Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 27-04-2011) 03-06-2011, n. 22276 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Gip del Tribunale di Brindisi con ordinanza in data 31-12-2010 convalidava il fermo, tra gli altri, di C.G. e gli applicava la misura della custodia cautelare in carcere con la contestazione provvisoria di cui all’art. 416 bis c.p. (sacra corona unita), "in (OMISSIS), con permanenza".

Il pericolo di fuga era collegato alla possibile diffusione della notizia della collaborazione di P.E., già esponente di spicco dell’associazione, il quale avrebbe dovuto tra breve testimoniare in quattro processi in corso dinanzi al tribunale di Brindisi. Ciò rendeva più che probabile che gli associati a lui vicini si dessero alla latitanza, come era già avvenuto per soggetti appartenenti ad altri gruppi, anche per il pericolo di rivelazioni relative a fatti di sangue.

La gravità del quadro indiziario era ritenuta sulla base delle dichiarazioni dei pentiti P. e Ca.Si., ritenute convergenti nonostante talune discrepanze ritenute non decisive in quanto attribuibili a diversi livelli di conoscenza, o comunque relative a dettagli secondari. Dalle prime risultava che C., per quanto non formalmente affiliato (allo scopo di mantenere riservata la sua partecipazione), ricopriva il ruolo di referente economico del gruppo per (OMISSIS), in quanto interessato in due società (CED Costruzioni e IO CASA), la seconda delle quali acquistata dall’indagato, tra il 2006 e i primi mesi del 2008, dopo essersi consultato con il collaboratore di giustizia, e probabilmente intestata a prestanome. Attraverso dette imprese C. svolgeva attività di cassa per il gruppo e per i singoli appartenenti. Inoltre esercitava il controllo sul gioco d’azzardo di (OMISSIS) (nel 2009 anche di Ce.Me.) attraverso un locale gestito dal fratello S.. Dichiarazioni riscontrate da accertamenti della PG che indicavano l’indagato come dipendente della CE.DI. con sede in (OMISSIS), e il fratello come gestore di una sala giochi nella stessa località. Ca., dal canto suo, aveva indicato C. (affiliato con il grado di (OMISSIS)) come referente per (OMISSIS), insieme con C.S., il cui clan è specializzato nel riciclaggio di assegni rubati e di somme provenienti da usura.

L’indagato ricorre personalmente, con unico atto, tanto avverso il provvedimento di convalida che avverso il provvedimento applicativo della misura cautelare. Con il primo ricorso deduce violazione di legge e vizio di motivazione per mancanza dei presupposti del fermo, dolendosi del fatto che il pericolo di fuga sia stato individuato nel pericolo di diffusione della notizia della collaborazione di P., e che la sussistenza del primo sia stata desunta automaticamente dalla gravità del reato contestato, senza riferimento ad elementi specifici, parificando più posizioni processuali, senza tener conto che le dichiarazioni di Ca., alle quali P. ha aggiunto nulla di nuovo, erano da tempo note, e facendo addirittura riferimento a fatti di sangue non ancora oggetto di dichiarazioni e quindi di contestazioni.

Con il ricorso relativo alla misura cautelare vengono dedotte violazione di legge e motivazione meramente apparente con riferimento ai gravi indizi e alle esigenze cautelari.

Le dichiarazioni dei pentiti sono da un lato prive di precisa collocazione temporale, dall’altro in contrasto tra loro su aspetti nevralgici, oppure non riscontrate, o intrinsecamente contraddittorie.

Quanto alle esigenze cautelari, si deduce mancanza di motivazione, in quanto il Gip si è limitato a richiamare quanto dedotto in ordine al pericolo di fuga.
Motivi della decisione

Il ricorso avverso la convalida del fermo è infondato e va disatteso.

E’ in primo luogo del tutto inesatto che il Gip abbia confuso il pericolo di fuga, il cui accertamento si pone quale indispensabile presupposto della convalida del fermo, con il pericolo di diffusione della notizia della collaborazione del pentito P.E..

