Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-02-2011) 01-06-2011, n. 22064 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Catania dichiarava inammissibile e comunque da rigettare, l’istanza proposta da C.G. di concessione di misure alternative alla detenzione (affidamento in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare, ovvero semilibertà).

1.1 – Il tribunale motivava la propria decisione osservando:

– che avuto riguardo ai titoli di reato di cui alle due sentenze irrevocabili di condanna in esecuzione (associazione per delinquere di stampo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti; detenzione illecita di sostanze stupefacenti; tenta estorsione aggravata dal metodo mafioso), di per sè ostativi alla concessione dei benefici richiesti, ex art. 4 bis, comma 1, periodo primo, ord. pen., trattandosi di reati associativi o lato sensu associativi (ossia con l’aggravante L. n. 203 del 1991, ex art. 7), (a) l’istante non risultava ancora aver espiato interamente la pena inflitta per gli stessi; (b) non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della collaborazione con la giustizia e non emergevano elementi atti ad escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata;

– che il giudizio di grave pericolosità sociale dell’istante, quale desumibile dalla natura e gravita dei reati commessi, non poteva essere superato a ragione delle risultanze dell’osservazione Intramuraria, che pure segnalava il carattere regolare e partecipativo della condotta e la presa di coscienza del disvalore della propria condotta, non evincendosi dalle stesse "un autentico, profondo e consolidato processo di rielaborazione critica del vissuto e di radicale mutamento del valori di riferimento". 2. – Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il B., personalmente, deducendone l’illegittimità per violazione di legge (art. 4-bis ord. pen) e vizio di motivazione, con riferimento al diniego dei benefici richiesti, sostenendo – sintetizzando le argomentazioni ben più diffuse, svolte nell’atto di impugnazione – che la motivazione svolta dal tribunale doveva ritenersi meramente apparente, relativamente all’assenza del requisito della collaborazione con la giustizia; manifestamente illogica, relativamente "al giudizio prognostico di pericolosità, anche in considerazione del motivato parere favorevole espresso dalla direzione carceraria e dell’accoglimento da parte del magistrato di sorveglianza, dell’istanza di liberazione anticipata".
Motivi della decisione

1. – L’impugnazione proposta dal B. è infondata.

Ed invero occorre considerare, come a ragione sostenuto dal Procuratore Generale presso questa Corte nella sua requisitoria in atti, per un verso "che la condanna del B. per delitti aggravati dalla L. n. 203 del 1991, art. 7 ai sensi dell’art. 4 bis O.P., è ostativa alla concessione dei benefici richiesti"; dall’altro, che in mancanza del requisito della collaborazione (impossibile o inesigibile) con la giustizia – rispetto alla cui eventuale configurabilità non vengono però indicati, in ricorso degli elementi significativi, non valutati dal giudice di merito – l’istanza di concessione di misure alternative era in effetti inammissibile. Tale considerazione, di carattere assorbente e preliminare, rende del tutto superflua, evidentemente, ogni ulteriore valutatone circa la effettiva completezza ed adeguatezza del giudizio di persistente pericolosità sociale del condannato, oggetto del secondo motivo d’impugnazione.

2. – Il rigetto del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art. 616 cod. proc. pen., in ordine alla spese del presente procedimento.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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