Cons. Stato Sez. IV, Sent., 08-06-2011, n. 3507 Ordinamento giudiziario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ssandro Lucchetti e l’avvocato dello Stato Giustina Noviello;
Svolgimento del processo

1. Con appello depositato in data 8 ottobre 2010, il Ministero della giustizia ed il Consiglio superiore della Magistratura impugnano la sentenza 28 aprile 2010 n. 8672, con la quale il Tar Lazio, sez. I, in accoglimento del ricorso proposto dal dott. V. L., ha annullato gli atti (tra i quali, in particolare, la proposta del "plenum" del CSM 24 luglio 2009 e il decreto del Ministro della Giustizia di nomina del dott. G. G. a Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Camerino.

Il Tribunale, preso atto delle distinte realtà caratterizzanti il dott. G. ed il dott. L. (il primo, destinatario della nomina, non ha mai svolto funzioni direttive o semidirettive, ed inoltre è stato nominato magistrato con D.M. 13 maggio 1980; il secondo, invece, è stato per otto anni – 2001/2009 – titolare di un incarico direttivo requirente, quale Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ancona, nonché dotato di anzianità di servizio superiore, essendo stato nominato con D.M. 16 ottobre 1969), ha evidenziato una "carenza di motivazione e la sostanziale illogicità della scelta operata", affermando:

a) che "nella valutazione comparativa, il giudizio di prevalenza attribuito al candidato che non abbia mai svolto funzioni direttive o semidirettive deve necessariamente agganciarsi al positivo riscontro di diversi e superiori profili attitudinali e di meritevolezza, tali da giustificare la prevalenza". In tal senso, la motivazione della scelta effettuata in favore del candidato privo dei predetti incarichi e di minore anzianità deve "fornire una esaustiva rappresentazione del perché lo svolgimento pregresso delle funzioni direttive o semidirettive sia recessivo rispetto agli ulteriori profili di cui, in esclusiva o in misura del tutto prevalente, sia in possesso l’altro candidato";

b) che "la circostanza che il dott. G. abbia un complessivo profilo di eccellenza e pregnanti esperienze investigative, in assenza di una specifica comparazione con il dott. L., non ne attesta di per sé la maggiore idoneità a ricoprire l’incarico";

c) che non vengono forniti concreti elementi per far rilevare la maggiore idoneità del dott. G. (che, peraltro, ha svolto funzioni requirenti quale Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari fino al 2003, in quanto dal gennaio 2004 è Consigliere presso la Corte d’Appello di Bari), a fronte del dott. L. che ha svolto per otto anni l’incarico di Procuratore della Repubblica di Ancona "tribunale niente affatto secondario… peraltro capoluogo della Regione di cui fa parte Camerino";

d) che i due profili su cui si fonda il giudizio di maggior idoneità del dott. G., e precisamente la particolare complessità della realtà giudiziaria in cui sono maturate le sue esperienze, nonché le dimensioni ridotte dell’ufficio da conferire, non rilevano, in quanto il primo si rivela non utile, poichè "la Procura di Camerino non è connotata dalla particolare complessità che caratterizza la Procura di Bari", mentre il secondo non è sufficiente a giustificare la maggiore idoneità;

e) che quanto evidenziato dal Plenum del CSM, in ordine al fatto che la pur positiva esperienza maturata dal L. nelle funzioni direttive "non appare caratterizzata da quella operatività e capacità di gestione dimostrate nell’attività giurisdizionale dal dott. G. sia nel settore requirente che in quello giudicante", oltre ad essere "sostanzialmente illogico… è comunque sfornito di supporto probatorio".

Avverso tale decisione, il Ministero della Giustizia e il CSM hanno proposto i seguenti motivi di appello:

a) error in iudicando, in quanto la motivazione della delibera del CSM "appare perfettamente congrua e logica", poiché con essa, facendosi corretto uso dei criteri dettati dalla Circ. n. 13000/1999, in rapporto agli indicatori delle attitudini direttive di cui alla risoluzione 10 aprile 2008, si è ritenuto "che il dott. G. presentasse un profilo curriculare tale da renderlo il candidato maggiormente idoneo a ricoprire l’ufficio direttivo messo a concorso";

b) il CSM, senza sottovalutare o ignorare "la pluralità di esperienze ed i meriti acquisiti dal ricorrente nella propria carriera", procede ad una valutazione attitudinale dei candidati "in funzione delle esigenze specifiche dell’ufficio da conferire", senza che possano registrarsi "automatismi nella scelta del magistrato maggiormente idoneo, discendenti dalle funzioni precedentemente svolte";

