Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 04-10-2011, n. 20269 Previdenza integrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.G., già dipendente dell’Inan, cessato il servizio dal 1 settembre 1972 con qualifica di dirigente generale, attribuitagli al momento del pensionamento e per effetto del riconoscimento dei benefici combattentistiche della L. n. 336 del 1970, ex art. 2, ha proposto contro l’Inps una domanda volta alla liquidazione del trattamento integrativo di pensione erogatogli dall’istituto tramite il Fondo integrativo ex Inam, previo accertamento del suo diritto alla indennità di funzione ex L. n. 334 del 1997, ed alla retribuzione di posizione prevista dal contratto collettivo di lavoro 1998-2001.

Nella resistenza dell’Inps la domanda è stata rigettata.

La Corte d’appello di Bologna accogliendo parzialmente il gravame proposto da M.I. ed C.E., quali eredi di C. G.C., ha riconosciuto loro il diritto a conseguire dal 1 gennaio 1996 la liquidazione della pensione integrativa spettante al de cuius tenuto conto dell’indennità di funzione ex L. n. 334 del 1997, nella sua componente di quota A, respingendo la domanda di inclusione nella detta pensione della retribuzione di posizione prevista al contratto collettivo nazionale di lavoro.

Contro questa sentenza l’Inps propone ricorso per due motivi.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso si addebita alla sentenza impugnata di avere in violazione e con falsa applicazione della 2 ottobre 1997, n. 334, art. 1 e della L. 24 maggio 1270, n. 336, art. 2, riconosciuto l’indennità di posizione e conseguentemente riliquidato la pensione integrativa a carico del fondo ex Inam ad un dipendente che aveva conseguito la qualifica dirigenziale solo dopo la cessazione dal servizio al momento del collocamento a riposo per effetto di quanto previsto dalla L. n. 336 del 1970, art. 2, senza alcun effettivo esercizio di funzioni dirigenziali.

Con il secondo motivo di ricorso si addebita alla sentenza impugnata di avere in violazione e con falsa applicazione della L. 2 ottobre 1997, n. 34, art. 1, in relazione all’art. 30 del regolamento di previdenza integrativa del personale dipendente dall’Inam, riconosciuto la riliquidazione al trattamento pensionistico integrativo anche nei confronti degli ex dipendenti che già fruivano di compensi o indennità di analoga natura come nella specie l’indennità di funzione.

Il primo motivo è fondato Alla stregua della L. n. 334 del 1997, art. 1, ai dirigenti ex Inam che abbiano effettivamente espletato le relative funzioni dirigenziali nel corso del periodo di servizio spetta l’inserimento dell’indennità di posizione nella base di calcolo del trattamento di quiescenza. Detto inserimento non spetta invece al dirigente che abbia conseguito il diritto all’adeguamento del proprio trattamento a quello del personale in servizio con la qualifica di direttore generale, nella sua qualità di ex combattente, per effetto della L. n. 336 del 1970 all’atto del pensionamento, al solo fine di conseguire un miglior trattamento di quiescenza (Cass. 2242/2006;

conf. 1096/2007; 7124/2007; 26815/2000; Sez. un. 9131/2010). E’ rimasto pertanto isolato il contrario orientamento cui a Cass. 21358/2006.

In base al (largamente) prevalente orientamento di questa Corte il primo motivo di ricorso deve essere accolto, con assorbimento del secondo motivo. Inoltre, non essendovi necessità di ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito con rigetto della domanda. Quanto alle spese si ritiene opportuno confermare le statuizioni della sentenza impugnata circa quelle del giudizio di merito, mentre la parte intimata va condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda;

conferma le statuizioni della sentenza impugnata circa le spese del giudizio di merito; condanna la parte intimata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 30,00 per esborsi, nonchè in Euro 3.000,00 per onorari, oltre ad I.V.A., C.P.A. e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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