Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-02-2011) 03-06-2011, n. 22251

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

iama i motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
Svolgimento del processo

Con sentenza in data 10-6-09 la corte di Appello di Lecce confermava nei confronti di L.C. la sentenza emessa dal Tribunale di Brindisi Sez. Francavilla Fontana in data 28-5-2007, con la quale l’imputato era stato condannato quale responsabile del delitto di cui all’art. 614 c.p., comma 4 – in tal senso modificata l’originaria imputazione di cui al capo B – previa concessione delle attenuanti generiche, ritenute equivalenti alla contestata aggravante, alla pena di mesi uno di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale.

L’imputato era stato inoltre assolto dal reato di cui agli artt. 81, 392 c.p. e art. 393 c.p., comma 2 (che il Giudice aveva contestato su richiesta del PM ad integrazione dell’originaria rubrica).

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo:

1 – la mancata assunzione di una prova decisiva ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. D). A riguardo rilevava che il giudizio era fondato sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa, la cui attendibilità veniva posta in dubbio, evidenziando che sarebbe stata necessaria l’acquisizione della documentazione dell’ASL. Che la difesa aveva proposto, poichè la persona offesa aveva asserito che per effetto della condotta tenuta dall’imputato aveva subito una interruzione della gravidanza.

2 – Con ulteriore motivo deduceva l’inosservanza del principio di correlazione, evidenziando che la contestazione suppletiva viene ammessa solo quando si fondi su elementi emersi per la prima volta nel corso del dibattimento, mentre resterebbero precluse ulteriori contestazioni inerenti ad elementi già noti nella fase delle indagini preliminari, onde rilevava la nullità della sentenza per violazione dell’art. 522 c.p.p., comma 2. 3- Con il terzo motivo il ricorrente deduceva la illogicità della motivazione, rilevando che, al di là della testimonianza resa dalla Sig. C., che non si riteneva attendibile, la sentenza risultava meritevole di riforma, atteso che la violazione di domicilio non era ipotizzabile, dato che l’immobile del quale si trattava non era domicilio di nessuno, non essendo inclusi nel concetto di domicilio, ai sensi dell’art. 614 c.p. degli immobili non adibiti ad abitazione, perchè disabitati o non dati in locazione.

Nella specie la parte lesa non aveva ancora effettuato il trasloco, e tale circostanza non era stata considerata rilevante dalla Corte ai fini della decisione.

A sostegno di tali elementi la difesa evidenziava il contenuto di deposizioni testimoniali, secondo le quali il 5 luglio la famiglia C. aveva eseguito un trasloco, e il L. alla fine della giornata aveva ricevuto in consegna le chiavi dell’appartamento, circostanza che avrebbe escluso la realizzazione della condotta criminosa.

Infine la difesa rilevava che a seguito della sentenza di appello il reato risultava estinto per prescrizione, essendo stato commesso in data 1-7-2001.

In conclusione chiedeva pertanto l’annullamento della sentenza.
Motivi della decisione

Il ricorso deve ritenersi dotato di fondamento in riferimento alla censura formulata con l’ultimo motivo di gravame.

Invero deve evidenziarsi che nella specie, si tratta della condotta di colui che si trovava nella posizione di proprietario dell’immobile, per il quale non era ancora perfezionata la vendita, onde la possibilità di accedere all’appartamento nel quale si stava collocando il mobilio della parte che ivi si accingeva a trasferirsi, va valutata in riferimento ad un alloggio non ancora abitato da altri.

Sul punto, seguendo l’indirizzo giurisprudenziale di questa Corte – per cui si richiama sentenza Sez. 1^ – del 9 gennaio 2004 – 2 marzo 2004, n. 9607 – CED 227223 – va rilevato che "Ai fini della configurazione del delitto di violazione di domicilio, per "abitazione" si intende il luogo adibito ad uso domestico di una o più persone; non è tale – difettando il requisito dell’attualità dell’uso domestico – l’appartamento non ancora abitato dal proprietario, tanto più se esso contiene mobili ed effetti personali di pertinenza del soggetto imputato".

Conseguentemente questa Corte ritiene di dovere escludere la sussistenza del reato ascritto al ricorrente, trattandosi di alloggio che era ancora nella titolarità dell’imputato, e che non risultava al momento in cui si verificò l’accesso del predetto proprietario abitato da altri.

In tal senso va censurata pertanto la decisione impugnata, per erronea applicazione della fattispecie di cui all’art. 614 c.p..

Ogni ulteriore deduzione del ricorrente resta assorbita da tali considerazioni, e la Corte deve pronunziare pertanto l’annullamento senza rinvio dell’impugnata sentenza, perchè il fatto non sussiste.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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