Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 17-02-2011) 01-06-2011, n. 21851 Costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

corrente nella persona dell’Avv. Andrea DI LIETO.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza del 13 aprile 2010 il Tribunale di Napoli – Sezione per il Riesame – pronunciandosi sull’appello proposto da I.D. ed I.V. (indagati per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44) avverso l’ordinanza del GIP presso il Tribunale di Napoli dell’1 febbraio 2010 con la quale era stata rigettata la richiesta di dissequestro del complesso alberghiero denominato "Tiberio Palace Hotel" e la coeva, subordinata istanza di restituzione dell’edificio principale, confermava la detta ordinanza.

In particolare il Tribunale, dopo aver ripercorso le varie sequenze temporali della complessa vicenda processuale (che aveva visto l’iniziale sequestro del complesso alberghiero, poi dissequestrato con ordinanza del GIP del 26 ottobre 2005 e successivamente riassoggettato – in relazione ad altre violazioni urbanistiche connesse all’esecuzione di nuove opere – ad un nuovo sequestro preventivo, confermato da altra sezione del Tribunale del Riesame in data 24 aprile 2009) condivideva le conclusioni esposte dal GIP nel senso della assenza di elementi di novità sopravvenuti tali da rendere illegittimo il mantenimento del sequestro.

Rilevava, in sintesi, il Tribunale che fossero da disattendere, in quanto apodittiche ed illogiche, oltre che contrarie alla normativa urbanistico-edilizia, le conclusioni esposte nella consulenza tecnica disposta dal P.M., condividendo, quindi, il provvedimento del GIP che aveva puntualmente evidenziato l’anomalia determinata da interventi edilizi non assentiti eseguiti su un’opera abusiva.

Ricorrono avverso il detto provvedimento I.D. ed I. V., a mezzo dei propri difensori, deducendo erronea applicazione della normativa urbanistica e di quella in tema di condono edilizio, nonchè omessa valutazione di circostanze di fatto decisive. Anche la tesi difensiva ripercorre le fasi salienti della complessa vicenda procedimentale per poi pervenire alla conclusione della apoditticità della decisione del Tribunale che aveva scartato a priori la diversa opzione interpretativa delle disposizioni in materia urbanistica proposta dalla difesa, sposando quella seguita dal GIP. Detta tesi ritiene, in particolare, già perfezionato a far data dal 2005 ed operante il condono edilizio ex L. n. 724 del 1994, art. 39 indipendentemente dal versamento – peraltro eseguito in forma integrale – degli oneri concessori, in quanto si era già formato in silenzio assenso per decorso del termine biennale rispetto alla data di presentazione della domanda di concessione in sanatoria.

Evidenzia, ancora, la difesa che il Tribunale avrebbe omesso di considerare che i vari manufatti oggetto di separate D.I.A. erano già preesistenti e, comunque, rimasti del tutto invariati quanto a sagoma, volumetria e superficie; che nell’area interessata non esistevano vincoli paesaggistici di alcun genere e che, in relazione alla tipologia dell’intervento edilizio (costruzione destinata ad albergo), era legittimo il ricorso alla D.I.A. senza dunque alcuna necessità di rilascio di apposito permesso di costruire.

Sottolinea poi che, trattandosi di area totalmente urbanizzata, non fosse necessario – come invece ritenuto dal Tribunale – l’approvazione di un piano esecutivo (piano particolareggiato) e che in ogni caso, per effetto del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3 non occorreva affatto la preventiva concessione edilizia laddove gli interventi edilizi – come nel caso di specie – erano circoscritti ad interventi di ristrutturazione. Il ricorso è infondato.

E’ certamente da disattendere il rilievo principale mosso dalla difesa dei ricorrenti per violazione di legge.

Contrariamente all’assunto difensivo, infatti, il Tribunale ha, anzitutto, ripercorso in linea di fatto (e, occorre dirlo, in modo del tutto coincidente con la ricostruzione dei vari avvenimenti operata dalla difesa) le vicende storiche e le varie sequenze che, nel tempo, avevano caratterizzato l’intero procedimento.

