Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 27-04-2011) 03-06-2011, n. 22278 misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Gip del Tribunale di Lecce con ordinanza in data 13-1-2011 applicava la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti, tra numerosi altri, di A.L. e L.G., con la contestazione provvisoria di cui all’art. 416 bis c.p. (sacra corona unita), "in (OMISSIS), con permanenza", con la precisazione, per A., della già intervenuta condanna, con sentenza irrevocabile, per il medesimo reato commesso fino all'(OMISSIS), per L. della già intervenuta condanna fino al (OMISSIS). La gravita del quadro indiziario era individuata nelle convergenti dichiarazioni di numerosi pentiti, primo fra tutti P.E., che indicavano A. come responsabile del gruppo dei Mesagnesi di San Pietro Vernotico, L. come passato al clan dei Mesagnesi e referente del gruppo per (OMISSIS), il quale, per quanto residente a (OMISSIS) perchè sottoposto a misura di prevenzione con obbligo di dimora, era probabilmente coinvolto nell’estorsione ai danni di un imprenditore del luogo, S.A., come risultava da intercettazioni disposte nel relativo procedimento, i cui atti erano stati acquisiti in copia al presente.

A. e L. ricorrono per saltum avverso il provvedimento applicativo della misura cautelare per il tramite del difensore, avv. Ladislao Massari.

A. deduce: 1) violazione dell’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. e bis) e comma 2 ter, in quanto a seguito del decreto di fermo, emesso per l’ipotizzato pericolo di fuga conseguente alla diffusione della notizia della collaborazione di P.E., la difesa aveva depositato, nella stessa data dell’emissione dell’ordinanza cautelare, una memoria difensiva, di cui il Gip non aveva tenuto alcun conto, non avendo considerato che, negli anni successivi alla condanna per lo stesso reato, A. aveva subito un lunghissimo periodo di carcerazione e, a partire dal 2005, la sua condotta era stata costantemente monitorata in ragione della sottoposizione prima alla semilibertà poi alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di PS, con obbligo di dimora nel comune di residenza. Il che comportava che le rivelazioni dei pentiti non potevano riferirsi a quel periodo, ma al periodo precedente, già oggetto di condanna passata in giudicato.

2) Violazione dell’art. 192 in relazione all’art. 273 c.p.p., comma 1 bis; motivazione meramente apparente in ordine ai gravi indizi di colpevolezza e alle esigenze cautelari. Il Gip (a differenza del Gip del tribunale di Siena in relazione ad altra posizione, speculare a quella dell’indagato) non ha valutato la cronologia delle dichiarazioni dei pentiti, che potrebbero riferirsi al periodo per il quale è già intervenuta condanna, nè le contraddizioni tra le stesse su punti nevralgici, sicchè la motivazione sulla gravita del quadro indiziario è meramente apparente. Mancante è poi anche la motivazione in punto di ricorrenza delle esigenze cautelari, essendosi il Gip limitato ad affermare che la presunzione di sussistenza non è superata da elementi di segno contrario.

L. deduce a sua volta violazione dell’art. 192 in relazione all’art. 273 c.p.p., comma 1 bis; motivazione meramente apparente in ordine ai gravi indizi di colpevolezza e alle esigenze cautelari.

La censura investe anche in questo caso sia l’omessa motivazione in ordine alle esigenze cautelari, sia la mancata valutazione della cronologia delle dichiarazioni dei pentiti che potrebbero riferirsi a periodo già coperto da giudicato, mentre lo stesso Gip ha ritenuto soltanto probabile il coinvolgimento di L. nell’estorsione in danno di S., senza peraltro tener conto che l’indagato si era trasferito a (OMISSIS) dove risulta aver lavorato dal 9-7-2003 al 2009, essendo tra l’altro sottoposto a misura di prevenzione con obbligo di dimora nel comune di residenza.
Motivi della decisione

Il ricorso proposto nell’interesse di A. è infondato quanto al primo motivo, inammissibile quanto al secondo.

La censura di omesso esame degli elementi a favore dell’indagato forniti dalla difesa, non è suffragata dalla prova del deposito della memoria difensiva prima del deposito dell’ordinanza cautelare.

Infatti i due atti risultano depositati in pari data, senza l’indicazione dell’orario, e nulla avvalora la tesi del deposito anteriore della memoria (neppure l’impaginazione, essendo comunque impaginate prima l’ordinanza e poi la memoria).

La violazione di legge e la motivazione apparente dedotte con il secondo motivo, integrano a ben vedere unica censura di violazione di legge per mancanza di motivazione. Premesso che il ricorso immediato per cassazione avverso una misura cautelare è consentito unicamente per violazione di legge, sicchè può essere dedotta con tale mezzo di gravame solo la totale mancanza di motivazione e non anche la sua insufficienza, incompletezza od illogicità, essendo tale rimedio alternativo alla richiesta di riesame – ove possono esser proposte le censure riguardanti lo sviluppo logico-giuridico delle argomentazioni del provvedimento impugnato, ovvero le prospettazioni del ricorrente in ordine agli elementi probatori acquisiti agli atti- (Cass. 44996/2008, 41123/2008), è agevole osservare che il provvedimento impugnato si sottrae alla censura anzidetta.

Avendo il Gip dato ampiamente conto del superamento della soglia di gravita del quadro indiziario attraverso il richiamo alle convergenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, ed al riscontro da esse reciprocamente esercitato sul nucleo essenziale delle accuse mosse ad A., le doglianze in ordine alla pretesa mancata valutazione della cronologia delle propalazioni e alle asserite contraddizioni tra le stesse, integrano piuttosto vizi attinenti alla sufficienza, completezza e logicità della motivazione, allo sviluppo del percorso logico-giuridico di essa e alla valutazione degli elementi acquisiti, profili tutti estranei, alla stregua della giurisprudenza richiamata, ai limiti del presente giudizio.

I motivi inerenti alle esigenze cautelari, sono poi infondati.

Infatti il disposto dell’art. 275 c.p.p., comma 3, stabilendo, nel caso di gradi indizi di colpevolezza in ordine al reato di cui all’art. 416 bis c.p., la duplice presunzione di ricorrenza delle esigenze cautelari – salvo prova contraria, nella specie non fornita -, e di adeguatezza, questa assoluta, della sola misura custodiale, esonera il giudice dal motivare su tali aspetti.

Del pari infondato, per le stesse ragioni, l’omologo motivo in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari proposto nel ricorso nell’interesse di L..

Così come è inammissibile il motivo inerente ai gravi indizi di colpevolezza dedotto in tale ricorso, che, per quanto articolato in due profili, si risolve, come quello, omologo, del ricorso di A., nell’unica censura di violazione di legge per totale mancanza di motivazione.

Anche in questo caso, peraltro, la sua inammissibilità discende dal rilievo che con esso il ricorrente mette in discussione il percorso argomentativo del provvedimento e la coerenza e logicità della motivazione, proponendo valutazioni alternative degli elementi acquisiti. Censure che, proponibili con la richiesta di riesame, esulano dai confini del presente giudizio.

Al rigetto dei ricorsi segue la condanna di ciascun ricorrente alle spese.
P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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