Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 20-01-2011) 01-06-2011, n. 22122 Lesioni colpose

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

le in persona del Dott. Stabile Carmine, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 – T.G. e G.O. propongono ricorso, per il tramite dei rispettivi difensori, avverso la sentenza del giudice monocratico del Tribunale di Bergamo, in funzione di giudice d’appello, del 17 maggio 2010, che ha confermato la sentenza del Giudice di Pace di elusone, del 9 luglio 2009, che lì ha ritenuti colpevoli del delitto di lesioni colpose in pregiudizio di B. R., Ba.Ro. e Te.Fr. e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, li ha condannati alla pena di Euro 1.600,00 di multa ed al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite, alle quali ha assegnato provvisionali di vario importo.

Secondo l’accusa, condivisa dai giudici del merito i due imputati, per negligenza, imprudenza ed imperizia -il T. per avere messo a disposizione dei due B. e del Te., per il trasferimento degli stessi e di altre persone, da un rifugio di sua proprietà ad un ristorante, pure di sua proprietà, una motoslitta omologata per il trasporto del solo conducente, alla quale era stato agganciato con strumenti di fortuna un carrello privo di impianto frenante, il G. per essersi prestato ad eseguire tale trasporto, mettendosi alla guida della motoslitta, senza sincerarsi della idoneità del mezzo- hanno cagionato ai B. ed al Te. fratture e lesioni varie.

Era accaduto che la motoslitta, nel percorrere il tratto di pista che collega il rifugio all’albergo presso il cui ristorante i passeggeri erano diretti, a seguito delle ripetute sollecitazioni, dopo una curva, era rimasta priva di un efficace sistema frenante ed il conducente, nell’effettuare una manovra d’emergenza, a causa della forte velocità raggiunta, a seguito di una brusca sterzata verso destra, aveva perso il controllo del mezzo che aveva terminato la propria corsa in corrispondenza di una piccola scarpata ove tutti i trasportati erano stati proiettati; costoro, a causa dell’incidente, avevano riportato varie lesioni.

Il giudice del gravame, avendo ritenuto provato che l’incidente era stato determinato dal sovraccarico della motoslitta e del rimorchio, che aveva reso inefficace il sistema frenante del veicolo, progettato per il trasporto di un peso non superiore a 100 kg, ha quindi confermato la responsabilità dei due imputati, individuando nei confronti degli stessi i profili di colpa specificati nel capo d’imputazione.

2 – Avverso tale decisione ricorrono, dunque, i due imputati, che deducono:

1) T.G.:

a) Violazione di norme processuali, specificamente dell’art. 369 bis, per mancata comunicazione dell’informazione sul diritto di difesa, nullità di tutti gli atti successivi, vizio di motivazione della sentenza impugnata.

Sostiene il ricorrente che nè nel verbale di sequestro della motoslitta e del carrello utilizzati per il trasporto, nè successivamente sono state fornite all’imputato le informazioni sul diritto di difesa indicate nell’art. 369 bis, nè i previsti avvertimenti. A ciò non si è provveduto, aggiunge il ricorrente, neanche al momento della citazione a giudizio, ove è stata indicata solo la nomina del difensore d’ufficio.

Illogica sarebbe, poi, la motivazione resa, sul punto, dal tribunale, il quale ha respinto la declaratoria di nullità del decreto di sequestro sul rilievo che nessun obbligo aveva la polizia giudiziaria ex art. 114 disp. att. c.p.p., senza considerare, tuttavia, che la difesa, con i motivi d’appello, non aveva eccepito la nullità dell’atto di sequestro, bensì degli atti successivi, in particolare del decreto di citazione a giudizio, che non solo non è stato preceduto dalle informazioni in questione, ma ne era esso stesso privo;

b) Violazione di legge, in relazione alla mancata declaratoria di inutilizzabilità dell’esame dell’ing. C. e della relazione a firma dello stesso, violazione del principio di contestualità ed immediatezza delle decisioni del giudice con riguardo alle eccezioni ed opposizioni sollevate in dibattimento, impedimento all’esercizio del diritto di controesame, indebita acquisizione di documenti, cioè della relazione dell’ing. C.; vizio di motivazione su tali punti.

Lamenta il ricorrente che, sull’eccezione proposta dal coimputato G. di inutilizzabilità dell’esame dibattimentale dell’ing. C., attesa la qualità dello stesso di ausiliario del PM, e della relazione a firma dello stesso, il giudice di pace, invece di decidere la questione sollevata, se ne è riservato, liberando il testimone e rinviando ad altra udienza il processo; in tal guisa avendo sostanzialmente impedito ai difensori degli imputati di svolgere il controesame del teste. L’eccezione, proposta nei motivi d’appello sotto il duplice profilo della violazione del principio della contestualità ed immediatezza della decisione e dell’impedimento del diritto di contro esaminare il teste, è stata respinta dal tribunale, sotto il primo profilo, sul rilievo che il giudice, benchè formalmente riservatosi, aveva implicitamente respinto l’eccezione, laddove non esiste, sostiene il ricorrente, l’istituto del rigetto implicito di un’eccezione; sotto il secondo profilo, sul rilievo che nessuna violazione di diritti si era verificata, poichè all’esame aveva fatto seguito il controesame del teste, laddove, in realtà, questo non era stato eseguito;

circostanza che pure determinerebbe l’inutilizzabilità dell’esame e dell’allegata relazione;

c) Violazione di legge, in relazione alla mancata declaratoria di inutilizzabilità dell’esame reso in dibattimento dal coimputato G. per il mancato utilizzo, ai fini delle contestazioni, delle dichiarazioni dallo stesso rese nel corso delle indagini preliminari;

vizio di motivazione sul punto.

Sostiene il ricorrente che le ragioni del rigetto, indicate dal giudice nella mancata allegazione del verbale di tali dichiarazioni, sarebbero inconsistenti, poichè la legge non prevede alcun obbligo di allegazione; mentre l’ulteriore argomento posto dal tribunale a sostegno della propria decisione, cioè l’irrilevanza delle dichiarazioni del G. poichè la prova della responsabilità proverrebbe da altre risultanze probatorie, sarebbe errato poichè, in realtà, dette risultanze sarebbero rappresentate dalle dichiarazioni delle parti civili che, con riguardo alla posizione del T., hanno riferito solo circostanze apprese dallo stesso G.;

d) Violazione di legge in ordine all’utilizzazione, ai fini della decisione, dei contenuti degli atti di querela proposti dalle persone offese e vizio di motivazione sul punto;

e) Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di sussistenza del nesso di causalità tra la condotta contestata all’imputato e l’evento determinatosi, in relazione al quale il giudice del merito non avrebbe considerato che tale nesso avrebbe dovuto ritenersi interrotto dalla condotta del G., conducente della motoslitta, che autonomamente: aveva deciso di utilizzare la motoslitta per la discesa verso l’albergo, aveva utilizzato modalità improprie, effettuando il trasporto in un unico viaggio, aveva seguito la pista più pericolosa perchè più ripida di altre, aveva eseguito manovre che avevano causato il ribaltamento del mezzo, aveva bevuto alcolici che ben avrebbero potuto influire sulla sua condotta di guida;

f) Violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alle questioni civili afferenti l’assegnazione alle parti civili di provvisionali;

g) Vizio di motivazione in punto di determinazione della pena.

