Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 26-04-2011) 03-06-2011, n. 22274 Associazione per delinquere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale del riesame di Lecce con ordinanza in data 20-12-2010 confermava l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere nei confronti di T.R., emessa dal Gip del Tribunale di Lecce il 23-10-2010, con la contestazione provvisoria di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (capo ps, dal giugno 2009) e di una serie di cessioni di cocaina (capi n e da cc a cq, tra il 1-7-2009 e il 1-1-2010).

Il procedimento nasce a seguito della denuncia di N.M. in data 19-3-2009, relativa ad una tentata estorsione subita ad opera di D.G.L., in (OMISSIS), in occasione della manifestazione (OMISSIS). Dalle successive indagini emergeva la figura di F.D., la quale, intercettata, risultava consumatrice abituale di cocaina e quindi in contatto con varie persone per l’acquisto della sostanza, e tali interlocutori (in particolare V.A.) portavano ad altri soggetti, tra i quali l’indagato T. (risultato in contatto con V.), nonchè L.A., Na.Pi., C.A. e C. M., ritenuti componenti dell’associazione contestata al capo ps.

La prova dei reati fine di cui alle imputazioni provvisorie, era individuata nei risultati di operazioni tecniche di captazione, non solo ritenuti attendibili intrinsecamente ed estrinsecamente, ma riscontrati da operazioni di o.c.p., eseguite in stretto collegamento con gli esiti dell’ascolto delle conversazioni intercettate.

Il tribunale del riesame evidenziava quindi come le cessioni di cui ai capi cc, cf, cg (acquirenti D.M., P. e B.) fossero riscontrate dal sequestro delle dosi di cocaina appena acquistate da costoro dal T. (nel caso di D.M. la consegna era stata vista dagli operanti – e sull’autovettura guidata dall’indagato viaggiava anche L., capo dell’associazione;

P. e B. si erano recati a casa di T., venendo fermati all’uscita), il che induceva a concludere che anche il 19 e il 24.9.2009 (capi ed e ce), quando D.M. e T., in conversazioni intercettate, avevano parlato di un CD e di un caffè, si fossero in realtà riferiti a dosi di cocaina.

Tanto premesso, i giudici del riesame concludevano che anche le cessioni sub ci, ci, cn, co, cp e cq, erano comprovate da conversazioni telefoniche intercettate, caratterizzate di volta in volta, dal fatto che T. affermava di aver notato una pattuglia dei CC, oppure sollecitava la corresponsione di un corrispettivo, o comunque vi era identità di modus operandi rispetto alle cessioni seguite dal sequestro di cocaina. DA 148 a 169 occ..

In ordine alla partecipazione al reato associativo, premessa la ricorrenza dei relativi requisiti (quotidiana disponibilità di stupefacente, presenza di una sia pur rudimentale organizzazione desumibile dal capo cu, possesso da parte di L. di più sim card all’evidente scopo di evitare di essere intercettato), venivano evidenziati a) la presenza di L. a bordo dell’autovettura, in occasione della cessione di un dose da T. a D.M., seguita dal sequestro a quest’ultimo della sostanza, b) il ruolo di indirizzo e controllo di L. nei confronti dei consociati, ai quali in una conversazione (tel. 200, RI 660/2009) il primo si rivolgeva dicendo "la prossima volta che vi dico una cosa, quella deve essere", c) i legami tra gli associati, non spiegabili con rapporti di amicizia, e la loro interscambiabilità (in una occasione C.A., raggiunto telefonicamente da un cliente, lo indirizza a T., mentre da un’altra conversazione risulta che il predetto C. e l’indagato lavorano insieme). La scarsità dei contatti telefonici tra T. e i complici era ritenuta irrilevante data la brevità del periodo di sottoposizione ad intercettazione della sua utenza, mentre la messa a disposizione della sua persona e delle sue risorse per i fini del sodalizio, era ritenuta provata alla stregua delle argomentazioni esposte dal GIP. Ricorre T., per il tramite del difensore avv. Stefano Prontera, con due motivi attraverso i quali deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla gravita indiziaria degli elementi a sostegno, rispettivamente, dei reati fine e della partecipazione al reato associativo.