Per contro il primo giudice ha coerentemente desunto la probabilità che C. facesse perdere la proprie tracce – non occorrendo l’attualità di specifici comportamenti indirizzati verso la fuga, dalla circostanza della diffusione di notizie sintomatiche dell’inizio di una nuova collaborazione (quali l’allontanamento di P. dai luoghi di detenzione dei correi e il suo trasferimento in struttura carceraria del Nord Italia, significativi, nell’ambiente, di dissociazione), foriera di rivelazioni sul conto degli associati ancora liberi, suscettibili di riscontro vicendevole con quelle di altri pentiti (in particolare quelle di Ca., già note).

Nè la correlazione così stabilita tra tali prevedibili rivelazioni e il pericolo di fuga, per quanto potenzialmente comune a più soggetti – peraltro non indefiniti, ma identificabili dall’appartenenza all’associazione, implica il ricorso a parametri a carattere generale ed astratto, configurando invece circostanza individualizzante, specificamente inerente al caso concreto.

C., infatti, alla stregua della contestazione provvisoria che gli è stata mossa sulla base delle rivelazioni di P., risulta rientrare nel novero degli appartenenti alla sacra corona unità.

Nè manca un ulteriore dato a sostegno della convalida del fermo, anch’esso solo in apparenza generico ed estraneo alla posizione del ricorrente, rappresentato dalla latitanza già intervenuta di altri consociati.

Per quanto, infatti, tale circostanza si riferisca a soggetti diversi, essa nondimeno, avvalorando la capacità dell’organizzazione di gestire finanziariamente la latitanza dei propri affiliati, concorre a dare ulteriore plausibilità all’ipotesi che anche il ricorrente potesse rendersi irreperibile.

Il primo motivo del ricorso avverso l’applicazione della custodia cautelare in carcere, è inammissibile. Premesso che il ricorso immediato per cassazione avverso una misura cautelare e1 consentito unicamente per violazione di legge, sicchè può essere dedotta con tale mezzo di gravame solo la totale mancanza di motivazione e non anche la sua insufficienza, incompletezza od illogicità, essendo tale rimedio alternativo alla richiesta di riesame, ove possono esser proposte le censure riguardanti lo sviluppo logico-giuridico delle argomentazioni del provvedimento impugnato, ovvero le prospettazioni del ricorrente in ordine agli elementi probatori acquisiti agli atti (Cass. 44996/2008, 41123/2008), è agevole osservare che il provvedimento impugnato si sottrae alle censure dedotte.

Non sussiste violazione dell’art. 273 c.p.p., comma 1 bis, avendo il Gip fatto corretta applicazione nella valutatone dei gravi indizi di colpevolezza, dei criteri di cui all’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4 (evidenziando, quali elementi a conferma dell’attendibilità di P., le dichiarazioni del collaborante Ca. – la cui non piena sovrapponente a quelle del primo è stata con esauriente e dettagliata motivazione, attribuita a livelli diversi di conoscenza, o comunque riferita a dettagli secondari, e gli accertamenti di PG su alcuni aspetti delle chiamate in corretta), mentre i rilievi relativi alla collocazione temporale del ruolo di C. quale referente economico del gruppo, nonchè alla pretesa contraddittorietà o assenza di riscontri alle chiamate, attengono a vizi di motivazione non deducibili con ricorso immediato. I motivi inerenti alle esigenze cautelari, sono infondati. Non solo, infatti, il Gip ha fatto richiamo alle argomentazioni già svolte in tema di pericolo di fuga nel provvedimento di convalida del fermo, evocando, a sostegno del pericolo di reiterazione del reato l’attivo inserimento nell’associazione e i precedenti penali, ma l’art. 275 c.p.p., comma 3, stabilendo, nel caso di gradi indizi di colpevolezza in ordine al reato di cui all’art. 416 bis c.p., la duplice presunzione di ricorrenza delle esigenze cautelari – salvo prova contraria, nella specie non fornita – e di adeguatezza, questa assoluta, della sola misura custodiale, esonera il giudice da. motivare su tali aspetti.

Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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