Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-02-2011) 01-06-2011, n. 22071 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Il Tribunale di Brindisi, quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza deliberata l’8 settembre 2009:

a) in parziale accoglimento della richiesta proposta nell’interesse di G.G., ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., diretta ad ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione con riferimento a quattro sentenze di condanna, ivi compiutamente indicate, ravvisato il vincolo della continuazione soltanto tra i reati di detenzione e porto illegale di armi;

partecipazione ad associazione per delinquere di tipo mafioso (Sacra Corona Unita); partecipazione ad associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti oggetto di tre delle indicate sentenze (quelle indicate ai punti a), b), c) e d) dell’ordinanza), ed escludendolo, Invece, con riferimento al reato di ricettazione commesso nel 1998 (oggetto della sentenza indicata al punto d)) rideterminava la pena complessiva in anni sedici di reclusione;

b) rigettava la richiesta del condannato di applicazione dell’Indulto, di cui lo stesso aveva già beneficiato ma in misura limitata (anni due di reclusione ed Euro 300,00 di multa) alle pene inflitte per i reati di cui alle sentenze sub a) e sub e), finalizzata ad imputare la quantità di pena (già espiata) divenuta "eccedente" per effetto del riconoscimento della continuazione e dell’indulto, in applicazione del generale principio di fungibilltà della pena, a quella in corso di esecuzione, come da provvedimento di cumulo emesso il 13 marzo 2007, e ciò a ragione del rilievo che tutte le pene concorrenti di cui all’indicato provvedimento, si riferivano "a delitti per i quali il richiesto beneficio non è concedibile". 2. – Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione sia il Procuratore della Repubblica di Brindisi, sia il G., per il tramite del suo difensore.

2.1 – Il Procuratore della Repubblica di Brindisi ha impugnato il provvedimento del giudice dell’esecuzione, limitatamente al parziale accoglimento dell’istanza ex art. 671 cod. proc. pen., deducendone l’illegittimità:

– con un primo motivo, per violazione di legge ( L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 2), evidenziando, al riguardo, che il giudice dell’esecuzione aveva anticipato la trattazione dell’istanza deliberando sulla stessa in periodo feriale, senza che ricorressero i presupposti per concedere la richiesta anticipazione dell’udienza, non trovandosi l’istante in stato di custodia cautelare; e senza che venisse acquisito preventivamente il consenso del pubblico ministero, con la conseguenza che, per effetto di tale violazione, all’ufficio requirente non era stato consentito di "dedurre utilmente sul merito della richiesta";

– con il secondo motivo, per violazione di legge e vizio di motivazione, non avendo il giudice dell’esecuzione adeguatamente considerato, che l’istanza del G. costituiva mera riproposizione di una precedente richiesta avente il medesimo oggetto, rigettata dalla Corte di Appello di Brindisi con provvedimento del 25 giugno 2009, impugnato dall’istante e confermato da questa Corte, con sentenza deliberata il 30 marzo 2010. 2.2 – Il difensore del G. ha invece impugnato il provvedimento del giudice dell’esecuzione, con riferimento: sia al calcolo della pena come determinata all’esito dell’accoglimento dell’istanza ex art. 671 cod. proc. pen.; sia relativamente al rigetto della richiesta di applicazione dell’indulto ex L. n. 241 del 2006, alle pene, già espiate, di cui al provvedimento di cumulo del 6 dicembre 1994. 2.2.1 – Nel ricorso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione viene censurata, con riferimento alla "dosimetria della pena", "per violazione del giudicato con riferimento al trattamento sanzionatolo", evidenziando il ricorrente, al riguardo, che il giudice dell’esecuzione, nel determinare un aumento della pena base di anni due di reclusione per il delitto ex art. 416 bis cod. pen. oggetto della condanna emessa dalla Corte di Assise di Brindisi in data 22 luglio 1998 (sentenza indicata al punto b) dell’ordinanza) non aveva adeguatamente considerato che la Corte d’Appello di Lecce, con sentenza del 5 giugno 2003 (sentenza indicata al punto e) dell’ordinanza) aveva già unificato il predetto reato associativo con l’ulteriore analogo fatto contestato al G. in quel procedimento, riducendo la pena originaria (anni 4 di reclusione) ad anni 1 di reclusione, sicchè la pena come determinata da ultimo dal giudice dell’esecuzione per tale reato (anni 2 di reclusione), risulta superiore a quella stabilità dal giudice della cognizione, in palese violazione del giudicato e del principio del favor rei.

