Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 16-02-2011) 01-06-2011, n. 22132 Lesioni colpose

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria avverso la sentenza del Giudice di Pace di Reggio Calabria in data 26.4.2010 con la quale C.P. veniva assolta per non aver commesso il fatto dal reato di lesioni colpose in danno di F.S. (commesso l'(OMISSIS)). Secondo la contestazione, la C., quale titolare della ditta Idrotec, aveva installato presso l’abitazione di F.S. un impianto di depurazione difettoso che presentava il pericolo di contatto diretto con la corrente elettrica, sicchè il F., urtando involontariamente contro detto impianto, riportava lesioni da folgorazione all’arto superiore sinistro.

Deduce la mera apparenza della motivazione essendo stata riportata solo la deposizione del teste C.G. e non rinvenibile alcun riferimento concettuale concreto al percorso motivazionale seguito dal giudicante per giungere alla decisione finale; segnala, altresì, come anche il rapporto di parentela tra il teste C. e l’imputata, tale da escludere l’indifferenza del teste, avrebbe imposto un’adeguata motivazione.

Sono allegati al ricorso, tra l’altro, il verbale d’udienza, la richiesta di appello ex art. 572 c.p.p. della persona offesa e l’esposto-denuncia presentata dal F. nei confronti di C. G..

Il ricorso è infondato.

Giova premettere che il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli "atti del processo", non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Il novum normativo, invece, rappresenta il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto "travisamento della prova", finora ammesso in via di interpretazione giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal procedere ad una inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde verificare se il relativo contenuto sia stato o no "veicolato", senza travisamenti, all’interno della decisione (Cass. pen. Sez. 4, 19.6.2006, n. 38424). Inoltre, non ogni possibile incongruenza logica nell’apparato motivazionale della sentenza di merito è deducibile come vizio di motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), e, conseguentemente, censurabile in sede di legittimità: deve trattarsi di incongruenze logiche macroscopiche, assolutamente evidenti dalla lettura del provvedimento gravato, che rendano la conclusione raggiunta, per come giustificata, intrinsecamente contraddittoria e/o gravemente insufficiente, se non addirittura irrazionale.

Ora, benchè l’apparato motivazionale si sostanzi nella trascrizione di taluni brani delle dichiarazioni del teste C. e della relazione peritale, risulta a sufficienza spiegata la ritenuta estraneità ai fatti della condotta della ditta gestita dall’imputata. Infatti, il verdetto assolutorio appare adeguatamente supportato dalla deposizione del teste C.G., tecnico di parte della ditta dell’imputata in un procedimento intentato dal F. contro la ditta Idrotec, il quale ha dichiarato, fra l’altro, che l’impianto del F. venne montato da un fontaniere dello stesso e "all’atto della fornitura i carter erano stati consegnati" mentre i dipendenti della ditta Idrotec avevano provveduto solo al controllo del montaggio.

Tale circostanza assume un ruolo fondamentale per escludere la responsabilità dell’imputata, tenuto conto che il teste ha anche riferito che al momento del sopralluogo del "CTU", ing. S., l’apparecchio era privo di carter e che l’ing. S. aveva dedotto che l’impianto era pericoloso proprio per la mancanza di tali protezioni. Siffatte osservazioni hanno trovato conferma e riscontro nella relazione peritale dell’ing. S. laddove, come riportato in sentenza, è stata segnalata la mancanza del collegamento dell’impianto elettrico (a servizio delle varie sezioni dell’impianto di trattamento ed il pannello metallico murale su cui lo stesso impianto era stato assemblato) con l’impianto di terra e che "alcune componenti presentano il pericolo di contatto diretto", oltre all’assenza della dichiarazione di conformità rilasciata da ditta abilitata.

Il dedotto rapporto di parentela tra teste e imputata, evidenziato solo dall’identità del cognome, a parte la mancanza di dimostrazione nel corso del giudizio, non può implicare ex se l’inattendibilità del teste, tanto più che, come sopra rilevato, le dichiarazioni di quest’ultimo sono rimaste riscontrate dalla relazione peritale.

Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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