Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 27-04-2011) 03-06-2011, n. 22280 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ento del processo

Il Tribunale del Riesame di Lecce con ordinanza in data 26-1-2011 confermava quella con la quale il GIP di quella città aveva convalidato il sequestro preventivo – disposto d’urgenza dal PM il 28- 12-2010, dell’impresa FL Auto, già corrente in (OMISSIS), poi trasferitasi in (OMISSIS), e di tutti i beni aziendali, sull’assunto che di essa fosse titolare di fatto L.F. e vi fossero investite e riciclate risorse provenienti dal reato di cui all’art. 416 bis c.p.. La sussistenza del fumus commissi delicti era ravvisata nelle dichiarazioni del collaboratore di giustizia P.E., appartenente al clan dei Mesagnesi, il quale aveva riferito che, essendo L.F. un suo affiliato, esso P. gli aveva proposto di gestire insieme l’attività di compravendita auto, ma L. aveva risposto che preferiva gestirla in autonomia, chiedendogli peraltro in prestito la somma di Euro 5000, che poi gli aveva restituito mediante compensazione nell’ambito dei loro rapporti inerenti al traffico di cocaina ed hashish. P. aveva aggiunto che, avendo di recente notato che F. disponeva di assegni tratti dal fratello R., ne aveva dedotto che quest’ultimo fosse il titolare dell’impresa. Le dichiarazioni del collaborante erano ritenute particolarmente attendibili sia perchè questi aveva fornito il movente di un’azione di sangue ai danni del L. da parte di G.F. detto (OMISSIS) (da individuarsi nella relazione intrapresa dal L. con la moglie separata del fratello del G., movente confermato da una telefonata intercettata), sia perchè riscontrate dalle dichiarazioni di un altro collaborante, Fo., che aveva riferito di essere il fornitore di cocaina e di hashish, per il tramite di tale M., del L. (definito "ragazzo di P.E."), al quale erano stati dati cento grammi di cocaina in pagamento di un’autovettura utilizzata da M. per recarsi in (OMISSIS).

Il tribunale del riesame, premesso che il sequestro era stato eseguito nei confronti del formale intestatario dell’impresa, L.R., fratello di F., riteneva non produttiva di nullità la mancata notifica dell’ordinanza di convalida a L.F., in quanto la notifica è finalizzata solo a consentire l’impugnazione, di fatto avvenuta. In ordine al fumus, la circostanza che L.F. avesse rifiutato l’offerta di P. di gestire insieme l’attività e non gli avesse restituito il prestito con denaro, era ritenuta compatibile con il rapporto di affiliazione, mentre era considerato irrilevante il fatto che l’impresa fosse effettivamente operativa, in quanto ciò non escludeva che in essa confluissero anche risorse provenienti dalla partecipazione all’associazione.

Infatti, sotto il profilo del rapporto di pertinenzialità delle cose sequestrate a tale delitto, i giudici del riesame evidenziavano non solo l’illiceità della fonte del finanziamento iniziale, ma anche la circostanza che L.F. disponesse di assegni del fratello, titolare formale dell’impresa, e che avesse messo a disposizione un’autovettura, ripagata con cento grammi di cocaina, per un viaggio in (OMISSIS) destinato all’acquisto di droga (episodio ricordato da Fo.).

Ricorrono con atti separati L.R. e L. F., per il tramite del difensore, avv. Raffaele Missere.

Il primo deduce violazione di legge sia sotto il profilo della mancata notifica al fratello F. del decreto di sequestro, sia sotto il profilo della sussistenza del vincolo pertinenziale dei beni al reato – dal momento che il procedimento riguarda F. e non lui -, nonchè vizio di motivazione, posto che R. è effettivamente subentrato al fratello nella gestione (la cui liceità è dimostrata da documentazione bancaria di cui si riserva la produzione), e, quand’anche la gestione di fatto fosse di F., è illogico e contraddittorio l’assunto del finanziamento illecito dell’impresa: infatti il prestito riferito da P. è troppo esiguo rispetto alle esigenze dell’attività, mentre contrasta con i rapporti interni all’associazione la possibilità che l’affiliato possa rifiutare l’offerta di un capo, come sarebbe avvenuto nella specie, sempre secondo le dichiarazioni del collaborante P..