c) il CSM, pur riconoscendo che il ricorrente dott. L. "è un magistrato di ottimo livello", ha ritenuto le sue qualità professionali recessive rispetto a quelle del dott. G., che "ha dato prova di avere acquisito un patrimonio conoscitivo tale da qualificare il complessivo profilo professionale del magistrato in termini di eccellenza, nell’ambito di una valutazione comparativa mirata alla individuazione del candidato maggiormente idoneo a ricoprire l’incarico di Procuratore della Repubblica di Camerino";

d) la delibera CSM presenta una "logica, articolata e conferente motivazione, che giustifica la prevalenza del dott. G…. e risulta ancorata ad inequivoche circostanze oggettive, che chiaramente emergono dal suo profilo curriculare";

e) inoltre, mentre "deve escludersi la rilevanza del criterio dell’anzianità fra i candidati", né le fonti primarie né i criteri forniti dal CSM "prescrivono che i candidati devono essere posti a raffronto in modo analitico, con riguardo a ciascuno dei parametri prestabiliti ovvero ad ognuna delle singole esperienze poste in evidenza dai candidati". Peraltro, il curriculum professionale del dott. G. è più ricco e significativo di quello del dott. L. (v. pagg. 24 -27 ricorso);

f) inoltre, con riferimento alla direzione di un ufficio giudiziario di ridotte dimensioni, l’avere il dott. L. diretto un ufficio "di rilevante impegno e complessità", il che lo ha "visto impegnato in maniera pressochè esclusiva nel settore dell’organizzazione e gestione delle risorse umane e materiali", non corrisponde alle esigenze proprie di una Procura di ridotte dimensioni, dove si impone al capo dell’ufficio un "coinvolgimento diretto nell’attività giudiziaria quotidiana". Di conseguenza, "ad un ufficio di così piccole dimensioni, che costringe chi lo dirige ad occuparsi direttamente di tutte le funzioni riferibili al ruolo – giudiziarie, amministrative ed organizzative – il CSM ha considerato maggiormente adatto un magistrato dinamico ed estremamente attivo, ricco di svariate esperienze giudicanti e requirenti, in grado di occuparsi in maniera sicura e preparata di tutti i settori dell’ufficio".

2. La sentenza del TAR Lazio n. 8672/2010 è stata impugnata anche dal dott. G., il quale ha proposto i seguenti motivi di gravame:

a) error in iudicando; omessa declaratoria dell’inammissibilità del ricorso proposto in I grado dal dott. L. in quanto rivolto avverso atti meramente endoprocedimentali; omessa declaratoria dell’improcedibilità del ricorso di I grado per mancata tempestiva impugnazione dell’atto conclusivo del procedimento; ciò per non avere il ricorrente dott. L. impugnato il DPR di nomina del dott. G., atto conclusivo del procedimento;

b) error in iudicando; omessa declaratoria dell’inammissibilità del ricorso proposto in I grado dal dott. L., in quanto volto a sindacare nel merito delle valutazioni operate dal CSM;

c) la sentenza appellata "ha evidentemente errato nel ritenere sussistente a carico del CSM un "obbligo rafforzato di motivazione", atteso che di questo non c’è menzione in alcuna norma di legge e/o neppure in nessuna circolare dello stesso organo di autogoverno";

d) anche a volere ritenere sussistente un "obbligo rafforzato di motivazione", la sentenza appellata "ha comunque errato nel ritenere che questo non sia stato pienamente assolto dai provvedimenti gravati", atteso quanto rilevabile dagli atti impugnati (ed evidenziato a pagg. 2732 appello) ed emergente anche da una "dettagliatissima comparazione delle posizioni dei due candidati" (pagg. 3234 appello);

e) l’attitudine dei candidati "non doveva essere desunta soltanto dal pregresso svolgimento di un incarico direttivo… bensì anche da tutti gli altri elementi", così come debitamente specificati nell’atto di appello, mentre la sentenza appellata "assolutizza la valutazione di uno soltanto dei predetti elementi", con palese erroneità della motivazione.;

f) una "esperienza professionale maturata…in un contesto di particolare complessità è chiaramente idonea a comprovare le attitudini di un candidato a svolgere funzioni in una sede connotata, invece, da dimensioni ridotte, anche sotto il profilo dell’organico da gestire, e da un minor numero di giudizi pendenti";

g) l’affermazione del CSM, a tenore della quale l’esperienza maturata dal dott. L. nelle funzioni requirenti direttive non risulta connotata da quella operatività e capacità di gestione dimostrate nell’attività svolta dal dott. G. sia nel settore requirente che in quello giudicante", è affermazione che "risponde a verità e rientra all’evidenza nei canoni di logicità ove solo si proceda alla comparazione dei curricula dei due candidati";

h) infine, il giudice di I grado, nei passaggi della sentenza indicati nell’atto di appello, "ha all’evidenza operato una valutazione di merito ed ha formulato un giudizio comparativo sulle attitudini professionali degli aspiranti, sostituendolo e sovrapponendolo a quello reso dall’organo a cui la legge assegna tale compito in modo esclusivo".