1) L’ordinanza impugnata incorre in primo luogo nel vizio di illogicità manifesta allorchè afferma che il contenuto delle intercettazioni è riscontrato da operazioni di PG, aggiungendo, con salto logico e in modo incomprensibile, la frase "quanto meno con riferimento al fatto storico della presenza dei mezzi del cui carico si è abbondantemente discusso", senza aver dato conto di quali mezzi si tratti. In secondo luogo, con riferimento alla maggior parte dei reati fine ascritti all’indagato, salvo i tre casi nei quali sono stati effettuati sequestri (cc, cf, cg), il contenuto delle intercettazioni riferibili a T. è neutro e non significativo di attività illecite. Il ricorrente richiama il numero, la data e l’ora di tali conversazioni (relative alle imputazioni provvisorie da ci a cq), per concludere che esse non sono significative, nè il linguaggio usato può definirsi criptico. Ulteriore vizio di illogicità della motivazione è ravvisato nel richiamo a dialoghi inerenti ad imputazioni provvisorie (ad, ag, ah, z) per le quali T. non è indagato. Con riferimento alla contestazione sub cf), si lamenta che i giudici del riesame abbiano ravvisato un elemento a favore della comunanza di interessi tra l’indagato e due componenti dell’asserita associazione ( L. e C.), solo perchè il contatto con l’acquirente era iniziato nel bar gestito da L., dove lavorava anche C., perfezionandosi poi in un altro bar, senza però precisare le modalità del primo contatto (e se quindi in esso fossero stati coinvolti L. o C.). Quanto al capo cg (uno dei casi in cui è intervento il sequestro di sostanza), si assume che, poichè la droga, nella conversazione precedente, era definita biglietti, laddove, in altre conversazioni non sia usato questo, o altro termine criptico, deve concludersi che esse non siano significative di cessione.

2) A fronte della mancanza di un vincolo permanente, dell’esiguità dei contatti tra l’indagato e gli asseriti complici, dell’inesistenza di elementi attestanti che T. si fosse messo a disposizione, in modo duraturo, del sodalizio, l’ordinanza si limita a citare come segno dell’esistenza di questo, incorrendo anche in questo caso in vizio motivazionale, il capo cu), al quale l’indagato è estraneo, nonchè la disponibilità da parte di L. di più sim card, il tono autoritario con cui questi si rivolgerebbe ad altri complici, il ruolo di Na. quale custode dello stupefacente: dati tuti non riferibili al prevenuto.

All’odierna udienza il difensore ha depositato dispositivo di sentenza di altra sezione di questa corte, di annullamento di ordinanza del Tribunale del Riesame di Lecce relativa alla posizione C..
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va disatteso.

1) Sul primo motivo occorre in primo luogo sgombrare il campo dalla questione del riferimento, contenuto nell’ordinanza impugnata, al riscontro alle intercettazioni proveniente da operazioni di polizia che avrebbero accertato la "presenza dei mezzi del cui carico si è abbondantemente discusso".

Per quanto tale riferimento sia in effetti poco chiaro, ciò non riverbera alcun effetto sulla motivazione del provvedimento, comunque esente da vizi in ordine alla gravita del quadro indiziario, con riferimento tanto ai reati fine, quanto al reato associativo.

Riguardo ai reati fine, oggetto della prima doglianza, è pienamente condivisibile il percorso argomentativo del tribunale che, partendo dal dato costituito dal sequestro della sostanza appena ceduta da T. agli acquirenti, che caratterizza gli episodi di spaccio di cui ai capi cc, cf, cg, conclude per la sussistenza della gravita indiziaria anche con riferimento agli episodi di spaccio sub ed e ce, preceduti da telefonate intercettate fra T. e D.M. – uno degli acquirenti delle cessioni seguite da sequestro di sostanza, in cui i due parlano, evidentemente in modo criptico riferendosi in realtà alla cocaina, di un CD e di un caffè. Con altrettanto logica coerenza, poi, il tribunale ha ritenuto riferibili a trattative per l’acquisto di stupefacenti, numerose altre conversazioni telefoniche intercettate tra l’indagato e terzi, il cui carattere neutro, sostenuto nel ricorso, è smentito dal richiamo, puntualmente evidenziato nel provvedimento impugnato e nell’ordinanza genetica della misura, di volta in volta, esmplificativamente all’impossibilità di agire (non è cosa) per la presenza dei carabinieri, al pagamento non effettuato di un corrispettivo, ad un appuntamento per un caffè nei pressi di un ospedale, anzichè in un bar.

