T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. II, Sent., 07-06-2011, n. 532 Ricorso per l’esecuzione del giudicato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il presente gravame le Società ricorrenti hanno chiesto l’esecuzione delle sentenze di questo Tribunale nn. 972/09, 1327/09 e 1328/09 – integralmente confermate in sede d’appello dal Consiglio di Stato – che avevano annullato la selezione esperita dal comune di G.A. per la scelta del socio privato di una costituenda società di trasformazione urbana, deputata alla realizzazione di un vasto intervento edilizio nel territorio comunale, nonché gli altri atti posti in essere dalla costituita STU come illegittimamente composta.

Le Società ricorrenti, infatti, lamentano l’inerzia del Comune di Glfo Aranci, che non avrebbe provveduto a dare formale esecuzione alle sentenze impugnate, la cui esecutività non era stata mai sospesa.

In sede i gravame, si richiedevano numerosi adempimenti formali assumendo, ai fini della qualificazione dell’interesse:

– che la R.I. Srl è proprietaria di parte dei terreni interessati dal progetto edilizio, su cui l’Amministrazione aveva avviato la procedura di esproprio per pubblica utilità;

– che la STU G.A. Spa, autorizzata dal Comune, aveva occupato le aree di proprietà della R.I. Srl, eseguendovi lavori modificativi dello status dei luoghi;

– che la STU G.A. Spa aveva altresì consentito ad un pool di banche di iscrivere ipoteca sui terreni della R.I..

– che la STU G.A. Spa è tutt’ora esistente, in quanto non è stata è ancora cancellata dal Registro Ditte della CCIAA di Sassari.

Per resistere al ricorso si è costituita la società G.A. S.p.a. – Società di trasformazione urbana.

La P.&.C.R.E. Spa, in qualità di socia della STU G.A. Spa, ha svolto intervento ad opponendum.

Entrambe hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso per l’ottemperanza.

In particolare, ad avviso delle resistenti, difetterebbe uno dei requisiti che legittimano alla proposizione del rimedio esperito, pendendo sulle sentenze del TAR, pur confermate dal Consiglio di Stato, un giudizio di cassazione per motivi di giurisdizione, ed altresì un giudizio per revocazione.

Alla camera di consiglio del 4 maggio 2011, sentiti i difensori delle parti, la causa è stata posta in decisione.
Motivi della decisione

L’eccezione d’inammissibilità sollevata dalle parti resistenti è infondata.

Ai sensi dell’art. 33 della legge 31 dicembre 1971, n. 1034, comma 5 (introdotto dalla legge 31 luglio 2000, n.205), "per l’esecuzione delle sentenze non sospese dal Consiglio di Stato il Tribunale amministrativo regionale esercita i poteri inerenti al giudizio di ottemperanza al giudicato di cui all’art. 27, primo comma, numero 4), del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, e successive modificazioni".

Inoltre, il Codice del processo amministrativo di cui al d. lgs. 2 luglio 2010, n. 156, dispone oggi (art. 112, comma 2) che "l’azione di ottemperanza può essere proposta per conseguire l’attuazione:

(…)

b) delle sentenze esecutive e degli altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo".

Ebbene, le sentenze impugnate nel presente giudizio sono senz’altro esecutive, essendo state confermate dal Consiglio di Stato in sede d’appello.

Peraltro, in sede di ricorso per cassazione, non risulta nemmeno chiesta la sospensione delle sentenze che il Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 111 del Codice, può disporre in caso di eccezionale gravità ed urgenza.

Infine, in sede giudizio per revocazione, non è prevista la possibilità di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata (cfr. artt. 106 e 107 del d. lgs. n. 156/2010).

Il ricorso in esame è peraltro parzialmente inammissibile sotto altro profilo.

Nei confronti delle sentenze di annullamento cd. autoesecutive, infatti, non è dato il rimedio del giudizio di ottemperanza, il quale presuppone che la sentenza di annullamento contenga, anche solo in modo implicito, ulteriori statuizioni volte ad ordinare all’amministrazione il compimento di una consequenziale attività materiale ovvero giuridica, al fine di attribuire al ricorrente l’utilità effettiva che questi ha inteso conseguire con la proposizione del ricorso, e che alle doverose successive prescrizioni l’autorità amministrativa, rimasta inottemperante, non abbia dato spontanea esecuzione.

Ciò premesso, resta evidente che le numerosissime richieste di atti che, ad avviso delle ricorrenti, l’amministrazione comunale di G.A. avrebbe omesso di adottare, e in relazione ai quali si chiede, appunto, l’ottemperanza alle sentenze n. 972/09, n. 1327/09 e n. 1328/09, con eventualmente la nomina di un commissario ad acta, in parte non attengono ad adempimenti conseguenziali alle sentenze medesime, essendosi già prodotto l’effetto giuridico (caducazione dell’atto) che parte ricorrente vorrebbe far derivare dagli ulteriori invocati provvedimenti; in altra parte, già alla luce delle sentenze di questo TAR, si tratta di richieste sostanzialmente inutili agli effetti perseguiti dal ricorrente, attesa la sopravvenuta automatica inefficacia degli atti per i quali si chiede un espresso annullamento; oppure, ancora, si tratta di richieste che attengono a questioni del tutto estranee al decisum.