Si è costituito nel presente giudizio il dott. L., il quale ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza, ed ha richiesto la condanna dell’amministrazione, per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., alla refusione del danno equitativamente stabilito in Euro cinquantamila.

Con ordinanza 10 novembre 2010 n. 5176, questo Consiglio di Stato, in accoglimento della domanda di misure cautelari, ha disposto la sospensione dell’esecutività della sentenza di I grado.,

All’odierna udienza, la causa è stata riservata in decisione.
Motivi della decisione

3. Gli appelli sono infondati e devono essere, pertanto, respinti, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Innanzi tutto, il Collegio ritiene infondati i motivi di impugnazione con i quali il dott. G. prospetta sussistente l’error in iudicando del primo giudice:

– nel primo caso (sub 2.a dell’esposizione in fatto), per avere omesso di pronunciare sulla eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo in quanto rivolto avverso atti endoprocedimentali, nonché sull’improcedibilità dello stesso, stante l’omessa impugnazione del DPR di nomina del dott. G. a Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Camerino, atto conclusivo del relativo procedimento;

– nel secondo caso (sub 2.b), per omessa declaratoria di inammissibilità del medesimo ricorso, in quanto volto a sindacare nel merito delle valutazioni operate dal CSM.

Quanto al primo caso, occorre osservare che con il ricorso introduttivo del giudizio di I grado, il dott. L. ha impugnato, tra gli altri, anche il "successivo ulteriore D.M. Giustizia – allo stato non conosciuto dalla parte ricorrente – di nomina del dott. G. G.".

Appare, dunque, evidente che il ricorrente, oltre agli atti del procedimento di conferimento dell’incarico direttivo per cui è causa, ha inteso impugnare anche l’atto conclusivo del relativo procedimento.

La circostanza che nell’epigrafe del ricorso ci si riferisca, erroneamente, ad un D.M. Giustizia, anziché al DPR di conferimento incarico (unica tipologia di atto prevista dall’art. 1, comma 1, lett. f) l. 12 gennaio 1991 n. 13, per il conferimento di incarichi direttivi a magistrati) non può affatto escludere la evidente volontà del ricorrente di impugnare l’atto conclusivo del procedimento, desumibile non solo dall’epigrafe dell’atto stesso, ma anche dal complessivo contenuto dei motivi di ricorso. Né una errata indicazione dell’atto impugnato – per un evidente favor che deve interessare il diritto alla tutela giurisdizionale, costituzionalmente garantito – può comportare inammissibilità del ricorso, laddove tale errore sia evidente e non insorga dubbio in ordine all’oggetto dell’impugnazione.

E’ inoltre il caso di notare che il ricorso introduttivo è stato notificato in data 27 ottobre 2009, mentre il DPR è stato emanato il precedente 25 settembre 2009 e poi pubblicato sul Bollettino ufficiale del Ministero il 31 dicembre 2009, e pertanto lo stesso era già esistente alla data di proposizione del ricorso.

Pertanto i due profili (speculari) del primo motivo di appello sono ambedue infondati, non essendo stato il ricorso proposto esclusivamente avverso atti endoprocedimentali, né avendo il dott. L., ricorrente in I grado, omesso di impugnare l’atto conclusivo del procedimento.

Quanto al secondo caso, come ha già evidenziato il giudice di I grado, il ricorrente ha proposto motivi di gravame volti ad evidenziare figure sintomatiche di eccesso di potere vizianti gli atti impugnati. Egli, dunque, non si è spinto a censurare, nel merito, le valutazioni che non possono che competere all’organo di autogoverno della magistratura, ma ha solo prospettato profili di difetto di congruità e ragionevolezza della motivazione nonché di difetto di consequenzialità (illogicità) tra presupposti argomentativi e determinazione concretamente adottata.