Lo stesso ricorrente, del resto, ammette, quanto al capo cp, che il fatto che tale G. avesse domandato a T. se effettuava consegne a domicilio, è riferibile a cessione di stupefacenti. Non rilevante, sotto il profilo della gravita degli indizi in ordine ai reati fine, è la censura di vizio di motivazione in ordine alla comunanza di interessi fra T., L. e C., ritenuta dal tribunale sulla scorta delle modalità del fatto contestato sub cf), doglianza attinente al reato associativo, oggetto del secondo motivo.

2) Circa la gravita del quadro indiziario relativo all’appartenenza di T. al sodalizio capeggiato dal L., si osserva che, per quanto in effetti alcune considerazioni contenute nell’ordinanza impugnata, si riferiscano all’esistenza in sè dell’associazione, o all’appartenenza ad essa di soggetti diversi dall’indagato, nondimeno l’esame congiunto del provvedimento e dell’ordinanza genetica della misura delinea un quadro motivazionale completo, logico e coerente.

Le telefonate intercettate tra T. e L., tra il secondo ed altri appartenenti al sodalizio, e tra T. e questi ultimi – caratterizzate dalla brevità e dalla significativa assenza di indicazione dell’oggetto, prudentemente sottinteso perchè evidentemente noto, mostrano infatti, con elevato grado di gravita indiziaria, connessioni tra l’indagato e il capo dell’associazione e tra il primo e gli altri consociati, evidenziando in particolare una interscambiabilità tra T. e questi ultimi nell’attività di spaccio ai clienti. Ci si riferisce, sotto il profilo dei contatti dell’indagato con gli altri associati, alle conversazioni, puntualmente riportate nell’ordinanza genetica della misura, nelle quali T. è uno degli interlocutori (conversazione 3002 RI 891/09 del 28-9-2009 in cui L. redarguisce l’indagato che stava riposando e gli dice di andare subito da lui; 2223 RI 891/09 del 19-9- 2009, in cui T. parlando con L., lo invita a chiudere la comunicazione in quanto lo richiamerà subito; conversazione 2747 del 24-9-2009, il giorno della cessione a D.M. di cui al capo ce, in cui L. e T., dopo aver parlato in termini incomprensibili, si propongono di richiamarsi o vedersi subito dopo:

il giorno seguente saranno entrambi protagonisti della cessione sub cc a D.M.), oppure si trova presso uno di loro (durante la telefonata 1393 del 13-9- 2009 tra L. e C., il primo informa il secondo che R. è con lui), o ancora è evocato dagli stessi, essendo così la sua presenza immanente (conversazione 1687 RI 660/2009 del 26-7-2009, in cui L. parla con C. di qualcosa che gli serve urgentemente e questi lo informa di essersi già visto con R.; 2112 RI 660/2009 del 6-8-2009, in cui L. dice a C. di andare a casa di R. e C. afferma di essere già lì; 3057 RI 891/09 del 28-9-2009 in cui L. invita C. ad inoltrargli il numero di R.).

La fungibilità tra T. e C. risulta poi da altre conversazioni, pure riportate nell’ordinanza genetica (quella in cui tale Ar. chiama C. per farsi fornire il numero di R.; l’altra in cui A., informato dell’indisponibilità di C., chiede a questi di R.; quelle in cui è proprio C., parlando rispettivamente con Co. e con S., ad invitare i predetti a rivolgersi a T. quale suo referente).

Appare così giustificata la conclusione del tribunale del riesame che, allorchè nella telefonata in cui L. dice "La prossima volta che vi dico una cosa, quella deve essere" – per quanto diretta, come evidenziato dal ricorrente, non all’indagato, ma a C., il rimprovero, formulato al plurale, fosse destinato, nel contesto delle conversazioni precedenti e successive, a riverberarsi anche su T., legittimando l’ulteriore conclusione che L. esercitasse una sorta di predominio anche su di lui.

Mentre nessuna influenza può esercitare sulla presente decisione, la circostanza che, per motivi non noti, altra sezione di questa corte abbia adottato una pronuncia di annullamento con riferimento alla posizione C.. Al rigetto del ricorso segue la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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