Cass. civ. Sez. II, Sent., 04-10-2011, n. 20305

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza dell’11 febbraio 2004 il Tribunale di Verona respinse la domanda proposta da B.R. e Si.Do. nei confronti di S.A., P.L., V. S. e F.M.: domanda intesa ad ottenere la dichiarazione di inefficacia – ai sensi dell’art. 1416 o in subordine dell’art. 1901 cod. civ. – dei contratti del 9 novembre 2000, con i quali i primi due convenuti, debitori verso gli attori, avevano trasferito tutti gli immobili di loro proprietà alla terza e al quarto.

Impugnata dai soccombenti, la decisione è stata riformata dalla Corte d’appello di Venezia, che con sentenza del 9 giugno 2005 ha accolto la domanda di simulazione.

S.V. e F.M. hanno proposto ricorso per cassazione, in base a sei motivi, che sono stati fatti propri con ricorso incidentale da S.A. e P.L., R. B. e Si.Do. si sono costituiti con controricorso. Sia i ricorrenti principali sia gli incidentali hanno presentato memorie.
Motivi della decisione

In quanto proposte contro la stessa sentenza, le due impugnazioni vengono riunite in un solo processo, in applicazione dell’art. 335 c.p.c..

Con i singoli motivi addotti a sostegno di entrambi i ricorsi viene criticato, di volta in volta, uno tra gli argomenti da cui la Corte d’appello ha desunto, in via di presunzione, il carattere simulato dei contratti in questione: il valore dei beni oggetto dei trasferimenti; le condizioni economiche di S.V. e di F.M.; l’immediatezza della trascrizione delle vendite;

la dichiarazione, nei rogiti, circa la già avvenuta corresponsione dei prezzi; la mancata occupazione degli immobili da parte degli acquirenti; la parentela o vicinanza di costoro con gli alienanti; la contestualità delle vendite e la loro prossimità temporale a una precedente proposta di S.A., non accettata, di intestazione fittizia degli stessi cespiti a Si.Do..

Si verte dunque nel campo di apprezzamenti eminentemente di merito, quali per loro natura sono quelli relativi alla gravità, precisione e concordanza di elementi indiziari: apprezzamenti che non possono formare oggetto di sindacato in questa sede, se non sotto il profilo dell’omissione, insufficienza o contraddittorietà della motivazione.

Da tali vizi la sentenza impugnata risulta immune, poichè il giudice a quo ha dato adeguatamente conto, in maniera esauriente e logicamente coerente, delle ragioni per cui ha ritenuto che le risultanze di causa deponessero univocamente nel senso della mera apparenza delle cessioni di cui si tratta, poste in essere fittiziamente per vanificare le ragioni di credito di Ba.Re. e Si.Do. verso S.A. e P.L., mediante il simulato trasferimento da questi ultimi a propri congiunti dell’intero loro patrimonio immobiliare. Le diverse e opposte prospettazioni, propugnate dai ricorrenti come unicamente o comunque maggiormente plausibili, non possono costituire idoneo fondamento di una pronuncia cassazione, stanti i limiti propri del giudizio di legittimità, che sarebbero superati se questa Corte si addentrasse nelle valutazioni comparative che nei ricorsi in esame si pretende di demandarle: il suo compito si esaurisce nel verificare – come si è fatto, con esito positivo – se gli accertamenti di fatto compiuti in sede di merito siano sorretti da congrua motivazione.

Con il primo motivo dei due ricorsi viene sollevata anche una questione di diritto: si sostiene che la Corte d’appello, ipotizzando che i beni alienati avessero una valore maggiore dell’apparente prezzo di vendita, è incorsa nella violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., poichè il valore di un immobile, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, non rientra tra le nozioni di comune esperienza che il giudice può porre a fondamento della propria decisione, senza bisogno di prova.

Neppure questa censura può essere accolta.

Il principio richiamato dai ricorrenti è stato bensì ripetutamente enunciato da questa Corte, ma per escludere che il valore di un bene possa essere determinato in giudizio sulla base del notorio, ai fini della pronuncia su domande relative a restituzioni, rimborsi, conguagli, indennizzi, tassazioni e così via, che richiedono una precisa quantificazione. Non osta quindi a che esso sia invece approssimativamente individuato – come nella sentenza impugnata – al diverso scopo di stabilire se il prezzo dichiarato per una vendita, della quale si chiede l’accertamento del carattere assolutamente simulato, sia notevolmente inferiore a quello di mercato, così da avvalorare, peraltro insieme con una molteplicità di altri dati convergenti in tal senso, la tesi della natura fittizia della cessione.

I ricorsi vengono pertanto entrambi rigettati.

La proposizione di quello incidentale non ha determinato alcun aggravio per B.R. e Si.Do., i quali hanno resistito soltanto al principale. Esclusivamente S.V. e F.M. vanno pertanto condannati – in solido, stante il comune loro interesse nella causa – a rimborsare ai controricorrenti le spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in 200,00 Euro, oltre a 7.000,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.
P.Q.M.

La Corte Riunisce i ricorsi e li rigetta; condanna i ricorrenti principali in solido a rimborsare ai resistenti le spese del giudizio di cassazione, liquidate in 200,00 Euro, oltre a 7.000,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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