2) G.O.:

a) Violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all’affermata competenza del giudice di pace, benchè le lesioni di cui gli imputati si sarebbero resi responsabili, in quanto aggravate dalla violazione di norme antinfortunistiche, fossero di competenza del tribunale, in virtù del disposto del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4;

b) Violazione di legge e vizio di motivazione, laddove il tribunale ha ritenuto che il giudice di pace avesse dato corso al controesame dell’ing. C., in contrasto con quanto emergerebbe dai verbali di dibattimento di primo grado, e laddove ha ritenuto che lo stesso ing. C., già ausiliario della polizia giudiziaria, potesse svolgere l’ufficio di consulente del PM e potesse essere sottoposto ad esame ed autorizzato a consegnare una relazione scritta, malgrado l’incompatibilità nascente dal ruolo di ausiliario svolto in sede di indagini;

c) Violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, laddove il tribunale ha ritenuto validamente assunto ed utilizzabile l’esame dell’ing. C., benchè il teste non fosse stato sottoposto a controesame, e regolarmente acquisita ed utilizzabile la relazione tecnica a firma dello stesso, in ragione dell’asserita natura ripetibile dell’accertamento eseguito; ancora violazione di legge e vizio di motivazione, laddove il giudice del merito ha ritenuto che il G. avesse assunto una posizione di garanzia nei confronti delle persone trasportate. d) Vizio di motivazione in punto di determinazione della pena. e) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alle questioni civili afferenti l’assegnazione alle parti civili di provvisionali.

Ambedue i ricorrenti concludono chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.

Con memoria depositata presso la cancelleria di questa Corte il 22.12.10, la parte civile Te.Fr. contesta la fondatezza dei motivi di ricorso e ne chiede il rigetto.

2 – Ambedue i ricorsi sono infondati.

1) I ricorrenti hanno, con i rispettivi ricorsi, proposto motivi del tutto sovrapponiteli, seppur, talvolta, diversamente articolati, con riguardo: a) all’esame dibattimentale del teste C.A., consulente del PM, ed al ruolo dallo stesso ricoperto nel procedimento; b) alle statuizioni civili; c) al trattamento sanzionatorio (motivi, rispettivamente, nn. 2, 6, 7 per T.; nn. 2, in parte 3, 5 e 4 per G.) che sembra opportuno trattare congiuntamente.

1a) Quanto all’esame dibattimentale del teste C., i ricorrenti ne contestano la legittimità in ragione della ritenuta incompatibilità con l’ufficio di testimone, avendo lo stesso assunto, nel corso delle indagini, la qualità di "ausiliario" della polizia giudiziaria, ed hanno chiesto dichiararsi inutilizzabili detto esame e la relazione, a firma dello stesso, acquisita su richiesta del PM. Risulta in proposito, dall’esame degli atti – consentito al giudice di legittimità essendo stato dedotto il vizio di violazione di legge – che il C., escusso quale consulente tecnico del PM, senza opposizione delle parti, dopo essere stato esaminato dallo stesso PM, è stato regolarmente sottoposto a controesame, iniziato dall’avv. Zambelli, difensore dell’imputato G.O.. Detto difensore ha avviato il controesame esibendo al teste copia del verbale di nomina dello stesso quale ausiliario della polizia giudiziaria e chiedendogli conferma della nomina, ottenuta la quale, ha eccepito la nullità e l’inutilizzabilità dell’esame dibattimentale dell’ing. C. e della relazione dallo stesso redatta ed in precedenza acquisita su richiesta del PM, attesa la ritenuta incompatibilità dello stesso ad assumere l’ufficio di testimone avendo rivestito, nel corso delle indagini, la qualifica di "ausiliario" della PG. Il giudice, dopo avere acquisito, sulla proposta eccezione, i pareri delle altre parti, si è riservato di decidere e, dato atto dell’ora tarda, ha rinviato, per il proseguimento dell’istruttoria dibattimentale, all’udienza del 9 ottobre successivo, diffidando le parti ed i testi presenti – e dunque anche l’ing. C. – a presentarsi senza altro avviso.

Rinviata preliminarmente (per sciopero dei VPO) l’udienza del 9 ottobre, a quella dell’11 dicembre, il G.d.P., dopo avere precisato che la riserva relativa all’eccezione proposta dall’avv. Zambelli sarebbe stata sciolta in sede di decisione nel merito, ha disposto la prosecuzione dell’istruttoria dibattimentale, che è ripresa, ovviamente, con l’esame dei testi presenti, tra i quali non vi era il C., già invitato, al termine dell’udienza del 31 luglio, a presentarsi, unitamente agli altri testi, all’udienza successiva.

