T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 07-06-2011, n. 1407 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

1, i procuratori delle parti, come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 21 giugno 2001 e depositato il 29 giugno successivo, la società ricorrente ha impugnato il provvedimento adottato dal Comune di Besana Brianza in data 9 maggio 2001, notificato il 16 maggio successivo, attraverso il quale l’Amministrazione comunale, constatata l’illegittimità parziale della concessione edilizia n. 191/89 rilasciata alla ricorrente in data 8 febbraio 1990, ha statuito l’annullamento della medesima, nonché ha disposto la sanzione pecuniaria sostitutiva della riduzione in pristino, anche in considerazione della mancanza di interesse pubblico alla demolizione.

Avverso il predetto provvedimento vengono dedotte le censure di violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 27 della legge n. 47 del 1985 e dell’art. 107 del D. Lgs. n. 267 del 2000, di eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifeste, per errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, per carenza di istruttoria e di motivazione, per contraddittorietà.

Illegittimamente sarebbe stata annullata l’intera concessione edilizia, pur in presenza di una violazione relativa soltanto ad una parte dell’immobile, ricadente in una zona classificata come agricola. Inoltre il rilevante lasso di tempo trascorso – oltre dieci anni – dal rilascio della concessione al suo annullamento avrebbe dovuto indurre il Comune a ponderare meglio la sua valutazione, richiedendosi un interesse concreto ed attuale all’annullamento della concessione, non essendo sufficiente il generico interesse al ripristino della legalità. Nemmeno potrebbe sfuggire alla censura di illegittimità la parte del provvedimento impugnato che trasferirebbe in capo alla ricorrente la scelta di demolire l’immobile piuttosto che pagare la sanzione pecuniaria. Infine, il Comune sarebbe decaduto dalla possibilità di sanzionare la ricorrente, in quanto sarebbe trascorso il termine di diciotto mesi dall’accertamento della violazione, previsto dall’art. 27 della legge n. 1150 del 1942, per annullare le concessioni edilizie illegittime; difatti, almeno a partire dal 6 agosto 1999 il Comune sarebbe stato consapevole della situazione di fatto dell’immobile, vista la proposta di modifiche d’ufficio in sede di approvazione del P.R.G. effettuata dalla Regione, proprio per eliminare la discrasia tra la destinazione della zona su cui insisteva parte del capannone della ricorrente e la stessa costruzione.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Besana Brianza e il Ministero delle Finanze, che hanno chiesto il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. 2129/2001 è stata accolta la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato.

Alla pubblica udienza del 28 marzo 2011, su conforme richiesta dei procuratori presenti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

2. Con l’unica articolata censura la parte ricorrente sostiene che il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo sotto svariati profili, in particolare per aver annullato l’intera concessione, pur in presenza di una violazione parziale, per non aver tenuto conto del legittimo affidamento della ricorrente, visto il rilevante lasso di tempo trascorso tra il rilascio della concessione e il suo annullamento, in assenza di alcun effettivo interesse pubblico, per aver lasciato alla ricorrente la scelta se demolire l’immobile o pagare la sanzione pecuniaria e per la violazione del termine di diciotto mesi dall’accertamento della violazione per sanzionare la stessa.

2.1. La censura, nella parte in cui si riferisce alla mancata ponderazione dell’interesse pubblico con quello privato e alla mancata individuazione di un interesse pubblico concreto ed attuale all’annullamento, non bastando la finalità di garantire il mero ripristino della legalità violata, è fondata.

Dall’esame dell’atto impugnato si evince con chiarezza che l’immobile è stato costruito, in parte, in una zona classificata come agricola – Zona E – e quindi la concessione edilizia rilasciata a suo tempo è parzialmente illegittima.

Tuttavia, oltre alla illegittimità originaria, non è indicato alcun elemento di rilievo che possa indurre a ritenere sussistente, nel caso de quo, un interesse pubblico attuale e concreto all’annullamento della concessione, ulteriore e diverso rispetto a quello del mero ripristino della legalità. Ciò anche in relazione al consistente lasso di tempo trascorso dal rilascio della concessione, avvenuto l’8 febbraio 1990, e l’atto di annullamento della stessa, adottato il 9 maggio 2001.

Anzi, in senso contrario, dall’esame del provvedimento impugnato sembrerebbe emergere la totale assenza di un interesse concreto e attuale all’annullamento dello stesso, viste le testuali affermazioni in ordine all’affievolimento dell’interesse pubblico rispetto alla posizione del privato e alla necessità di tenere conto delle motivazioni di carattere occupazionale e di macroeconomia. Non basta a determinare l’annullamento nemmeno l’asserita consapevolezza dei proprietari in ordine alla parziale illegittimità della concessione (cfr. T.A.R. Veneto, Venezia, II, 30 settembre 2010, n. 5242).

Difatti, nell’ordinamento vige "la regola secondo la quale il provvedimento di annullamento in autotutela costituisce manifestazione della discrezionalità dell’Amministrazione, nel senso che essa non è obbligata a ritirare gli atti illegittimi o inopportuni in quanto tali, ma deve valutare, di volta in volta, se esista un interesse pubblico alla loro eliminazione diverso dal semplice ristabilimento della legalità violata. Siffatto interesse pubblico non viene esplicitato a priori dalla norma, ma deve essere ricavato dalla stessa Amministrazione, caso per caso, attraverso un’attività di "comparazione tra l’interesse pubblico al ripristino della legalità e gli interessi dei destinatari del provvedimento e dei controinteressati"; il tutto, tenendo nella debita considerazione anche la circostanza che il provvedimento da annullare possa avere prodotto effetti favorevoli, valutandone la rilevanza, e che sia trascorso un apprezzabile lasso di tempo (fattore di stabilizzazione) dal momento della sua emissione. (…) Tali elementi, infatti, integrano la nozione di "stabilità della situazione venutasi a creare per effetto del provvedimento favorevole" e rappresentano, in quanto tali, un limite all’esercizio del potere di autoannullamento. Pertanto, nella comparazione tra le esigenze sottese a un intempestivo e pregiudizievole annullamento in autotutela dell’atto e quelle sottese alla conservazione di quest’ultimo, l’Amministrazione, in forza del citato art. 21 nonies (della legge n. 241 del 1990), è tenuta a optare per la soluzione che meglio contemperi la necessità del ripristino della legittimità e la salvezza degli altri interessi concorrenti" (T.A.R. Veneto, Venezia, II, 30 settembre 2010, n. 5242).

2.2. A conferma di quanto evidenziato in precedenza, va aggiunto che anche la determinazione della sanzione è stata influenzata – come emerge dall’esame del provvedimento – dall’affidamento maturato in capo alla parte ricorrente e all’assenza di un interesse concreto e attuale all’annullamento della concessione, visto che prima si ingiunge il pagamento di una sanzione pecuniaria e poi si lascia, illegittimamente, la scelta al privato se procedere al predetto pagamento o alla riduzione in pristino dei luoghi.

3. In conclusione, il ricorso va accolto e, per l’effetto, va annullato l’atto impugnato con lo stesso ricorso. Le restanti censure possono essere assorbite.

4. Le spese seguono la soccombenza nei confronti del Comune di Besana Brianza; possono essere compensate per il resto.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, annulla l’atto con lo stesso ricorso impugnato.

Condanna il Comune di Besana Brianza al pagamento delle spese di giudizio nei confronti della parte ricorrente nella misura di Euro 2.000,00 (duemila/00), oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge; le compensa per il resto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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