Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 16-02-2011) 01-06-2011, n. 22140 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

e generiche e rigetto nel resto.
Svolgimento del processo

Con sentenza in data 14.11.2007 il GUP del Tribunale di Monza, assolveva F.D.M. dal delitto di cui all’art. 110 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis (detenzione ai fini di spaccio in concorso con altra persona di poco più di tre grammi di cocaina, suddivisa in sette dosi, commesso il (OMISSIS)) per non aver commesso il fatto.

Il GUP evidenziava che l’imputato aveva solo preso in consegna l’autovettura da tale C. sulla quale poi i Carabinieri avevano rinvenuto lo stupefacente, alcune dosi del quale erano celate tra i sedili anteriori ed altre dietro l’aletta parasole antistante il sedile anteriore del passeggero e che null’altro era emerso.

Con sentenza in data 22.4.2010 la Corte di Appello di Milano, in riforma di quella predetta, affermava la penale responsabilità del F. in ordine al delitto sopra indicato, condannandolo, con l’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, e con la diminuente del rito abbreviato, alla pena di anni uno e mesi due di reclusione ed Euro 3.000 di multa, con i benefici della sospensione condizionale e della non menzione.

La Corte rilevava che la versione dei fatti resa dal F., il quale aveva sostenuto che la vettura gli era stata prestata dal C. solo in quel momento, non reggeva, dato che, atteso il controllo effettuato dai Carabinieri a suo tempo, il F. era in possesso dell’auto fin dal (OMISSIS) e quindi due mesi prima del fatto. Argomentava la Corte che era evidente che il F., allarmato dalla presenza dei Carabinieri che stavano controllando i clienti della discoteca, avesse abbandonato quel luogo lasciando la vettura per poi ritornare a notte fonda (le tre di mattina) per recuperarla, ignaro del fatto che i militari fossero ivi appostati.

Osservava, inoltre, la Corte che non vi era nessuna prova della circostanza legittima che avrebbe spinto il F. a recuperare l’auto, dato che era rimasta sconosciuta l’identità della giovane con la quale avrebbe dovuto andare all’indomani in gita. Nè il C. avrebbe mai prestato un’auto contenente svariate dosi di stupefacente ad esso F., se questi fosse stato estraneo all’attività di spaccio.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il difensore di fiducia del F., deducendo la manifesta illogicità della motivazione, assumendo che la Corte territoriale era dovuta ricorrere ad affermazioni frutto di congetture scollegate dal quadro probatorio.

Rileva che non vi era alcuna prova a sostegno del possesso esclusivo e continuativo dell’autovettura dal (OMISSIS) alla sera del fatto e che il F. non aveva mai dichiarato che il C. fosse suo amico occasionale come affermato dalla Corte, poichè aveva riferito di conoscerlo dall’infanzia ma di non averlo frequentato abitualmente.

Deduce, altresì, la mancanza di motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va rigettato.

Va rammentato che, anche alla luce del nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, non è tuttora consentito alla Corte di cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.

Orbene, la Corte milanese ha fornito corretta ed esaustiva motivazione dell’accoglimento dei motivi d’appello del P.G. e dell’erroneità della tesi sostenuta dal giudice di primo grado; nè si ravvisa alcuna rilevante incongruenza nel discorso argomentativo che si basa su circostanze fattuali talmente evidenti (punti – facilmente individuabili e raggiungibili- dell’auto in cui era occultato lo stupefacente, ritorno a notte fonda per recuperare l’auto, mancata identificazione della giovane con la quale aveva affermato di dover fare una gita all’indomani, segno del palese mendacio difensivo) da non consentire neanche di ipotizzare l’illogicità prospettata dal ricorrente.

Peraltro, la locuzione "non può dirsi che il C. fosse suo amico occasionale" è stata adoperata nella sentenza impugnata solo per escludere la transitorietà della frequentazione (e non della pregressa conoscenza, ammessa dal F.) del C. a differenza di quanto sostenuto dal F..

Quanto alla seconda censura, si deve rilevare che la valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione delle circostanze, nonchè per quanto riguarda in generale la dosimetria della pena rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio se effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all’art. 133 c.p. è censurabile in cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico. Ciò che qui deve senz’altro escludersi avendo il giudice sufficientemente motivato sulla scorta dell’assenza di elementi particolari per riconoscere le attenuanti generiche.

Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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