Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 04-10-2011, n. 20281

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 22.11 – 27.12.1995, rigettò l’impugnazione proposta dalla Sepsa – Società per l’Esercizio di Pubblici Servizi spa nei confronti di P. A. avverso la pronuncia di primo grado che aveva confermato il decreto ingiuntivo con il quale era stata riconosciuta la spettanza della somma pretesa da P. per le voci retributive "premio di operosità" e "incentivo"; ritenne al riguardo la Corte territoriale che, anche a voler seguire il ragionamento sviluppato dall’appellante, non poteva definirsi variabile la parte dell’indennità in questione commisurata al livello e all’anzianità dei dipendenti, siccome oggettivamente legate ad una situazione obiettivamente fissa e non acquisite ad personam.

Avverso tale sentenza la Sepsa – Società per l’Esercizio di Pubblici Servizi spa ha proposto ricorso per cassazione fondato su un motivo e illustrato con memoria, lamentando la violazione del R.D. n. 148 del 1931, art. 1 e degli artt. 4, 4 bis e 5 dell’Accordo Nazionale 12.3.1980.

L’intimato P.A. ha resistito con controricorso, eccependo altresì l’inammissibilità del ricorso sotto molteplici profili.
Motivi della decisione

1. Osserva preliminarmente la Corte che il ricorso è stato proposto "giusta procura speciale in calce alla sentenza impugnata", ed in effetti, come questa Corte ha potuto direttamente accertare, essendo la questione rilevante ai fini dell’ammissibilità del ricorso, la copia prodotta della suddetta sentenza contiene in calce la procura speciale rilasciata al proprio difensore dalla Sepsa spa per la rappresentanza e difesa avanti alla Corte di Cassazione contro il dipendente P.A., di cui all’antescritto ricorso".

Rilevato che, comunque, il riferimento al ricorso, così come indicato, è incongruo, essendo stata la procura apposta in calce alla sentenza e non a tale atto, trova applicazione nella fattispecie il principio, reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui nel giudizio di cassazione la procura speciale non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso (non rilevando nella specie la previsione, comunque inapplicabile ratione temporis al presente giudizio, della procura apposta in calce alla memoria di nomina di nuovo difensore), stante il tassativo disposto dell’art. 83 c.p.c., comma 3, che implica la necessaria esclusione dell’utilizzabilitè di atti diversi da quelli suindicati, con la conseguenza che se la procura non è rilasciata contestualmente a tali atti, è necessario il suo conferimento nella forma prevista dal secondo comma dello stesso articolo, cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 13537/2006; Cass., n. 23816/2010).

In applicazione di tale principio è stata quindi ritenuta invalida la procura che (come nel caso di specie) sia apposta in calce alla sentenza impugnata, non rechi la data in cui è stata rilasciata e sia stata richiamata genericamente nell’intestazione del ricorso, siccome priva non solo del necessario requisito della specialità, ma anche di quello dell’incontestata anteriorità rispetto alla notificazione del ricorso; con la conseguenza che detta invalidità della procura, incidendo sulla validità stessa dell’instaurazione del rapporto processuale, va rilevata d’ufficio e comporta l’inammissibilità del ricorso indipendentemente dall’eccezione della parte interessata, il cui eventuale comportamento acquiescente rimane irrilevante (cfr., ex plurimis, Cass., nn.. 9168/2005; 17765/2005;

14843/2007).

2. Il ricorso, restando assorbita la disamina di ogni ulteriore questione di merito e processuale, va quindi dichiarato inammissibile.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 30,00, oltre ad Euro 2.000,00 (duemila) per onorari, spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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