Inoltre si assume la mancanza del periculum in mora, essendo F. detenuto. L.F. deduce violazione di legge sia sotto il profilo della omessa notifica a se stesso del provvedimento di sequestro, sia sotto il profilo della pertinenzialità al reato dei beni sequestrati, sull’assunto di aver totalmente cambiato vita, al punto da aver chiesto l’autorizzazione a svolgere a proprio nome l’attività commerciale -iniziata con un limitatissimo investimento, i cui passaggi sono documentati con produzioni allegate a memoria difensiva. Deduce pure vizio di motivazione in ordine all’affectio societatis rilevando la mancata contestazione a suo carico del reato di cui all’art. 416 bis c.p., contestato ai pretesi complici, e assenza di periculum in mora negli stessi termini di cui al ricorso di L.R..
Motivi della decisione

1) Non sussiste la pretesa violazione di legge dedotta nel ricorso di L.R., nè sotto il profilo della mancata notifica al fratello del decreto di sequestro, per manifesta carenza di interesse del ricorrente, nè sotto quello del vincolo di pertinenzialità al reato dei beni oggetto della misura reale, in quanto, benchè R. sia estraneo al procedimento, il vincolo riguarda il bene e non la persona, e comunque R. è ritenuto, in ottica accusatoria, prestanome del fratello F..

Non deducibile in questa sede è poi il vizio di motivazione in ordine al finanziamento illecito dell’impresa sequestrata, che il ricorrente deduce, superando i limiti della violazione di legge, al cui accertamento è limitata la proponibilità del ricorso per cassazione, allorchè censura la ritenuta attendibilità del pentito P. sotto il profilo della genesi dell’impresa FL Auto. Infondata è la pretesa insussistenza del periculum in mora, ancorata allo stato di attuale detenzione di L.F., sia perchè l’impresa si assume da questi gestita attraverso R., formale titolare, sia perchè la condizione di detenuto non è necessariamente permanente.

2) Del pari insussistente la violazione di legge di cui si duole L.F. in ordine alla omessa notifica del decreto di sequestro, essendo le decisione del tribunale sul punto, in linea con l’orientamento di questa corte secondo cui, poichè il sequestro preventivo si esegue mediante apprensione del bene, la notifica del provvedimento è destinata soltanto a consentirne l’impugnazione – nella specie effettuata, con la conseguenza che la mancata notifica produce l’unico effetto di non far decorrere il termine di impugnazione (Cass. 6914/2009, 5002/1998, 15501/2009).

Deduzione in fatto, inammissibile in questa sede, è poi quella tendente ad escludere il vincolo di pertinenzialità al reato dell’impresa sequestrata – ritenuto dal tribunale sulla base delle convergenti dichiarazioni dei pentiti P. e Fo., sull’assunto del cambiamento di vita del ricorrente, deducibile dalla richiesta di autorizzazione a svolgere a proprio nome l’attività commerciale, iniziata con limitatissimo investimento, i cui passaggi sono documentati da produzioni. Senza contare che il primo argomento conferma l’ipotesi che il fratello R. sia un mero prestanome, il secondo avvalora la dichiarazione del collaborante P. secondo cui l’attività era stata iniziata con un prestito di cinquemila euro da parte del clan dei Mesagnesi. Così come inammissibile è il vizio di motivazione sollevato in ordine all’esistenza dell’affectio societatis, in quanto il percorso argomentativo del tribunale, sopra ricordato, consente di escludere che si verta in tema di mancanza di motivazione, o di motivazione apparente, unici vizi di motivazione deducibili in questa sede.

Infondata è, infine, la pretesa insussistenza del periculum in mora, non sostenibile sulla base dell’attuale stato di detenzione del ricorrente, sia perchè l’impresa si assume da questi gestita attraverso il fratello R., formale titolare, sia perchè la condizione di detenuto non è necessariamente permanente. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna alle spese.
P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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