Orbene, tali essendo i fatti emergenti dall’esame dei citati verbali di causa, non può certo sostenersi, con il ricorrente G., che il giudice non avesse dato corso al controesame del C., nè, con il ricorrente T., che il teste era stato "liberato" dallo stesso giudice, impedendo, così, il controesame. Nè può farsi carico al giudice dell’assenza, all’udienza dell’11 dicembre, dello stesso teste, nè della sua mancata riconvocazione, tale richiesta non risultando esser stata mai avanzata dai difensori degli imputati ai quali, evidentemente, è sembrato non utile la contestazione dei dati tecnici forniti dal C. e sufficiente solo la contestazione – postuma – della compatibilità dello stesso a ricoprire la qualità di testimone.

Non può quindi sostenersi, con i ricorrenti, che il giudice non abbia dato corso o addirittura abbia impedito, per l’intero svolgimento del dibattimento, l’esercizio del diritto di controesame dell’ing. C. per non avere riconvocato il teste, laddove, preso atto della assenza dello stesso all’udienza di rinvio, proprio alle difese interessate spettava di richiederne la riconvocazione. Di qui, anzitutto, la manifesta infondatezza dei motivi di ricorso con i quali è stata eccepita l’inutilizzabilità dell’esame del C. e della relazione a firma dello stesso per asserito impedimento frapposto al controesame del teste; mentre del tutto legittima, e certamente non motivo di nullità, è la decisione del giudice – peraltro neanche immediatamente contestata – di riservare ogni decisione sull’eccezione proposta dall’avv. Zambelli alla definizione del merito della causa.

La difesa di G.O. ha anche sollevato, in relazione all’esame reso dall’ing. C., il tema dell’incompatibilità dello stesso con l’ufficio di testimone in quanto "ausiliario" della polizia giudiziaria, ed ha chiesto, a causa di tale asserita incompatibilità, dichiararsi inutilizzabile l’esame dibattimentale dallo stesso reso e della relazione a sua firma; ha altresì denunciato violazione di legge, laddove il PM ha nominato proprio CT, l’"ausiliario" già officiato dalla polizia giudiziaria.

Osserva a tale proposito la Corte che, in realtà, l’"ausiliario", del giudice o del pubblico ministero ( art. 126 c.p.p. e art. 1 Reg.

Esec.), in relazione al quale è prevista, dall’art. 197 c.p.p., lett. d), l’incompatibilità con l’ufficio di testimone, si identifica con l’ausiliario in senso tecnico, ossia con l’appartenente al personale di cancelleria e segreteria, non già con un estraneo all’amministrazione della giustizia che si trovi a svolgere di fatto ed occasionalmente determinate funzioni previste dalla legge. Ragione per la quale è certamente esclusa qualsiasi incompatibilità a testimoniare per il consulente tecnico del PM, che, per l’appunto, non riveste la qualifica di "ausiliario" dell’organo inquirente (Cass. n. 8377/08).

Posizione non dissimile, anzi più pregnante rispetto al tema della compatibilità dello stesso ad essere esaminato quale teste, ha l’"ausiliario" di cui la polizia giudiziaria, ai sensi dell’art. 348 c.p.p., comma 4, di propria iniziativa o su delega del PM, si avvalga per il compimento di atti od operazioni che richiedano specifiche competenze tecniche, come avvenuto nel caso di specie con l’ing. C.A.. Che costui abbia o meno assunto, nel prosieguo delle indagini, la qualifica di consulente del PM, poco conta sotto il profilo che qui interessa, posto che, ove anche tale ultima qualifica il C. non avesse acquisito, in ogni caso, anche come "ausiliario" della polizia giudiziaria, nessuna incompatibilità dello stesso con l’ufficio di testimone può ravvisarsi. Anzi, ancor meno, nei confronti dell’ausiliario della PG, potrebbero assumersi questioni di compatibilità con l’ufficio del testimone, attesa la ancor più evidente estraneità dello stesso all’amministrazione giudiziaria, cioè al personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie.

