Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 12-04-2011) 03-06-2011, n. 22256

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

CELI Davide.
Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Ancona, con sentenza del 20 maggio 2010 ha sostanzialmente confermato la sentenza del Tribunale di Ancona del 12 gennaio 2009 con la quale C.A. era stato condannato per il delitto di furto in abitazione.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentando:

a) la violazione di legge processuale per essere stato giudicato, per il reato di cui all’art. 624 bis c.p. a mezzo di giudizio per citazione diretta e, in subordine, nell’ipotesi di ritenuta ammissibilità di tale giudizio la violazione dei precetti costituzionali di cui agli artt. 3 e 25 da parte della norma di cui all’art. 550 c.p.p., comma 2, lett. f);

b) la violazione dell’art. 649 c.p.p. per essere stato giudicato due volte per i medesimi fatti.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è da rigettare.

2. In primo luogo perchè il ricorrente non si discosta affatto da quanto già ha formato oggetto dei motivi di appello, che sono stati disattesi dalla Corte territoriale.

3. In secondo luogo, con riferimento al primo motivo di rito si osserva come l’avvenuta instaurazione di giudizio per citazione diretta per il contestato delitto di cui all’art. 624 bis c.p. non sia situazione degna di essere tacciata di nullità o di altra patologia invalidante del rapporto processuale.

E’ evidente come la mancata inserzione della suddetta ipotesi delittuosa nell’ambito della disciplina processuale di cui all’art. 550 c.p.p. derivi, innanzitutto, dalla introduzione dell’art. 624 bis c.p. dopo l’entrata in vigore del codice di procedura e, susseguentemente, dalla mancata previsione del necessario adeguamento normativo da parte del legislatore.

Mancato adeguamento che, nella specie, può essere superato con una interpretazione normativa nientaffatto estensiva e tantomeno analogica dell’art. 550 c.p.p., comma 2, lett. f) (v. incidenter tantum sul punto della possibilità di citazione diretta per il delitto di cui all’art. 624 bis c.p., Cass. Sez. 4^ 22 maggio 2009 n. 36881).

Invero, il delitto di furto aggravato, ai sensi dell’art. 625 c.p. e il delitto di furto in abitazione, di cui all’art. 624 bis c.p., risultano, in ogni caso, puniti con la medesima pena detentiva della reclusione da uno a sei anni per cui è improprio parlare, con riferimento al secondo reato, di fattispecie più grave.

Ciò deve valere, all’evidenza, non solo con riferimento al limite edittale della pena, operata dall’art. 550 c.p.p., comma 1 (quattro anni), per poter esercitare l’azione penale a mezzo di citazione diretta, che risulta comunque superato da entrambe le fattispecie in contestazione, ma anche con riferimento alla fattispecie stessa di cui all’art. 625 c.p..

Ulteriormente improprio appare, allora, evidenziare una disparità di trattamento per maggiore gravità del reato e minore garanzia processuale allorquando i fatti siano considerati della medesima gravita dal legislatore, mediante la previsione della stessa sanzione detentiva.

Quanto dianzi espresso vale, pertanto, a ritenere manifestamente infondata l’eccezione di legittimità costituzionale dell’art. 550 c.p.p., comma 2, lett. f) che, così come interpretato, non presenta affatto le presunte violazioni degli artt. 3 e 25 Cost., in situazioni di fatto e di diritto del tutto identiche.

4. Con riferimento all’ultimo motivo del ricorso si osserva, poi, come il mero esame degli atti di causa rilevi l’insussistenza della lamentata violazione dell’art. 649 c.p.p. in quanto i fatti, di cui ai due diversi procedimenti, si sono manifestati in danno di soggetti diversi ( G.U. e N.D.), con modalità diverse (tentato furto in abitazione e furto consumato) e in momenti diversi sia pur vicini, trattandosi di abitazioni delle parti lese contigue.

5. Il rigetto del ricorso determina, in conclusione, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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