T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 07-06-2011, n. 1419 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I ricorrenti impugnavano il provvedimento di concessione edilizia rilasciato ai controinteressati per la costruzione di un’autorimessa poiché ritenevano che non fossero rispettate le distanze minime dal loro fabbricato.

Nell’unico motivo di diritto, infatti, segnalano la violazione dell’art. 9 D.M. 1444\1968 anche da parte della N.T.A. posta a fondamento della concessione che consente la realizzazione di edifici accessori al piano terreno a distanza di cinque metri, mentre secondo la norma citata la distanza minima assoluta è di dieci metri.

Il Comune di Olgiate Comasco si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.

Il ricorso merita accoglimento.

La difesa dei ricorrenti ha prodotto la sentenza del Tribunale di Como che aveva deciso la controversia tra i ricorrenti medesimi e i controinteressati e nella quale, per quanto di interesse nel presente giudizio, era stata negata la diretta applicabilità nei rapporti tra privati dell’art. 9 D.M. 1444\1968 anche superando la normativa urbanistica comunale vigente.

L’interpretazione offerta dal Tribunale di Como è in linea con l’orientamento espresso dalla Suprema Corte in alcune sentenze pure richiamate dalla decisione del giudice lariano (Cass. 3771\01, 5889\97), che però ha sempre sostenuto come la norma contenuta nell’art. 9 D.M. 1444\1968 dovesse ritenersi cogente per l’amministrazione locale superando anche la previsione di norme urbanistiche locali difformi.

In merito all’unico motivo di ricorso non può che ribadirsi un recente orientamento espresso da questa stessa sezione nella sentenza 1282\2011 che in merito ha affermato: "L’art. 9 del D.M. 1444/1968 misura le distanze con riferimento alle pareti finestrate con riferimento a: 2) Nuovi edifici ricadenti zone diverse dalla zona A: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti; Zone C): è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all’altezza del fabbricato più alto.

La giurisprudenza ha costantemente affermato che il d.m. 2 aprile 1968 n. 1444 – emanato in virtù dell’art. 41 quinquies l. n. 1150 del 1942 introdotto a sua volta dall’art. 17 l. 6 agosto 1967 n. 765 (c.d. L. Ponte) – ripete dal rango di fonte primaria della norma delegante la forza di legge, suscettibile di integrare con efficacia precettiva il regime delle distanze dalle costruzioni di cui all’art. 872 c.c.: la regola della distanza di 10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti vincola anche i comuni in sede di formazione e di revisione degli strumenti urbanistici, con la conseguenza che ogni previsione regolamentare in contrasto con l’anzidetto limite minimo è illegittima e va disapplicata, essendo consentita alle amministrazioni locali solo la fissazione di distanze superiori (T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 30 agosto 2007, n. 832).

Con riferimento alla nozione di pareti finestrate la giurisprudenza afferma che "per "pareti finestrate", ai sensi dell’art. 9 d.m. 2 aprile 1968 n. 1444 e di tutti quei regolamenti edilizi locali che ad esso si richiamano, devono intendersi, non (soltanto) le pareti munite di "vedute", ma più in generale tutte le pareti munite di aperture di qualsiasi genere verso l’esterno, quali porte, balconi, finestre di ogni tipo (di veduta o di luce)" (Corte d’Appello Catania, 22 novembre 2003) e considerato altresì che basta che sia finestrata anche una sola delle due pareti (T.A.R. Toscana, Sez. III, 4 dicembre 2001, n. 1734; T.A.R. Piemonte, 10/10/2008 n. 2565).".

Orbene nel caso di specie non vi è dubbio che l’autorimessa di cui alla concessione impugnata sia posta a cinque metri dalla parete finestrata del fabbricato dei ricorrenti.

Ciò comporta l’illegittimità della concessione impugnata in quanto l’art. 15.2.7 delle N.T.A. del Comune, essendo in contrasto con la previsione dell’art. 9 D.M. 1444\1968, deve ritenersi sostituita ope legis dal precetto contenuto in questa norma di diretta applicazione secondo il principio di gerarchia delle fonti che si applica nel caso di contrasto apparente tra le norme.

Il provvedimento va, pertanto, annullato.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione IV, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Condanna il Comune di Olgiate Comasco alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 1.500 oltre C.P.A. ed I.V.A.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *