Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 16-02-2011) 01-06-2011, n. 22131

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

rsona del Dott. Monetti Vito, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di L.E. avverso la sentenza emessa in data 17.12.2009 dalla Corte di Appello di Brescia con cui, in parziale riforma di quella del Tribunale di Brescia in composizione monocratica del 27.2.2008 che, all’esito del giudizio abbreviato, aveva dichiarato il L. colpevole del delitto di rapina impropria in danno del supermercato "(OMISSIS)" con impossessamento di tre vasetti di sottaceti (commesso l'(OMISSIS)) condannandolo, con attenuanti generiche e quella di cui all’art. 62 c.p., n. 4 ed esclusa la recidiva, alla pena di mesi 10 giorni 20 di reclusione ed Euro 160 di multa, il fatto veniva riqualificato come furto aggravato ex art. 624 c.p. e art. 625 c.p., n. 2 e, con le concesse attenuanti prevalenti, il L. condannato alla pena di mesi 4 di reclusione ed Euro 100 di multa. Deduce i seguenti motivi.

1. La violazione di legge, assumendo l’insussistenza dell’aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 2 (poichè vi era stato solo occultamento della refurtiva nel giubbotto), la mancanza di titolarità a proporre querela (essendo stata proposta dal titolare dell’esercizio e non essendo il legale rappresentante del supermercato) e (conseguente all’accoglimento delle precedenti censure) la mancata declaratoria di non doversi procedere.

2. L’inosservanza della legge penale con riferimento alla L. n. 689 del 1981, art. 59, per erronea qualificazione di una causa ostativa alla sostituzione della pena detentiva e mancata enunciazione dei motivi supportanti l’esclusione di tale beneficio, assumendo che l’imputato (come da certificato penale) era stato condannato solo due volte per reati della stessa indole e non di più. 3. Il vizio motivazionale, poichè pur avendo il giudice d’appello dato credito alla versione dell’imputato, sì da escludere la violenza e minaccia che caratterizzano la rapina, avendo poi, contraddittoriamente, dato credito alla versione del direttore del supermercato quanto alla sottrazione di vasetti, all’occultamento degli stessi sulla persona dell’imputato e al superamento della barriera delle casse.

Deduce, ancora, il vizio motivazionale in ordine al diniego della richiesta difensiva di ulteriore riduzione del trattamento sanzionatorio.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Come già evidenziato dal Giudice d’Appello, è giurisprudenza ormai pacifica di questa Corte quella secondo cui nel delitto di furto sussiste l’aggravante dell’utilizzo di mezzo fraudolento qualora il soggetto attivo si impossessi della merce sottratta dai banchi di un supermercato, occultandola sulla propria persona, in quanto tale condotta, improntata ad astuzia e scaltrezza, è preordinata ad eludere gli accorgimenti a tutela dei beni e, nella specie, i controlli predisposti dagli addetti alla cassa del supermercato (ex ceteris: Sez. 5, n. 10997 del 13.12.2006, Rv. 236516; n. 15265 del 23.3.2005, Rv. 232142; Sez. 4, n. 47394 del 18.11.2008, Rv. 242832).

Sicchè la prima censura ne risulta del tutto infondata, essendo il reato, come riqualificato, procedibile d’ufficio.

Del pari correttamente ed esaustivamente motivata s’appalesa la sentenza impugnata con riferimento alla ritenuta ricostruzione dei fatti, benchè con esclusione della violenza e minaccia anche qui con adeguata ed esauriente argomentazioni a sostegno, sulla scorta di quanto riferito dal direttore dell’esercizio ma anche della circostanza dell’intervento di due dipendenti del supermercato e dei controlli azionati dagli stessi che, conoscendo il prevenuto, ebbero la certezza "della consumazione da parte sua di un proposito illecito". A sufficienza è stata motivata l’entità della pena rideterminata con congrua riduzione a seguito della derubricazione effettuata, e tenuto conto, oltre che della natura della refurtiva che il giudice d’appello ha ritenuto di non inquadrare nei beni destinati a sedare i morsi della fame (forse perchè i sottaceti non sono a tal fine soddisfacenti), anche dei plurimi precedenti penali dell’imputato. Invero, la valutazione dei vari elementi per quanto riguarda in generale la dosimetria della pena- rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio se effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all’art. 133 c.p. è censurabile in cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico. Cosa che per quanto sopra rilevato è da escludere nel caso di specie.

Quanto al secondo motivo del ricorso, premesso che l’applicazione delle sanzioni sostitutive può avvenire direttamente nel giudizio di cassazione ( L. n. 134 del 2003, art. 5, comma 3), è anch’esso infondato.

Infatti, sebbene, come riconosciuto dallo stesso ricorrente, il L. abbia riportato in precedenza due condanne per reati della stessa indole, nella giurisprudenza di questa Corte è indiscusso nel senso che non può essere riconosciuta la sostituzione della pena detentiva, a norma della L. n. 689 del 1981, art. 59, comma 2, lett. a), a chi abbia riportato almeno due condanne per reati della stessa indole del reato per cui si procede commessi nell’ultimo decennio anteriore, e quindi dovendosi intendere che il divieto di sostituzione intervenga già per la pena inflitta con la condanna successiva a quelle irrogate le due volte precedenti per reati della stessa indole (Cass. pen., Sez. un., 13.1.1995, n. 1601, Rv. 200043 e successive conformi; da ultimo: Sez. 2, n. 29566 del 22.3.2006 Rv. 235450).

Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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