Sul punto, d’altra parte, questa Corte si è già chiaramente espressa, affermando che: "Non sussiste incompatibilità alla prestazione dell’ufficio di testimone da parte di soggetto che abbia prestato, nello stesso procedimento, quello di ausiliario della polizia giudiziaria, non potendosi applicare per analogia il disposto di cui all’art. 197 c.p.p., lett. d), nel quale si prevede soltanto l’ipotesi della incompatibilità dell’ausiliario del giudice o del pubblico ministero" (Cass. n. 20166/03).

E dunque, qualunque posizione si voglia attribuire all’ing. C. – lo stesso ricorrente articola le proprie censure indicandolo talvolta quale consulente della PG, tal’altra quale consulente del PM – inesistente deve ritenersi la denunciata incompatibilità, mentre per nulla illegittima si presenta la decisione del PM di nominare proprio consulente l’esperto chiamato dalla PG ad espletare gli opportuni accertamenti sul luogo del delitto, ex art. 348 c.p.p., comma 4.

Certamente infondate sono, quindi, le censure proposte sul tema in questione e del tutto legittimamente l’ing. C. è stato escusso in dibattimento; altrettanto legittimamente è stata acquisita la relazione a firma dello stesso. A tale ultimo proposito, il ricorrente G. ha dedotto il vizio di violazione di legge per la utilizzazione, da parte dei giudici del merito, di tali esame e relazione, dovendosi attribuire all’intervento dell’ing. C. la natura di accertamento tecnico irripetibile, sottoposto alle formalità di cui all’art. 360 c.p.p..

Anche sotto tale profilo, il ricorso è infondato, avendo correttamente il tribunale ritenuto ripetibile il predetto accertamento, e dunque sottratto alla disciplina della norma da ultimo richiamata, in quanto diretto solo a verificare le condizioni e le caratteristiche della slitta e del carrello, sottoposti a sequestro e non destinatari di interventi modificativi di tali condizioni e caratteristiche. Mentre il ripetuto richiamo alla mancanza di contraddittorio, ancora riferito all’esame del C., è del tutto infondato per le ragioni già esposte.

1b) Ugualmente infondati sono le censure relative alle statuizioni civili, specificamente alle provvisionali, di vario importo, assegnate dal giudice del merito a Te.Fr., B. R. e Ba.Ro.; assegnazioni contestate in quanto conseguenti alla utilizzazione di documentazione sanitaria asseritamente non legittimamente acquisita in atti e caratterizzate dalla mancanza di adeguata motivazione circa l’entità delle somme assegnate.

Ha, in proposito, sostenuto il tribunale che tali statuizioni sono state adottate sulla base di documentazione sanitaria prodotta dalle parti civili nel corso delle udienze del 17.4.08 ( B.R. e Ba.Ro.) e dell’8 maggio 2008 ( Te.Fr.) e che tale documentazione è stata acquisita in atti senza opposizione alcuna. Del tutto legittimamente, quindi, la stessa, ritualmente acquisita, è stata utilizzata, nulla rilevando eventuali successive opposizioni e richieste di inutilizzabilità in seguito proposte.

Non vi sarebbe stata, peraltro, nessuna ragione per non acquisire atti tanto pertinenti e rilevanti ai fini della decisione, in quanto attestanti la natura e la gravità delle lesioni da ciascuno riportate a causa dell’incidente, peraltro già descritte nel capo d’imputazione. Lo stesso tribunale ha, inoltre, adeguatamente motivato sul punto, avendo ritenuto congrue le somme, liquidate con criterio di equità, richiamando la giovane età dei feriti e la gravità delle lesioni dagli stessi riportate, la cui esistenza, entità, riconducibilità all’incidente, peraltro, gli imputati non contestano.

1c) Infondati sono anche i motivi relativi all’entità della pena inflitta, in relazione alla quale la motivazione sarebbe mancante, secondo i ricorrenti, o apparente.