2.2.2 – Quanto al rigetto dell’istanza di applicazione dell’indulto ex L. n. 241 del 2006, da parte del ricorrente se ne denunzia l’illegittimità per violazione dell’art. 672 c.p.p., comma 4, evidenziandosi al riguardo che il giudice dell’esecuzione aveva erroneamente interpretato il contenuto dell’istanza, che non era diretta, come affermato nel provvedimento impugnato, ad ottenere il riconoscimento del beneficio con riferimento alle pene attualmente in esecuzione, le quali si riferivano effettivamente a reati esclusi dall’applicazione dell’indulto, ma con riferimento a pene già espiate nel 1997 (relative al provvedimento di cumulo del 6 dicembre 1994) onde poter imputare alla pena ancora in esecuzione e relativa a fatti delittuosi antecedenti a tale data, "la corrispondente pena espiata, divenuta sine titulo per effetto del riconoscimento del chiesto beneficio", incongruamente negato.

3. – Il Procuratore Generale presso questa Corte nella sua requisitoria scritta, ha richiesto:

– l’annullamento dell’ordinanza impugnata relativamente all’accoglimento dell’istanza ex art. 671 cod. proc. pen., in quanto la stessa doveva effettivamente ritenersi mera riproposizione di altra istanza identica del condannato, già rigettata, con conseguente assorbimento del motivo d’impugnazione del G. relativo alla misura della pena;

– declaratoria d’inammissibilità del ricorso proposto dal G., attesa l’assoluta genericità della richiesta di applicazione dell’Indulto, "per non essere stati indicati nè i presupposti di applicabilità del disposto dell’art. 657 c.p.p., comma 4, nè le condanne attualmente in espiazione, "per titoli non ostativi all’applicazione dell’indulto". 3.1 – Con memoria di replica, depositata il 25 gennaio 2011, il difensore del G.:

– ha confutato, per un verso, le argomentazioni svolte dal Procuratore Generale in merito all’annullamento dell’ordinanza, relativamente al riconoscimento della disciplina del reato continuato, evidenziando in particolare che la deduzione del Procuratore della Repubblica di Brindisi secondo cui l’istanza accolta dal giudice dell’esecuzione sarebbe una mera riproposizione di altra identica richiesta, già rigettata, risulta del tutto sfornita di prova, non rinvenendosi in atti l’istanza proposta da diverso difensore, unico elemento veramente decisivo per valutare la fondatezza dell’eccezione;

– ha ribadito la fondatezza del ricorso, sia relativamente alla rideterminazione dell’entità della pena, sia relativamente al rigetto dell’istanza di applicazione dell’Indulto.
Motivi della decisione

1. – L’impugnazione proposta dal Procuratore della Repubblica di Brindisi è basata su motivi infondati e va quindi rigettata, mentre va accolta quella proposta dal G., limitatamente al rigetto dell’istanza di applicazione dell’indulto.

2.1 – Con riferimento al primo dei motivi d’impugnazione dedotti dal Procuratore della Repubblica di Brindisi, risulta assorbente il rilievo, che denunziando il ricorrente la illegittimità della trattazione nel periodo ferale dell’istanza ex art. 671 cod. proc. pen. proposta dal G., in quanto tale decisione del giudice esecuzione avrebbe impedito al proprio ufficio di "utilmente dedurre sul merito della richiesta", tale censura, così come formulata, si rivela incongrua e priva di adeguato riscontro, ove si consideri che l’ordinanza impugnata (pag. 1) da atto dell’avvenuta acquisizione del "parere del Pubblico Ministero". 2.2 – Quanto poi al secondo motivo, il collegio deve rilevare come l’eccezione del ricorrente secondo cui l’istanza ex art. 671 cod. proc. pen. accolta dal giudice dell’esecuzione costituirebbe mera riproposizione di una richiesta già rigettata, e sarebbe per ciò inammissibile ex art. 666 c.p.p., comma 2, si fonda sulla produzione di atti (l’ordinanza della Corte di Appello di Brindisi in data 18 giugno 2009, allegato 1; la sentenza di questa Corte deliberata il 30 marzo 2010, allegato 2) da soli insufficienti per apprezzarne la fondatezza. Ed invero, premesso che in base alla formulazione dell’art. 666 c.p.p., comma 2, per ritenere che un’istanza costituisca "mera riproposizione di una richiesta già rigettata" è necessario che essa sia "basata sui medesimi elementi", id est, come ormai da tempo chiarito da questa Corte, occorre accertare che la successiva istanza "sia fondata sui medesimi presupposti di fatto e sulle stesse ragioni di diritto di quella precedente" (in termini Sez. 1, Sentenza n. 2220 del 19/05/1992, dep. Il 27/07/1992, imp. Martino, Rv. 191466) deve convenirsi con la difesa del G. che le allegazioni documentali effettuate dal Procuratore della Repubblica di Brindisi, in assenza della produzione della "prima richiesta" ex art. 671 cod. proc. pen. non consentono di apprezzare il carattere asseritamene ripetitivo di quella nuova, specie ove si consideri che l’oggetto della prima richiesta, per quanto è dato comprendere dall’esame degli allegati, risulta "più limitato", sollecitandosi con la stessa l’applicazione della disciplina del reato continuato, con riferimento a sole due condanne per reati associativi.

