Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 04-02-2011) 03-06-2011, n. 22248

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e di inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con il provvedimento indicato in epigrafe il Tribunale di Torino sezione del riesame, adito ex art. 309 c.p.p., ha respinto il gravame proposto da S.A. avverso l’ordinanza in data 23.10.2010, con la quale il Tribunale di Torino – giudicando ai sensi dell’art. 449 c.p.p. (convalida dell’arresto in flagranza di reato e susseguente giudizio direttissimo) – ha applicato al S., convalidatone l’arresto, la misura cautelare della custodia in carcere in ordine ai reati di resistenza plurima e lesioni personali volontarie a pubblico ufficiale commessi il 21.10.2010. Reati unificati da continuazione, per i quali nella stessa data del 23.10.2010 il Tribunale torinese ha definito, nelle forme del giudizio abbreviato, la posizione processuale del S., condannandolo alla pena di sei mesi di reclusione.

Il Tribunale del riesame ha confermato il provvedimento cautelare, valutando infondati i rilievi avanzati dal S. in punto di asserita insussistenza delle esigenze cautelari giustificanti la misura carceraria (unico profilo di doglianza formulato dall’imputato), avuto riguardo al concreto pericolo di commissione di ulteriori fatti criminosi della stessa specie, fatto palese dal precedente penale specifico e recente del S. e dalla sua personalità antisociale ("dedito all’abuso di sostanze alcoliche"), sì da renderlo bisognevole di assistenza e vigilanza, non garantite dalla misura cautelare degli arresti domiciliari, invocata in subordine dal S..

2. Contro la decisione del Tribunale del riesame ha proposto ricorso per cassazione il difensore di S.A., lamentando violazione di legge ( art. 275 c.p.p., comma 1 bis, in rel. art. 274 c.p.p., lett. c) ed insufficienza e illogicità della motivazione in riferimento al carente apprezzamento delle esigenze cautelari e della adeguatezza della misura cautelare carceraria rispetto alla reale pericolosità del prevenuto ed al concreto pericolo di recidività criminosa.

3. Nelle more dell’odierno giudizio di legittimità, il difensore fiduciario del ricorrente ha inviato a questa Corte una nota in data 26.1.2011, con cui comunica che il S. ha rinunciato all’appello proposto avverso la citata sentenza del Tribunale di Torino del 23.10,2010, così determinando il passaggio in giudicato della decisione di condanna. Alla comunicazione è allegata copia dell’ordinanza del 14.1.2011, con cui la Corte di Appello di Torino ha dichiarato inammissibile l’appello per intervenuta rinuncia al gravame, ordinando l’esecuzione dell’impugnata sentenza di primo grado.

4. Per i conseguenti effetti l’odierno ricorso del S. deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse dell’imputato alla decisione.

Questa S.C. ha avuto modo di chiarire come – anche quando si contesti con ricorso per cassazione la sussistenza delle condizioni legittimanti l’originaria emissione di una misura cautelare personale con riguardo alle esigenze cautelari che la giustificano – sia indispensabile la verifica della attualità e concretezza dell’interesse alla decisione, avuto riguardo alla regola generale fissata dall’art. 568 c.p.p., comma 4 (applicabile anche, per la sua generale latitudine, in materia de liberiate), secondo cui è requisito di ammissibilità di ogni impugnazione la persistenza di un interesse effettivo e attuale, finalisticamente diretto a rimuovere un pregiudizio reale e specifico, che la parte affermi di aver subito dal provvedimento impugnato. L’interesse alla decisione del ricorso non può tradursi in una mera ed astratta pretesa ad una rituale esattezza teorica dell’atto censurato, destituita di effetti pratici sull’economia del procedimento o sui suoi futuri sviluppi. Ne discende che l’interesse del soggetto interessato ad ottenere una pronuncia invalidante una ordinanza cautelare, quando questa – nelle more della decisione – abbia esaurito la propria funzione cautelare, trasfondendo il perdurante stato restrittivo del ricorrente sotto un diverso nomen iuris (detenzione esecutiva), non può essere presunto o considerato in re ipsa sussistente, ma deve essere addotto e argomentato dall’indagato e il giudice deve vagliarne concretezza ed attualità (v.: Cass. Sez. 2, 19.12.2008 n. 3173, Di Martino, rv.

242474; Cass. Sez. 4, 6.5.2009 n. 26636, Turloiu, rv. 244877). Nel caso di specie, per altro, deve riconoscersi alla corretta comunicazione dell’intervenuta definitività della sentenza di merito inviata dal difensore del S. proprio lo scopo di segnalare una sostanziale rinuncia del "condannato" alle doglianze espresse con il ricorso sul proprio status libertatis.

Per il generale principio di cui all’art. 91 c.p.c. non può considerarsi soccombente e non deve, dunque, essere condannato al pagamento delle spese del processo e della sanzione pecuniaria di cui all’art. 616 c.p.p. il ricorrente la cui impugnazione sia dichiarata inammissibile per carenza di interesse determinata, come nel caso in esame, da causa successiva alla proposizione del ricorso.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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