In realtà, il tribunale, sia pure in termini sintetici, ha indicato le ragioni per le quali ha ritenuto congrua la pena inflitta dal primo giudice, richiamando la gravità del danno arrecato alle persone offese ed il grado della colpa.

2) Quanto ai restanti motivi di ricorso, la Corte osserva quanto segue.

A) T.G.. a) Il primo motivo di doglianza, con il quale si contesta la violazione dell’art. 369 bis, è certamente infondato.

Deve, anzitutto, premettersi che il sequestro della slitta e del carrello, a bordo dei quali è stato eseguito il trasferimento dei clienti dal rifugio al ristorante, è stato legittimamente eseguito dai carabinieri nell’immediatezza del fatto, ai sensi dell’art. 354, comma 2; invero, essendosi trattato di atto urgente e necessario ai fini dell’accertamento della verità, nessuna comunicazione doveva essere effettuata nei confronti del difensore dell’indagato anche perchè, d’altra parte, nessun indagato ancora era stato individuato.

Nello stesso ricorso, peraltro, si specifica che con l’atto di appello era stata eccepita non la nullità del sequestro in sè, bensì degli atti successivi, in particolare, del decreto di citazione a giudizio in relazione alla mancata previsione delle formalità di cui all’art. 369 bis c.p.p..

Tanto precisato, rileva la Corte che detta disposizione di legge, la cui violazione lamenta il ricorrente, inerisce all’attività del PM e dispone che lo stesso, al compimento del primo atto cui l’imputato ha il diritto di assistere, e comunque prima dell’invito a presentarsi a rendere l’interrogatorio, provveda all’espletamento delle formalità ivi previste. Queste, cioè, secondo il dettato normativo, "sono necessarie solo quando debba essere compiuto un atto cui il difensore abbia il diritto di assistere, e riguardano quindi un provvedimento – l’informazione sul diritto di difesa – che attiene ad una articolazione del procedimento solo eventuale, e comunque diversa e antecedente rispetto a quella introdotta dall’avviso di conclusione delle indagini" (Cass. nn. 46532/03, 1239/04, 20894/05, 44706/05, 8366/06, 27072/08).

Orbene, nel caso di specie non risulta che atti di tal genere siano stati compiuti, nè il ricorrente ne ha indicati, di guisa che, sotto il richiamato profilo, il motivo proposto è chiaramente infondato.

Lo è anche con riferimento al decreto di citazione a giudizio davanti al giudice di pace, ove si consideri che i casi di nullità dello stesso sono specificamente indicati dal D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 20, tra i quali non è previsto quello dedotto dal ricorrente.

Questa Corte, peraltro, ha avuto modo di osservare che: "L’atto di citazione a giudizio nel procedimento penale avanti al giudice di pace non deve contenere, a pena di nullità, le informazioni prescritte dall’art. 369 bis c.p.p., dato che tale norma, pure in sè applicabile nel procedimento in questione, riguarda solo l’attività del P.M. ed il caso che si compia un atto cui il difensore ha diritto di assistere, o che si spedisca invito a presentarsi per rendere interrogatorio, restando così estranea alla disciplina della citazione contenuta nel D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 20" (RV n. 231469). b) Infondato è anche il terzo dei motivi proposti, relativo all’esame dibattimentale del coimputato G.O., ritenuto dal ricorrente inutilizzabile per il mancato utilizzo, ai fini delle contestazioni, del verbale di spontanee dichiarazioni dallo stesso rese al tempo dei fatti.

Sul punto, il tribunale ha, invero, coerentemente rilevato che, a prescindere da quanto riferito dal G. e dall’utilizzabilità delle dichiarazioni dallo stesso rese nell’immediato, l’intervento del T. e la richiesta rivolta telefonicamente dallo stesso al G. di trasportare al ristorante, servendosi della motoslitta, i cinque clienti, era stata da questi ultimi ribadita, di guisa che, ove anche esistente, la denunciata irregolarità non aveva alcuna rilevanza, essendo la circostanza emersa aliunde. Nè vale, ad escludere la legittimità di tale argomentazione, il fatto che la richiesta del T. al G., di trasportare i clienti con la motoslitta, sia stata dai malcapitati appresa dallo stesso G..