3.1 – Passando all’esame del ricorso proposto nell’interesse del G., infondato deve ritenersi il primo motivo d’impugnazione dedotto dal ricorrente, che attiene alla rideterminazione delle pene effettuata dal giudice dell’esecuzione.

Nessuna effettiva violazione del giudicato con riferimento al trattamento sanzionatorio è infatti ravvisarle nell’ordinanza impugnata, condividendo il collegio il principio, ormai prevalente nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità, secondo cui "in tema di continuazione, attesa l’ampiezza dei poteri cognitivi riconosciuti in via eccezionale al giudice dell’esecuzione, è legittimo che, nel determinare la pena complessiva conseguente all’applicazione della continuazione, il giudice possa, una volta individuata la violazione più grave, quantificare l’aumento per ciascun reato satellite anche in misura superiore alla pena originariamente inflitta per quel reato, sempre che non venga superata la somma delle pene inflitte con ciascuna sentenza o decreto" (in tal senso, Sez. 1^, Sentenza n. 31429 dell’8/06/2006, dep. il 21/09/2006, Imp. Serio, Rv. 234887; Sez. 1, Sentenza n. 12704 del 6/03/2008, dep. il 25/03/2008, imp. D’Angelo Rv. 239376; Sez. 1, Sentenza n. 48833 del 9/12/2009, dep. il 21/12/2009, imp. Galfano, Rv. 245889). Secondo tale orientamento, in particolare, una volta ritenuta la continuazione tra più reati, il trattamento sanzionatorio determinato per i "reati-satellite" non esplica più alcuna efficacia vincolante, anche se lo stesso, come nel caso in esame, sia stato determinato, da ultimo, attraverso l’applicazione della continuazione, in sede di cognizione; e ciò in quanto, si ripete, il giudice esecuzione, ove riconosca la continuazione (ex novo) non è vincolato dal divieto di "reformatio in peius", di cui all’art. 597 c.p.p., comma 3. 3.2 – Fondato deve ritenersi, invece, il secondo motivo d’impugnazione. Come esattamente affermato dal ricorrente, è principio pacifico che l’indulto deve essere applicato, anche se è terminata l’esecuzione della pena, a richiesta del condannato, sempre che sussista un concreto interesse in tal senso. E tale interesse è evidentemente ravvisabile proprio nella possibilità che la pena condonata possa essere imputata ad espiazione di altra pena in esecuzione" (Sez. 1, n. 4301 del 24/06/1996, imp. Nardecchia), oltre che, eventualmente, in qualsivoglia altro effetto favorevole (Sez. 1, n. 43055 del 23/10/2008, imp. Zeni; Sez. 1, n. 6649 del 05/02/2008, imp. Reale; Sez. 1, n. 39542 dell’11/10/2007, imp. Bertini).

Nessun rilievo può assumere, invece, ai fini dell’applicazione dell’indulto su pena espiata, la circostanza, valorizzata dal giudice dell’esecuzione, che il reato in relazione alla cui pena si prospetta la fungibilità sia escluso dall’indulto, perchè, come questa Corte ha già avuto occasione di rilevare, "alla condanna per tale reato non è il beneficio del condono che viene ad essere applicato (neppure "indirettamente"), quanto piuttosto il sistema di cui all’art. 657 cod. proc. pen., che costituisce una sorta di riparazione (assistita da garanzia costituzionale ex art. 24 Cost., u.c.) in forma specifica per la detenzione risultata ex post ingiusta in quanto patita in relazione a pena condonabile (Sez. 1, Sentenza n. 41582 dell’1/10/2009, dep. il 29/10/2009, imp. Persiano Rv. 245056).

4. – Dalle considerazioni sin qui svolte discende, in conclusione, che l’ordinanza impugnata va annullata, limitatamente all’applicazione dell’indulto, con rinvio per nuovo esame sul punto al Tribunale di Brindisi.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso del PM. Annulla il provvedimento impugnato limitatamente all’applicazione dell’indulto e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di Brindisi. Rigetta nel resto il ricorso di G.G..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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