T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 07-06-2011, n. 5041 Confisca amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

me specificato nel verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso, notificato il 18 dicembre 1993 e depositato il successivo 5 gennaio 1994, i signori B.I. e H.V., quali proprietari del terreno sito in Roma, in via Jacopo Passavanti (distinto al nuovo catasto terreni al foglio n. 140 particella n. 295), sul quale hanno realizzato un fabbricato non residenziale di mq. 1.900, hanno impugnato l’ordinanza n. 9100174 dell’11 luglio 1991 con cui il Sindaco – accertata l’esecuzione di interventi edilizi in assenza di concessione (l’ampliamento di un manufatto in armatura in ferro, di altezza di m. 7 di mq. 50 e di volume fuori terra 350, nonché la costruzione di due manufatti di altezza di m. 2,50, mq. 30 e metri cubi 75), e preso atto della mancata demolizione (ordinata con provvedimento n. 37726 del 12 ottobre 1990, notificato il successivo 23 ottobre) – ha disposto l’acquisizione gratuita al patrimonio del Comune delle opere anzidette e della parte di terreno costituente l’area di sedime.

I ricorrenti hanno impugnato inoltre il provvedimento implicito di reiezione della domanda di concessione in sanatoria presentata il 30 aprile 1986 (prot. n. 15611).

Al riguardo, i medesimi hanno prospettato come motivi di impugnazione la violazione di legge e l’eccesso di potere sotto svariati aspetti sintomatici, facendo rilevare in fatto che sulla particella n. 295 è stato realizzato un immobile oggetto di una apposita domanda di concessione in sanatoria.

Si è costituito in giudizio il Comune di Roma, il quale ha eccepito l’infondatezza delle doglianze prospettate.

Nella Camera di Consiglio del 16 marzo 1994 con ordinanza n. 678/1994 questo Tribunale ha accolto la domanda di sospensione degli effetti del provvedimento impugnato.

All’udienza del 20 aprile 2011 la causa è stata posta in decisione.

Siccome dai documenti prodotti dai ricorrenti in data 27 ottobre 2010 è risultato che il Comune di Roma ha adottato per l’area interessata e per gli immobili sulla stessa insistenti tre distinte concessioni edilizie in sanatoria, la Sezione con apposita ordinanza n. 1841/10 del 25 novembre 2010 aveva chiesto al Comune di Roma documentati chiarimenti al fine di sapere se, in relazione agli abusi contestati ai ricorrenti anche con il provvedimento gravato e con quello presupposto, vi fosse coincidenza o meno con le opere oggetto delle tre distinte domande di concessione in sanatoria, favorevolmente esaminate.

L’Ufficio Condono Edilizio non è riuscito a dissipare i dubbi sollevati da questo Tribunale: con nota del 2 febbraio 2011 ha infatti rilevato che da un sommario esame degli abusi accertati e perseguiti nell’ordinanza impugnata sembrerebbe non esserci corrispondenza con quelle opere oggetto delle distinte domande di condono.

Anche se l’Amministrazione non ha fornito elementi chiari ed esaustivi, di fatto ha però ammesso che per l’area interessata (particella catastale n. 295) ed a nome degli stessi ricorrenti, non solo sono state rilasciate tre distinte concessioni in sanatoria, ma che già alla data della prima ordinanza di demolizione (23 ottobre 1990) erano pendenti tre distinte domande di condono edilizio per opere aventi una destinazione non residenziale (tutte presentate il 30 aprile 1986).

La predetta circostanza, in mancanza di un dato certo in ordine alla non coincidenza delle opere riportate nelle sanzioni edilizie con quelle oggetto di condono, induce a ritenere che i provvedimenti irrogati difettavano della giusta istruttoria, stante il fatto che la semplice presentazione della domanda di condono sospende ex lege lo stesso potere sanzionatorio dell’Amministrazione preposta al controllo ed alla vigilanza del territorio.

Infatti, ai sensi dell’art. 38 L. 28 febbraio 1985 n. 47 è illegittimo il provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale dell’opera edilizia abusiva e della relativa area di sedime fino alla scadenza del termine perentorio per la presentazione della domanda di concessione edilizia in sanatoria ovvero, ove questa sia stata presentata, fin quando l’amministrazione comunale non abbia su di essa pronunciato (Cfr. TAR Campania, sede di Napoli, Sez. VII, 8 novembre 2007 n. 11082).

Ne consegue che "i provvedimenti repressivi adottati in pendenza di istanza di condono sono illegittimi perché in contrasto con l’art. 38 legge 47/1985 il cui disposto impone all’amministrazione di astenersi, sino alla definizione del procedimento attivato per il rilascio della concessione in sanatoria, da ogni iniziativa repressiva che vanificherebbe a priori il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria, sicché la P.A. ha l’obbligo di pronunciarsi previamente sulla condonabilità o meno dell’opera edilizia" (ancora T.A.R. Campania, sez. settima, n. 6467 del 4 luglio 2007 e sez. seconda, 21 settembre 2006, n. 8190).

Ciò induce, altresì, a ritenere che nel caso di specie non poteva essere sufficiente la semplice constatazione della realizzazione di opere in assenza di concessione edilizia per irrogare prima la sanzione della demolizione e poi l’acquisizione delle opere e dell’area di sedime al patrimonio indisponibile del Comune; e ciò proprio in ragione della pendenza di tre distinte domande di concessione edilizia in sanatoria.

Lo stato di incertezza su cui ha agito la p.a. è dimostrato anche dal fatto che, seguito della citata richiesta di chiarimenti, lo stesso Comune di Roma non è, ancora oggi, in grado di affermare con certezza che le opere sanzionate non fossero già ricomprese nelle precedenti domande di condono.

Tale doglianza in concreto prospettata dalle parti ricorrenti nell’unico complesso motivo di impugnazione risulta fondata.

La descrizione della complessa procedura posta in essere dalla parte istante e dal Comune resistente, nella misura in cui sanziona con la demolizione opere edilizie che possono essere state oggetto di separate domande di condono, tenuto conto dell’accoglimento del gravame nei sensi sopra definiti, priva di ogni interesse concreto, dal carattere dell’attualità, ogni ulteriore censura proposta avverso il rigetto implicito della domanda di concessione in sanatoria prot. n. 15611 del 30 aprile 1986, che allo stato risulta comunque superata dal rilascio di ben tre distinte concessioni in sanatoria.

Per tutte le ragioni espresse, il Collegio accoglie il ricorso e conseguentemente annulla il provvedimento impugnato perché viziato da violazione di legge ed eccesso di potere sotto l’aspetto sintomatico del difetto di istruttoria.

Sussistono, comunque, in ragione della complessità della procedura durata nel tempo, giusti motivi per compensare fra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’impugnata ordinanza n. 9100174 dell’11 luglio 1991 nei sensi di cui in motivazione.

Compensa fra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *