Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-03-2011) 01-06-2011, n. 22074 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto in data 12.2.2010, la Corte di appello di Catanzaro rigettava l’appello proposto da S.L. avverso il decreto emesso dal Tribunale di Vibo Valentia in data 27.6.2008, con il quale era stato disposto il prolungamento per un anno della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S., con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, già disposta in data 12.2.2003, con effettiva sottoposizione dal gennaio 2005.

La Corte preliminarmente respingeva l’eccezione di nullità del decreto impugnato, per violazione dell’art. 178 c.p.p., lett. c) ritenendo che legittimamente il Tribunale avesse rigettato l’istanza di rinvio dell’udienza presentata dal difensore sia perchè l’impedimento non era sufficientemente documentato dal certificato medico allegato all’istanza di rinvio sia perchè nel procedimento di applicazione delle misure di prevenzione non si applica l’art. 420 ter c.p.p., comma 5 che disciplina il rinvio dell’udienza preliminare per impedimento del difensore.

A giudizio della Corte, ricorrevano gravi ragioni di ordine e sicurezza pubblica che giustificavano l’aggravamento della suddetta misura di prevenzione nei confronti del S., essendo intervenuti, dopo la sottoposizione alla misura, a carico dello stesso provvedimenti restrittivi in relazione ad imputazioni per gravi reati, anche di tipo associativo, in ambito mafioso e in quello degli stupefacenti.

Dal complesso degli elementi raccolti emergeva una spiccata e persistente pericolosità sociale del S., in quanto lo stesso aveva posto in essere condotte criminose anche dopo essere stato sottoposto alla misura di prevenzione.

Il suddetto quadro non veniva scalfito dalla intervenuta assoluzione per un reato commesso nel (OMISSIS), anche considerando che in relazione a tale reato il S. si era volontariamente sottratto alla misura cautelare rendendosi irreperibile.

Non era provato l’asserito svolgimento di una attività lavorativa e non poteva essere considerata scemata la pericolosità sociale per il solo fatto, peraltro non dimostrato, che nel periodo di carcerazione subito dal 19.7.2006 al 25.1.2007 avrebbe fruito di benefici previsti dall’ordinamento penitenziario.

Avverso il suddetto decreto ha proposto personalmente ricorso per cassazione S.L., chiedendone l’annullamento per violazione delle norme che regolano la sorveglianza speciale e per carenze della motivazione.

Non era dimostrata l’attuale pericolosità del S., poichè non era stato accertato che fosse dedito ad attività delittuose.

Non potevano essere prese in considerazione, per affermarne l’attuale pericolosità sociale, denunce rimaste prive di seguito e le pendenze giudiziarie per fatti riferibili ad epoca di parecchio antecedente alla sottoposizione alla misura di prevenzione. La Corte non aveva tenuto conto dei positivi effetti rieducativi che aveva avuto sul S. il periodo di detenzione, durante il quale, per la sua buona condotta, gli erano stati concessi numerosi permessi.

Il ricorrente ha chiesto l’annullamento del decreto impugnato anche perchè l’udienza davanti al Tribunale si era svolta senza la presenza del difensore di fiducia, nonostante lo stesso avesse fatto pervenire al Tribunale certificato medico che attestava la sua impossibilità a comparire.
Motivi della decisione

Deve, preliminarmente, essere esaminato il motivo con il quale il ricorrente ha eccepito la nullità dell’udienza camerale, poichè la stessa si era svolta senza l’assistenza del difensore di fiducia, nonostante lo stesso avesse fatto pervenire certificazione medica dalla quale risultava il suo impedimento.

Questa Corte, con giurisprudenza costante (V. ex multis Sez. 1, del 6.7.2000, Rv. 216916) ha stabilito che nel procedimento di prevenzione, che si svolge secondo il rito camerale di cui all’art. 127 c.p.p., nel quale la presenza del difensore è facoltativa, non assume rilevanza, ai fini di eventuale rinvio, il suo impedimento;

nè quest’ultimo può essere fatto valere a norma dell’art. 420 ter c.p.p., introdotto dalla L. n. 479 del 1999, art. 19 in tema di legittimo impedimento a comparire, che opera nell’ambito dell’udienza preliminare ed è richiamato per il dibattimento dall’art. 484 c.p.p., comma 2 bis, ma nulla statuisce per il procedimento camerale regolato dal citato art. 127, in conformità del carattere discrezionale delle scelte legislative concernenti i diversi livelli di garanzie difensive da assicurare nelle varie procedure.

Pertanto, l’eccezione di nullità dell’udienza camerale non può essere accolta.

Passando all’esame del merito, bisogna premettere che nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge in forza della L. n. 1423 del 1956, art. 4, comma 11, e quindi non è deducibile il vizio di motivazione, a meno che questa non sia del tutto carente, o presenti difetti tali da renderla meramente apparente e in realtà inesistente, traducendosi perciò in violazione di legge per mancata osservanza, da parte del giudice di merito, dell’obbligo, sancito dal comma nono del citato art. 4, di provvedere con decreto motivato (V. Sez. 1, sent. n. 5525 del 2.10.1997, Rv. 209129).

La motivazione del provvedimento impugnato da conto, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, delle gravi ragioni di ordine e sicurezza pubblica che hanno giustificato l’aggravamento della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S., con obbligo di soggiorno nel comune di residenza.

In particolare, la Corte di appello ha motivato in modo analitico sulle ragioni dalle quali si doveva desumere che, nonostante la sottoposizione alla suddetta misura di prevenzione, il S. continuava a mostrare una preoccupante pericolosità sociale, avendo ripetutamente violato gli obblighi che gli erano stati imposti con la misura e posto in essere condotte delittuose (installazione di apparecchiature atte ad intercettare od impedire comunicazioni telefoniche e minacce a pubblico ufficiale).

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato poichè non sussiste alcuna violazione di legge, e al rigetto consegue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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