per la commissione di reati integralmente realizzati all’estero

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Bologna disponeva la consegna all’autorità giudiziaria del Regno del Belgio di E. T., cittadino turco, in relazione al mandato di arresto europeo (MAE) emesso in data 4 giugno 2008 dal Giudice istruttore del Tribunale di Prima istanza di Mons sulla base di un mandato di cattura in pari data emesso dallo stesso G.i. per i reati di furto aggravato e partecipazione ad associazione per delinquere.
Nel corso della procedura, l’E. veniva sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere con ordinanza in data 8 agosto 2008 della Corte di appello di Bologna, eseguita il 30 agosto successivo. Con la citata sentenza, la Corte di appello sostituiva la misura carceraria con quella degli arresti domiciliari.
Osservava in sentenza la Corte di appello che non sussistevano ostacoli all’accoglimento della richiesta di consegna, precisando, in particolare, che era stata fornita una sufficiente descrizione dei fatti e degli elementi indiziari a carico dell’ E. e che nessuno dei reati addebitati al medesimo poteva dirsi commesso, sia pure in parte, in territorio italiano.
Ricorre per Cassazione l’E., a mezzo del difensore, avv. Enrico Della Capanna, il quale deduce:
1. Violazione della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 18, comma 1, lett. p), che individua quale caso di rifiuto della consegna il fatto che il MAE si riferisca a reati commessi in tutto o in parte nel territorio italiano, posto che nella specie, secondo la prospettazione fatta dall’autorità belga, il consegnando e suo figlio avrebbero fornito ai complici appoggio logistico in (OMISSIS), provvedendo in tale località a truccare i camion fatti transitare in Italia, dal che deriva che l’apporto associativo dell’ E. si sarebbe prevalentemente, se non esclusivamente, realizzato nel nostro territorio.
2. Violazione della citata legge, art. 6, comma 2, in relazione al comma 1, (lett. e), della medesima legge, non rinvenendosi nel MAE la descrizione delle circostanze di commissione dei reati, compresi il momento, il luogo e il grado di partecipazione del consegnando, lacuna che avrebbe dovuto imporre alla Corte di appello, a norma della citata legge, art. 16, di richiedere all’a.g. estera informazioni e accertamenti integrativi.
Infatti, nel MAE, non è esplicitato quali e quanti siano gli autoveicoli provento di furto, nè il luogo, il tempo e le modalità della loro sottrazione; e non è chiarito a quale titolo l’E. avrebbe partecipato a tali azioni delittuose.
Ancora più carente è poi la indicazione degli elementi connotativi del reato associativo, non essendo stato specificato dove e quando l’associazione si sarebbe costituita e dove sarebbero collocabili le strutture organizzative e direttive del sodalizio, sicchè appare arbitraria l’affermazione della Corte di appello secondo cui tale organizzazione avrebbe avuto costituzione, struttura e ambito operativo all’estero.
Di ciò si era del resto avveduto la stessa Corte di appello, che, con nota del suo Presidente in data 10 luglio 2008, aveva richiesto all’a.g. estera l’esplicitazione "delle fonti di prova che possono dare contenuto ai sospetti su E.A.C. nonchè di chiarire i rapporti tra E.A.C., E.T. e E.A.";
richiesta però non esaudita, essendosi l’a.g. belga limitata a rispondere che le fonti di prova erano state già indicate nel MAE e che E.A. non sarebbe esistito.
3. Violazione della L. n. 69 del 2005, art. 6, comma 4, lett. a), non essendo stata allegata al MAE una relazione sui fatti addebitati, inutilmente richiesta dal Presidente della Corte di appello con la nota del 10 luglio 2008. 4. Violazione della L. n. 69 del 2005, art. 19, comma 1, lett. c), non avendo la Corte di appello disposto che la consegna dell’ E., in quanto persona residente in Italia, fosse subordinata alla condizione che il medesimo, una volta esauritosi il processo a suo carico, fosse rinviato in Italia per scontarvi la pena o la misura di sicurezza eventualmente inflitte.
DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso, che ha natura pregiudiziale rispetto agli altri, appare fondato.
2. Appare indiscutibilmente dalle informazioni date dall’a.g. belga che la condotta dell’ E. sarebbe stata realizzata quanto meno parzialmente in Italia, e precisamente a (OMISSIS) (o a (OMISSIS)), dove egli, unitamente al figlio, servendosi anche di telefoni cellulari, avrebbe tenuto i contatti con l’organizzatore del traffico di autoveicoli rubati, A.A., e con gli altri correi, e avrebbe materialmente operato la modifica dei dati identificativi dei veicoli, come riferito dai coindagati M.F. e R. I., tanto che a seguito di perquisizione domiciliare nel domicilio suo e del figlio, effettuata in esecuzione di commissione rogatoria internazionale, vennero rinvenuti i documenti riferentisi a un carico di polistirolo di un rimorchio rubato alla società Van Reck; fatti sulla base dei quali è stata ravvisata sia l’imputazione di partecipazione ad associazione per delinquere sia quella di furto aggravato, quest’ultima in realtà da qualificare giuridicamente in base al nostro ordinamento, stando a quanto risulta dagli atti trasmessi dall’a.g. belga, come ricettazione continuata.
3. Ora, in base al principio di territorialità, come specificato dall’art. 6 c.p., comma 2, il reato si considera commesso nel territorio dello Stato (tra l’altro) quando la relativa condotta è ivi avvenuta in tutto o in parte .
Giova al riguardo ricordare che, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, sono integrate le condizioni previste dall’art. 6 c.p. anche quando un frammento della condotta criminosa si sia verificato nel territorio italiano (v. tra le altre Sez. 1, 12 maggio 2004, Selvaggi), pur se, isolatamente considerata, tale porzione di condotta sia di per sè inidonea a integrare gli elementi costitutivi di un reato tentato o consumato (Sez. 6, 6 maggio 2003, Viti), che invece sono apprezzabili collegando la parte della condotta realizzata in Italia a quella realizzata in territorio estero (Sez. 6, 24 novembre 1995, Sara).
Con riferimento al reato associativo, una volta verificato che gli indizi a carico dell’ E. consistono nei contatti da lui avuti con gli altri membri dell’associazione mentre egli, al pari del figlio, si trovava in Italia, deve concludersi che la condotta che sarebbe stata da lui posta in essere si è realizzata nel territorio italiano, e va dunque affermata la giurisdizione italiana (v. Cass., sez. 6, 16 dicembre 1999, Pipicella), essendo irrilevante, a tal fine, il luogo dove il sodalizio aveva le sue strutture direttive od organizzative o quello nel quale operavano gli altri associati (v. anche, proprio nell’ambito di una procedura relativa a un MAE, in simile fattispecie, Cass., sez. 6, 22 aprile 2008, Naviglia).
Parimenti è da dirsi per l’ulteriore addebito, dato che l’alterazione dei dati identificativi dei veicoli, e quindi la loro ricezione da parte dell’ E., sarebbe avvenuta in (OMISSIS), come sopra precisato.
Trova dunque applicazione nella specie il disposto della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. p), in base al quale, in simili ipotesi, la consegna deve essere rifiutata.
4. La sentenza impugnata va pertanto annullata senza rinvio; e conseguentemente deve essere disposta la revoca della misura cautelare in corso di esecuzione, con liberazione immediata dell’ E. se non detenuto per altra causa.
5. Poichè, in relazione alla condotta posta in essere dall’ E., secondo la documentazione offerta dall’autorità belga, sono profilabili estremi di reato (in particolare, allo stato, ex artt. 416 e 648 c.p.), deve essere altresì disposto che copia della sentenza e degli atti sia trasmessa, per le iniziative che intenderà assumere, al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Modena, essendo allo stato degli atti localizzabile in tale luogo la realizzazione della condotta.
6. La Cancelleria provvedere agli adempimenti di cui all’art. 626 c.p.p. e L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè la consegna non può essere disposta, ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. p).
Dispone che copia della sentenza e degli atti venga trasmessa al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Modena per quanto di sua competenza.
Revoca la misura cautelare in corso di esecuzione e ordina l’immediata liberazione di E.T. se non detenuto per altra causa.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 626 c.p.p. e L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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