Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-03-2011) 01-06-2011, n. 22076 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

De Santis Fausto, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 7.6.2010, il Tribunale del Riesame di Napoli confermava il decreto di sequestro preventivo del GIP del Tribunale di Napoli del 12.5.2010, a seguito della richiesta di riesame proposta nell’interesse di L.R.S., L.R.F., L.R.T., L.R.A. ed O.I..

In premessa il Tribunale esponeva che L.R.S. era destinatario di misura cautelare emessa il 14.4.2010 in ordine al delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 e che O. I. è la moglie del predetto L.R., mentre le suddette F., T. e A. sono le figlie.

Il sequestro preventivo era stato disposto per assicurare, in caso di condanna per il suddetto delitto, la confisca dei beni sequestrati che obbligatoriamente deve essere disposta, alle condizioni previste dalla L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies.

Riassumeva, poi, il quadro indiziario a carico di L.R., dal quale risultava che lo stesso aveva il ruolo di capo dell’associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti che gli era stata contestata.

Ritenuto che i beni in sequestro fossero tutti nella disponibilità del L.R., anche se formalmente intestati alla moglie o alle figlie, il Tribunale del Riesame ha verificato se ricorressero i presupposti di cui all’art. 12 sexies, e in particolare se fossero state date valide giustificazioni della provenienza dei beni in sequestro e se vi fosse una sproporzione tra il valore degli stessi beni e le capacità reddituali delle persone alle quali i medesimi erano stati sequestrati.

Nessuna giustificazione era stata fornita da L.R.S. in ordine alle disponibilità che aveva sul conto corrente n. (OMISSIS) a lui intestato. Non era credibile che il denaro provenisse – come sostenuto genericamente dalla difesa – da vincite al gioco.

O.I. aveva giustificato i beni a lei intestati con due considerevoli vincite di gioco.

Il Tribunale, esaminati i movimenti dei conti correnti sui quali erano state depositate le somme provenienti dalle vincite, ha ritenuto che, all’atto dell’acquisto dei beni in sequestro, la O. non aveva capacità reddituale proporzionata al valore dei beni in sequestro.

L.R.F. e L.R.T. avevano subito il sequestro di numerosi beni (appartamenti, autovetture, conti correnti bancari, azioni).

Secondo la difesa gli appartamenti erano stati acquistati con denaro fornito dalla loro madre, a seguito delle documentate vincite di gioco nel 2006 per Euro 280.000,00 ed Euro 116.325,00.

Il Tribunale riteneva che dietro gli accrediti delle suddette somme provenienti da vincite di gioco vi fossero illecite operazioni, attraverso le quali "denaro sporco" era stato "ripulito" facendolo figurare come proveniente da vincite al gioco.

Per quanto riguarda l’acquisto delle autovetture e degli altri beni sequestrati alle predette L.R., riteneva che la documentazione prodotta dalla difesa non fosse idonea a provare la legittima provenienza del denaro utilizzato per l’acquisto dei beni in questione.

L.R.A., alla quale era stata sequestrata un’autovettura, non risultava percettrice di alcun reddito e non aveva fornito, a giudizio del Tribunale del Riesame, alcuna prova idonea a superare la presunzione di cui all’art. 12 sexies.

Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la difesa di L.R.S., O.I., L.R. F., L.R.T. e L.R.A., deducendo come motivo unico la violazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3, in quanto il provvedimento impugnato aveva solo una motivazione apparente.

La motivazione dell’ordinanza doveva essere ritenuta solo apparente, e quindi inesistente, poichè si era avvalsa di argomentazioni di puro genere e di asserzioni apodittiche, senza considerare le risultanze processuali.

A fronte della documentazione presentata, idonea a vincere la presunzione di illecita accumulazione di cui alla L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies, erano state contrapposte solo apodittiche asserzioni.

La documentazione presentata dalla difesa era stata confutata con massime di esperienza, circa i metodi con i quali le organizzazioni camorristiche farebbero figurare come vincite di gioco i proventi delle attività criminose, senza considerare che sarebbe spettato all’accusa, secondo l’ordinaria ripartizione dell’onere probatorio, dimostrare la falsità della documentazione presentata dalla difesa.
Motivi della decisione

Bisogna premettere che avverso l’ordinanza emessa a norma dell’art. 324 c.p.p. dal Tribunale del riesame, per il disposto dell’art. 325 c.p.p. le parti e le persone interessate (quelle alle quali le cose sono state sequestrate e quelle che avrebbero diritto alla loro restituzione) possono proporre ricorso per cassazione soltanto per violazione di legge, e quindi non è deducibile il vizio di motivazione, a meno che questa non sia del tutto carente o presenti difetti tali da renderla meramente apparente e in realtà inesistente, traducendosi perciò in violazione di legge per mancata osservanza dell’art. 125 c.p.p., comma 3.

Nel ricorso si sostiene che la motivazione dell’ordinanza impugnata sarebbe solo apparente, in quanto basata su asserzioni apodittiche, senza prendere in considerazione le risultanze processuali.

La lettura dell’ordinanza impugnata non riscontra affatto l’assunto della difesa dei ricorrenti. Risulta, infatti, dalla motivazione di detta ordinanza che è stata presa in esame la posizione di ciascun ricorrente, indicando quali fossero i beni sequestrati e le giustificazioni fornite dalla difesa in merito alla provenienza, giustificazioni che, con specifica motivazione, sono state ritenute tutte inattendibili.

Il Tribunale è pervenuto a un giudizio di inattendibilità delle giustificazioni fornite, in particolare con riguardo ai proventi delle vincite di gioco, dopo un esame dei movimenti dei conti correnti, delle dichiarazioni dei redditi dei ricorrenti, della documentazione attestante le vincite al gioco e delle allegazioni difensive, ritenendo che – alla luce del complesso delle suddette risultanze – le asserite vincite di gioco fossero solo una copertura che era stata data alla provenienza illecita di notevoli somme di denaro, non apparendo la documentazione fornita completa e soprattutto idonea ad attestare che le vincite fossero state effettivamente realizzate da L.R.S. e dai suoi familiari.

Le argomentazioni del Tribunale del riesame non appaiono, come denunciato dal ricorrente, mere asserzioni apodittiche, slegate dalle risultanze processuali.

L’unico motivo dedotto dal ricorrente è la mancanza di motivazione dell’ordinanza, motivo che, per quanto osservato, è manifestamente infondato.

Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa Corte.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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