La circostanza, invero, no: autorizza dubbi sulla utilizzabilità nè, tanto meno, sulla veridicità di quanto affermato dalle persone offese, dalle stesse direttamente appreso nello stesso contesto in cui si intrecciavano le telefonate tra il G. ed il T.. c) Manifestamente infondato è il quarto motivo di ricorso, alla stregua di quanto affermato dal tribunale circa la utilizzazione, da parte del giudice di pace, ai fini della decisione, di elementi probatori, testimoniali e documentali, assunti nella sede dibattimentale. Sembra ovvio, del resto, ritenere che i querelanti, sentiti in dibattimento, abbiano narrato i fatti negli stessi termini con i quali erano stati riportati nella querela; è dunque possibile che gli argomenti addotti dal giudice di pace riportino i contenuti della querela, ma solo perchè del tutto coincidenti con le testimonianze rese in dibattimento dalle parti offese.

Il motivo proposto si presenta, d’altra parte, generico, laddove deduce l’utilizzazione, da parte del giudice, dei contenuti della querela senza, tuttavia, indicare i passaggi motivazionali caratterizzati da tale indebita utilizzazione. d) Ugualmente infondato è il quinto motivo di ricorso, relativo al nesso di causalità tra condotta contestata ed evento determinatosi ed all’interruzione dello stesso dovuto all’intervento di G. O..

Anche sul punto, del tutto in sintonia con gli elementi probatori acquisiti si presenta la decisione impugnata e coerente la relativa motivazione. I giudici del merito hanno, invero, legittimamente ritenuto di individuare precisi profili di colpa a carico dell’imputato nell’avere egli richiesto e consentito il trasferimento delle parti civili (e di altre persone che si trovavano in loro compagnia) dal rifugio al ristorante, utilizzando un mezzo assolutamente inidoneo, cioè una motoslitta, omologata per il trasporto di una sola persona, alla quale è stato agganciato un carrello privo di impianto frenante. Tutto ciò, in condizioni rischiose per l’incolumità dei trasportati anche a causa dello stato della pista, in forte discesa e coperta di neve.

Proprio il peso eccessivo trasportato – hanno chiarito i giudici del merito, richiamando gli accertamenti ed i pareri espressi dall’ing. C. – ed il forte pendio hanno provocato, il surriscaldamento dell’impianto frenante della motoslitta, omologato per un trasporto non superiore a 100 kg, ed il mancato funzionamento dello stesso, con conseguente ingovernabilità del mezzo e conclusione della corsa nei pressi di una scarpata. Lo stesso G., peraltro, hanno precisato gli stessi giudici, aveva sentito, ad un certo punto, odore di bruciato e si era accorto, poco dopo, che il freno della motoslitta non funzionava più.

Nè dubbi sono consentiti circa il diretto coinvolgimento dell’odierno ricorrente quell’imprudente trasferimento; tutte le persone trasportate, invero, e lo stesso G. hanno dichiarato che era stato proprio il T. ad incaricare l’altro dell’accompagnamento del gruppetto di persone utilizzando la motoslitta, in tal guisa essendosi egli evidentemente assunto le conseguenze di tale improvvida decisione. E ciò, evidentemente, a prescindere dalla scelta, da parte del G., della pista da percorrere per giungere al ristorante che, qualunque fosse stata, non poteva che essere in forte discesa, posto che il locale da raggiungere si trovava a valle del rifugio; scelta che, comunque, non escludeva certamente l’imprudente scelta del mezzo di trasporto, le cui caratteristiche tecniche non erano, di per sè, idonee a garantire la regolarità di quel trasferimento. Mentre ulteriori profili di colpa, pur individuabili nella condotta del G. (condotta di guida, ipotizzata assunzione di bevande alcoliche), certamente non valgono ad escludere il nesso causale fra la condotta colposa dell’imputato e l’evento determinatosi, e quindi la responsabilità del ricorrente che quell’imprudente trasporto aveva organizzato e disposto.

