Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-03-2011) 01-06-2011, n. 22073

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 9.4.2010, la Corte di assise di appello di Reggio Calabria rigettava l’istanza con la quale P.D., condannato dalla suddetta Corte con sentenza del 10.6.2006 alla pena di anni 2 e mesi 8 di reclusione per il reato di cui all’art. 416-bis c.p., commesso fino al (OMISSIS), aveva chiesto che fosse computato, ai fini della esecuzione della suddetta pena, un periodo di carcerazione sine titulo sofferto dal 22.10.1990 al 9.12.1992 con l’accusa del delitto di omicidio.

La Corte, in applicazione del disposto dell’art. 657 c.p., comma 4 – secondo il quale possono essere computati soltanto periodi di custodia cautelare sofferti dopo la commissione del reato per il quale deve essere determinata la pena da eseguire -, rigettava l’istanza, rilevando che il periodo di carcerazione chiesto in detrazione non era successivo alla commissione del reato di cui alla sentenza 10.6.2006.

Ha proposto ricorso per cassazione, avverso la suddetta ordinanza, il difensore di P.D. che ne ha chiesto l’annullamento per violazione di legge e carenza di motivazione.

Secondo il ricorrente, dalla motivazione della sentenza del 10.6.2006 – che aveva condannato il P. per il delitto di cui all’art. 416- bis c.p., commesso in contestazione fino all'(OMISSIS) – si poteva dedurre che la partecipazione all’associazione era di fatto cessata il (OMISSIS), data della scarcerazione del P. per il delitto di omicidio, in quanto non venivano individuati dopo detta scarcerazione fatti riferibili al predetto indicativi di una sua adesione all’associazione.

Il suddetto periodo di detenzione, quindi, si era verificato in contemporanea con la condotta associativa.

Il ricorrente ha infine sostenuto che non aveva alcuna possibilità di dare prova della cessazione della partecipazione alla associazione prima della data indicata nella contestazione del suddetto reato, in quanto non sono suscettibili di essere provati fatti mai esistiti.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

La regola dettata dall’art. 657 c.p.p., comma 4 è molto chiara: il condannato può chiedere che sia detratta dalla pena da scontare, oltre la carcerazione preventiva sofferta per il reato per il quale è stato condannato, anche la carcerazione sofferta per un diverso reato dal quale è stato assolto, a condizione però che il periodo di carcerazione sofferto per il diverso reato sia successivo alla commissione del delitto per il quale deve essere determinata la pena da eseguire.

P.D. è stato condannato, con la menzionata sentenza della Corte di assise di appello di Reggio Calabria, per il delitto di cui all’art. 416-bis c.p., commesso fino al (OMISSIS).

Il periodo di carcerazione sofferto sine titulo dal P. non è successivo alla commissione del suddetto delitto, e quindi non può essere detratto dalla pena da eseguire per lo stesso delitto.

Il ricorrente sostiene, con deduzioni di fatto inammissibili in questa sede, che la condotta associativa sarebbe cessata prima della data indicata nella sentenza della Corte di assise di appello di Reggio Calabria del 10.6.2006, ma quanto accertato in detta sentenza, passata in cosa giudicata, non può formare oggetto di contestazione davanti a questa Corte.

Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa Corte.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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