Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 04-10-2011, n. 20278 Interesse ad agire

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’Anpo – Associazione Nazionale Primari Ospedalieri, non essendo stata ammessa dall’Aran alle trattative per la definizione del CCNL dell’area medico veterinaria relativo al secondo biennio economico 2000/2001 per non aver raggiunto il 5% delle deleghe rilasciate dai lavoratori in applicazione del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 47 bis propose ricorso ex art. 700 c.p.c., chiedendo che fosse ordinata all’Aran la sua ammissione alla contrattazione collettiva; sulla resistenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dell’Aran, il Giudice adito dispose l’ammissione con riserva della ricorrente.

Quest’ultima attivò quindi il giudizio di merito avanti al Tribunale di Roma, che respinse la domanda, sostanzialmente sul rilievo che, in mancanza del dato elettorale, occorreva fare riferimento al solo dato associativo.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 5.10.2004 -20.2.2006, accolse il gravame proposto dall’Anpo, accertando il diritto dell’appellante a partecipare alla contrattazione collettiva per il secondo biennio 2000/2001.

A sostegno del decisum la Corte territoriale ritenne quanto segue: – nel caso di specie dovevano essere ancora applicate le disposizioni transitorie di cui al D.Lgs. n. 396 del 1997, art. 8, comma 1, lett. b, (come modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 44), la cui efficacia era conservata fino alla verifica di cui alla successiva lett. g dello stesso comma;

– sulla base delle risultanze di causa era da escludere che l’Aran avesse compiuto quella verifica, "che la legge impernia sulla rilevazione di un doppio dato";

– la procedura di verificazione era stata effettuata su dati per più aspetti incompleti e dunque inattendibili ed era stata "svolta su uno solo dei dati necessari", cosicchè "In sintesi la procedura di verificazione fu una procedura apparentemente compiuta ma mai effettivamente e adeguatamente realizzata", – l’Anpo disponeva di una rappresentatività (4,65%) più alta del 4% sul solo dato deleghe e, peraltro, la rappresentatività rispetto al 5% non era stata ben rilevata;

– la conservata applicabilità della normativa transitoria sulla rappresentatività dava quindi diritto all’Anpo di partecipare alla contrattazione collettiva sulla base del solo dato del 4% delle deleghe.

Avverso la suddetta sentenza della Corte territoriale, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’Aran hanno proposto ricorso per cassazione fondato cinque motivi.

L’Anpo ha resistito con controricorso, eccependo altresì l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse.
Motivi della decisione

1. La disamina dell’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla controricorrente è logicamente preliminare. Secondo il costante orientamento di questa Corte di legittimità, l’interesse ad agire, necessario anche ai fini dell’impugnazione del provvedimento giudiziale, va apprezzato in relazione alla utilità concreta derivabile alla parte dall’eventuale accoglimento dell’impugnazione e non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, che sia diretta quindi all’emanazione di una pronuncia priva di rilievo pratico (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 13091/2003; 15623/2005;

13593/2006; 1755/2006; 11844/2006; 12952/2007; 27006/2007). Nel caso di specie è pacifico che l’Anpo, a seguito dell’ammissione con riserva ottenuta in via cautelare, ha partecipato alle trattative per la definizione del CCNL dell’area medico veterinaria relativo al secondo biennio economico 2000/2001.

Le trattative a cui la controricorrente è stata ammessa, com’è notorio, si sono concluse prima della proposizione del presente ricorso; inoltre dopo il CCNL a cui si riferiscono le trattative di che trattasi sono intervenuti altri contratti collettivi nella stessa area e nessuna domanda collegata alla partecipazione alle suddette trattative da parte dell’Anpo è stata svolta in via riconvenzionale dalle odierne ricorrenti.

Ne discende pianamente che, quand’anche il ricorso meritasse accoglimento, nessun riflesso pratico potrebbe derivare da tale pronuncia; deve dunque convenirsi che, già al momento della proposizione del ricorso, nel febbraio 2007 (e, a fortiori, al momento della presente decisione), era venuto meno l’interesse ad impugnare la decisione di merito.

2. L’eccezione all’esame va dunque accolta, con la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 50,00 oltre ad Euro 3.000,00 (tremila/00) per onorari, spese generali, Iva e Cpa come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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