B) G.O.. a) Certamente infondata è l’eccezione di incompetenza per materia formulata, con il primo motivo di ricorso, sul rilievo che il delitto contestato sarebbe aggravato dalla violazione di norme antinfortunistiche, e dunque sottratto alla competenza del giudice di pace.

In realtà, come ha giustamente sostenuto il tribunale, non vi è nulla che riconduca la vicenda in esame nell’ambito della responsabilità per violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Non i rapporti tra le parti coinvolte nell’incidente, non il luogo dove lo stesso si è verificato.

Sotto il profilo soggettivo, è stato accertato che nessun rapporto di lavoro intercorreva tra il T. ed il G., che si era occasionalmente prestato ad accompagnare i clienti del rifugio al ristorante, nè, ovviamente, tra costoro ed il G., proprio in ragione dell’occasionalità del suo intervento. L’unico rapporto esisteva tra il T. e le persone offese, in quanto utenti dell’impresa alberghiera gestita dall’imputato; rapporto tuttavia non riconducibile ad alcuno dei casi di esclusione della competenza del giudice di pace previsti dal D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4, comma 1, lett. a). Mentre è del tutto evidente come, nelle richiamate condizioni, nè la slitta e relativo carrello nè la pista possono equipararsi ad un luogo di lavoro.

Sul punto, la decisione impugnata si presenta, quindi, del tutto corretta ed espressa con motivazione del tutto esauriente e coerente sotto il profilo logico. b) Infondato è altresì il motivo di ricorso relativo alla presunta violazione dell’art. 40 e c.p., con il quale si sostiene che il ricorrente non avrebbe assunto una posizione di garanzia nei confronti delle persone trasportate poichè l’evento non si è verificato per errori commessi nelle operazioni di aggancio del carrello alla motoslitta e di guida della stessa.

In realtà, è stato contestato al ricorrente non di avere male effettuato l’aggancio, nè di avere tenuto una condotta di guida imprudente, bensì di essersi prestato al trasporto di diverse persone senza sincerarsi che il mezzo utilizzato fosse idoneo allo scopo. Di fronte al numero di persone da trasportare ed al loro peso complessivo, per nulla proporzionato alle caratteristiche tecniche del veicolo utilizzato, ed in considerazione delle evidenti difficoltà che nascevano dalle caratteristiche e dalle condizioni della pista, egli, ha legittimamente sostenuto il tribunale, non avrebbe dovuto accogliere l’invito del T., essendo, peraltro, ben consapevole, per averlo lui stesso ricordato, che era la prima volta che si utilizzava quella motoslitta per il trasporto di persone, poichè quella abitualmente adoperata era guasta. Su tale slitta, ha soggiunto il tribunale, era persino vietato il trasporto anche di un solo passeggero sul sedile – è lo stesso ricorrente a ricordarlo, unitamente al divieto di carico di portapacchi dal peso superiore a 7 libre-, circostanza che giustamente è stata ritenuta significativa in termini di totale inopportunità dell’utilizzo della stessa per il trasporto di persone con un improvvisato rimorchio, e dunque di responsabilità dell’imputato.

I ricorsi devono, in conclusione, essere rigettati ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali, nonchè, in solido, alla rifusione, in favore delle costituite parti civili, delle spese del presente giudizio, che si liquidano: in Euro 2.000.00, oltre accessori, in favore di Te.Fr. e di Euro 3.000,00, oltre accessori, in favore di Ba.Ro. e B.R..
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonchè al pagamento, in favore delle parti civili, delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate in Euro 2.000,00, oltre accessori come per legge, in favore di Te.F. ed in Euro 3.000,00, oltre accessori come per legge, in favore di Ba.

R. e B.R..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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