In particolare, a titolo esemplificativo, con un primo gruppo di richieste:

si chiede al n. 1 del ricorso l’adozione di un atto di "espresso annullamento della delibera del Consiglio comunale di G.A. n. 55 del 221001, con espresso annullamento della dichiarazione di pubblica utilità". Si tratta, evidentemente, di una richiesta del tutto superflua, e come tale inammissibile, giacché l’annullamento della delibera n. 55/2001 è stato espressamente disposto dal Tribunale con le stesse sentenze delle quali si chiede oggi l’esecuzione.

Analoga considerazione dev’essere rivolta alle richieste di cui ai numeri 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 20, 21 22, 23, 25, 26 (da ritenersi, in realtà, riferito alla delibera n. 71 del 2.11.2006), 36, 37;

Quanto al secondo gruppo di richieste:

si chiede (ad es., al n. 2) un atto di "espresso annullamento della delibera di Giunta Comunale del Comune di G.A. del 6082002 e di quelle precedenti e successive tutte inerenti all’incarico del Dr. A G, quale consulente strategico per la realizzazione della S.T.U., con annesso recupero dei fondi pubblici allo stesso illegittimamente elargiti". Si tratta, in questo caso, di una richiesta di adempimento del tutto estranea al contenuto delle decisioni del Tribunale per le quali oggi si chiede l’esecuzione, come tale inammissibile. Oppure, come quelle relative alle richieste di annullamento degli atti notarili relativi alla costituzione della STU, si tratta di questioni che, quanto ai profili di lesività lamentati della ricorrente, sono superate dall’intervenuta caducazione delle delibere comunali di scelta del socio privato della STU.

Analoga considerazione dev’essere rivolta alle richieste di cui ai numeri 3, 4, 5, 19, 24, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 38, 39, 41 e alle lettere B), D), E), F), G) del ricorso.

In ordine alle ulteriori richieste di cui al n. 40, e alla successiva lettera C dell’atto introduttivo del giudizio, concernenti al richiesta di ripristino dello stato dei luoghi e la restituzione dei terreni di proprietà occupati dalla STU, il ricorso merita invece accoglimento.

Trattasi, infatti, di effetto tipico della sentenza di annullamento di un procedimento espropriativo, riconducibile a quello comunemente qualificato dalla dottrina e dalla risalente giurisprudenza del Consiglio di Stato (IV, 24 giugno 1960 n. 688 e 23 giugno 1950 n. 311), mai smentita dalla Corte regolatrice, come effetto ripristinatorio del giudicato, azionabile, in via esecutiva, al pari dell’effetto conformativo con il rimedio dell’ottemperanza (Ad.plen. 22 dicembre 1982 n. 19 e 1° giugno 1983 n. 14).

L’azione volta alla restituzione del bene costituisce strutturalmente attuazione del decisum e quindi trova la sua naturale allocazione in sede di giudizio di ottemperanza, in quanto consente e determina quell’adeguamento dello stato di fatto allo stato di diritto che rappresenta la finalità tipica di tale giudizio (v. già Ad.plen. 2 giugno 1983 n. 15) e realizza quell’esigenza di completamento della tutela giurisdizionale amministrativa affermata dalla Corte regolatrice sin dalla nota sentenza a Sezioni unite 8 luglio 1953 n. 2157, ribadita più di recente dalla Corte costituzionale (sentt. n. 495 del 1995 e n. 204 del 2004).

All’adeguamento dello stato di fatto allo stato di diritto, come definito in sentenza, può pervenirsi, quindi, mediante restituzione di beni, accompagnata dalla riduzione in pristino ove l’originaria situazione fattuale abbia subito indebite modificazioni.

Pertanto, il Tribunale dispone che, nel termine di 90 giorni dalla notifica o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, l’amministrazione comunale di G.A. provveda alla restituzione dei terreni di proprietà delle ricorrenti interessati dalla procedura di esproprio avviata dalla STU e annullata in questa sede giurisdizionale, con rimozione delle opere eventualmente poste in essere, avvertendo che per il caso di persistente inadempimento procederà alla nomina di un commissario ad acta per gli eventuali interventi in via sostitutiva, con addebito delle spese.

In ragione della reciproca soccombenza, peraltro, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda)

Accoglie il ricorso nei limiti indicati in motivazione, dichiarandolo inammissibile per il residuo.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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