Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-02-2011) 01-06-2011, n. 21808 Armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Avverso la sentenza indicata in epigrafe che ha confermato la sentenza di condanna per i reati di ricettazione di reperti aventi valore archeologico e di detenzione di arma comune da sparo clandestina, emessa dal Tribunale di Grosseto, il 03.04.2008 ricorre la difesa di G.G., deducendo:

a)- con il primo motivo il vizio di motivazione per l’insussistenza dell’elemento soggettivo del reato, avendo l’imputata ricevuto i reperti archeologici dal padre, noto professionista del grossetano, nella totale inconsapevolezza della illecita provenienza del materiale archeologico, in subordine ha chiesto di dichiararsi la prescrizione del reato dovendo il calcolo della prescrizione farsi risalire al momento della ricezione, da parte del padre, del predetto materiale ed essendo comunque prescritto, prima della sua ricezione, il reato presupposto;

b) con il secondo motivo deduce l’assenza di prova circa la funzionalità dell’arma, che solo superficialmente è stata attestata dal perito d’ufficio e la sussistenza dell’esimente di cui all’art. 5 c.p. in ragione del quadro normativo ambiguo relativo alle pistole funzionali alle segnalazioni per il soccorso.
Motivi della decisione

2. Il ricorso non è fondato.

2.1 Il primo motivo, per l’aspetto relativo alla prescrizione del reato, è meramente ripetitivo della doglianza proposta in appello che la Corte ha rigettato, per quanto riguarda la prescrizione del reato presupposto, richiamando appropriatamente la disposizione dell’art. 170 c.p., comma 1.

A tal proposito va ricordata, anche, la giurisprudenza costante e datata di questa Corte secondo la quale la mancanza di una condizione di procedibilità non incide sulla configurabilità del reato presupposto ai fini del reato di ricettazione.

2.2 Va poi chiarito, in ordine all’asserita mancanza di motivazione del dolo della ricettazione, posto che la G. ha conseguito il possesso dei beni per diritto ereditario, che in tema di beni culturali, il reato presupposto del delitto di ricettazione di reperti archeologici è il delitto di illecito impossessamento di beni culturali dello Stato di cui al D.Lgs n. 490 del 1999, art. 125 e succ. mod..

Tale reato, che si sostanzia nella omessa denuncia della scoperta di cose d’antichità o d’arte, è reato omissivo permanente e perciò la prescrizione non comincia a decorrere se non dalla avvenuta denuncia o dal momento in cui l’omissione viene accertata. Rv. 207070, nè può darsi credito alla buona fede dell’imputata circa la natura dei beni, tenuto conto delle particolari modalità di conservazione (o meglio nascondimento) degli stessi.

2.3 Con giurisprudenza che si è mantenuta costante nel tempo, questa Corte ha precisato che poichè gli oggetti di interesse artistico, storico o archeologico appartengono a titolo originario al patrimonio dello Stato, il loro possesso deve essere ritenuto illegittimo, a meno che il detentore non dimostri di averli legittimamente acquistati.

Essendo gli oggetti di rilievo culturale, ex lege, di proprietà dello Stato sin dalla loro scoperta, incombe sul possessore, che intende giustificarne il possesso, l’onere di provare che la loro scoperta o appropriazione si è verificata anteriormente all’entrata in vigore della L. 20 aprile 1909, n. 364, perchè la proprietà privata di tali beni costituisce una deroga al principio generale di appartenenza statuale. Rv. 212786.

Trattasi di prova che la ricorrente non è stata in grado di fornire, nè per quanto riguardo l’acquisto del padre e neanche per quanto riguarda la precedente apprensione, sicchè il motivo di ricorso deve essere rigettato.

2.4 Anche il secondo motivo è infondato.

2.5 Questa Corte, infatti, ha già avuto modo di pronunciarsi, con argomentazioni che questo collegio condivide e fa proprie, sulla natura delle pistole lanciarazzi con la sentenza Sez. 1^, Sentenza n. 18026 del 19/03/2004 (Rv. 228008) affermando che: "in materia di reati concernenti le armi, la norma di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 2, comma 3, deve essere interpretata nel senso che le pistole lanciarazzi vanno considerate armi comuni da sparo, giacchè gli strumenti lanciarazzi, anche se hanno una potenzialità lesiva diversa da quella delle armi naturalmente destinate all’offesa alle persone, presentano caratteristiche e requisiti di intrinseca pericolosità tali da giustificare la loro assimilazione ed equiparazione alle armi proprie e, quindi, alla disciplina giuridica di queste, per escludere le quali è necessario che la Commissione consultiva centrale per il controllo delle armi abbia esplicitamente e preventivamente escluso, per taluni di tali strumenti, la qualifica di arma comune da sparo" vedi anche Sez. 1^, Sentenza n. 7256 del 19/03/1999 (Rv. 213707).

2.6 Anche in ordine all’applicazione dell’art. 5 c.p. questa Corte si è già pronunciata, in un caso analogo a quello in esame con la sentenza Sez. 1^, Sentenza n. 15880 del 16/01/2007 Rv. 236207 secondo la quale risponde del reato di detenzione abusiva di armi e munizioni il soggetto che, venuto in possesso di armi o munizioni per successione ereditaria, abbia omesso di denunciarne il possesso alla competente autorità di P.S. a nulla rilevando la sua ignoranza in merito a tale obbligo.

2.7 Il ricorso per i motivi di cui sopra deve essere rigettato.

2.8 Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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