La tesi del Tribunale fa leva – in modo del tutto rispondente a logica e soprattutto alle norme urbanistiche – sulla irragionevolezza delle conclusioni esposte nella consulenza tecnico-urbanistica disposta dal P.M., in quanto del tutto discostate dalla normativa di riferimento; correttamente, quindi, il Tribunale ha tratto il convincimento di interventi edilizi non assentiti nè assentibili, in quanto eseguiti su un immobile già di per sè abusivo (sia pure in parte). Peraltro le opere in questione, tutte realizzate in difformità totale e, dunque, ostative al rilascio del cd. "permesso in sanatoria", seguite poi da ulteriori interventi abusivi ex sè (vale a dire nuovi e diversi rispetto a quelli oggetto di domanda di rilascio della sanatoria) erano state già ritenute illegittime in sede di riesame del (nuovo) provvedimento di sequestro disposto dal GIP: provvedimento sostanzialmente definitivo in quanto non più impugnato, tanto è vero che risulta che gli indagati si sono determinati a presentare una istanza di dissequestro (quella poi esitata con l’ordinanza reiettiva del GIP, sfociata nel provvedimento oggi impugnato) basandosi su un quid novi costituito dalla consulenza tecnica disposta dal P.M..

Sia il GIP che il Tribunale del Riesame hanno sostanzialmente disatteso tali conclusioni che, a dire della difesa, avrebbero dovuto costituire quello spunto di novità tale da indurre ad una rivisitazione del mantenimento del sequestro, operando una corretta ed adeguata esegesi – nient’affatto apodittica come affermato dai ricorrenti – delle norme in materia urbanistica e valutando come incompatibili con la normativa urbanistica le conclusioni tecniche, peraltro non condivise nemmeno dal P.M. il cui parere negativo è stato richiamato nella decisione impugnata. Tanto precisato, va anche aggiunto che il nucleo essenziale del ricorso in esame sostanzialmente poggia su una interpretazione delle norme urbanistico- edilizie divergente da quella seguita dal Tribunale che, tuttavia, ha sul punto seguito un ragionamento immune da vizi logici.

In questo senso deve allora concludersi che la decisione del Tribunale, oltre a porsi come esaustiva e coerente con i dati fattuali e con quelli normativi, appare rispettosa del principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte in virtù del quale, nel caso di adozione di misure cautelari reali, il controllo del giudice del riesame non può investire la concreta fondatezza dell’accusa, ma deve esser limitato alla verifica della corrispondenza della fattispecie astratta di reato ipotizzata dall’accusa al fatto per cui si procede, esulando da tale controllo la possibilità del concreto accertamento delle circostanze di fatto su cui la stessa è fondata, ed a maggior ragione delle circostanze di fatto che alle prime, eventualmente, si sovrappongano, rendendo giustificata la condotta dell’indagato; circostanze che sono attribuite alla cognizione del giudice del merito (Cass. Sez. 3A 12.5.1999 n. 1821, Petix, Rv. 214218).

E’ certo che, con riferimento al caso di specie, le argomentazioni difensive esplicitate dai ricorrenti in sede di riesame (e sostanzialmente riproposte in questa sede), seppure degne di attenzione nella fase propria del giudizio di merito, sono (ed erano in sede di appello) inidonee a superare le contrarie argomentazioni del Tribunale, in quanto da esse non emergeva affatto l’insussistenza ictu oculi del fumus criminis, ma soltanto una serie di elementi di perplessità, superati dal Tribunale con argomentazioni altrettanto condivisibili sul piano logico oltre che astratto: ciò, senza dire che l’indagine del Tribunale ha, comunque, specificamente preso in esame le obiezioni difensive e la documentazione di corredo, correttamente disattendendole alla stregua di elementi documentali di indubbio ed oggettivo significato, contrario alla tesi difensiva.

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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