Ed è noto come tali vizi di legittimità dell’atto, lungi dallo sconfinare nel merito, rientrano pienamente nel sindacato giurisdizionale di legittimità del giudice amministrativo, che, lungi dal sovrapporre una propria autonoma valutazione a quella dell’organo amministrativo può sindacare gli atti da questo adottati in esercizio di potere discrezionale, oltre che per violazione di legge, anche per eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza o travisamento dei fatti, nonché per carenza di motivazione o di istruttoria.

Ed è quanto ha fatto nel caso di specie, sulla scorta dei motivi di ricorso – anche per le ragioni di seguito esposte – il giudice di I grado, dovendosi quindi escludere (con ciò rigettando anche il motivo di appello sub 2.h) dell’esposizione in fatto) che la sentenza di i grado abbia sconfinato nel merito, con sovrapposizione della valutazione del giudice a quella propria del CSM.

4. La sentenza appellata ha evidenziato come la disciplina applicabile al caso di specie sia costituita dall’art. 12, co. 10, d. lgs. n. 160/2006, nonché dalla circolare del CSM n. 13000/1999, come integrata dalla delibera del CSM 21 novembre 2007, par. 5, e dalla risoluzione del CSM 10 aprile 2008.

L’art. 12, co. 10, citato, prevede che, per il conferimento (tra l’altro) delle funzioni direttive requirenti di I grado, "oltre agli elementi desunti attraverso le valutazioni di cui all’articolo 11, commi 3 e 5, sono specificamente valutate le pregresse esperienze di direzione, di organizzazione, di collaborazione e di coordinamento investigativo nazionale, con particolare riguardo ai risultati conseguiti, i corsi di formazione in materia organizzativa e gestionale frequentati nonché ogni altro elemento, acquisito anche al di fuori del servizio in magistratura, che evidenzi l’attitudine direttiva.".

La circolare n. 13000/1999 prevede che, ai fini del conferimento di tutti gli uffici direttivi, si tiene conto dei criteri delle attitudini, del merito e dell’anzianità, opportunamente integrati tra loro.

Inoltre – così come esposto anche nella sentenza impugnata – la risoluzione 10 aprile 2008 fornisce gli indicatori dell’attitudine direttiva, mentre la delibera 21 novembre 2007, nell’apportare precisazioni ed integrazioni alla circolare n. 13000/1999, ha chiarito il valore residuale dell’anzianità.

Secondo il giudice di I grado, la decisione assunta (di conferire l’incarico direttivo al dott. G.) mostra carenza di motivazione e sostanziale illogicità.

Orbene, nel caso di specie, sussistono due elementi oggettivi, dalla considerazione dei quali si sviluppano le argomentazioni della sentenza appellata:

– in primo luogo, il dott. L.., da ultimo Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ancona) ha svolto un incarico direttivo requirente per otto anni, laddove il dott. G. non ha mai svolto funzioni direttive o semidirettive;

– in secondo luogo, il dott. L. è stato nominato con D.M. 16 ottobre 1969; il dott. G. con D.M. 13 maggio 1980.

Fermi tali elementi obiettivi, secondo il giudice di I grado "nella valutazione comparativa, il giudizio di prevalenza attribuito al candidato che non abbia mai svolto funzioni direttive o semidirettive deve necessariamente agganciarsi al positivo riscontro di diversi e superiori profili attitudinali e di meritevolezza, tali da giustificare la prevalenza. In altri termini, ove concorrano al conferimento di un posto direttivo… un candidato che per lungo tempo ha svolto funzioni direttive, peraltro omologhe, ed un candidato che non ha mai svolto funzioni direttive o semidirettive, se, da un lato, il primo non deve necessariamente prevalere, dall’altro, la prevalenza del secondo deve essere ancorata alla valutazione di una pluralità di elementi concreti, integranti una motivazione tale da fornire un’esaustiva rappresentazione del perché lo svolgimento pregresso di funzioni direttive o semidirettive sia recessivo di fronte agli ulteriori profili di cui, in esclusiva o in misura prevalente, sia in possesso l’altro candidato".

In definitiva, secondo il Tribunale, "sussiste realmente un obbligo "rafforzato" di motivazione", di cui il ricorrente in I grado, dott. L., ha invocato la violazione.

Questo Collegio ritiene di condividere i presupposti argomentativi della decisione appellata.

Come già ivi chiarito, è proprio il quadro normativo di riferimento ad assumere che, ai fini del conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi, il pregresso svolgimento di funzioni direttive o semidirettive costituisce elemento di fondamentale importanza.

Ed infatti l’art. 12, co. 10, d. lgs. n. 160/2006 considera come specifico oggetto di valutazione le "pregresse esperienze di direzione", mentre la citata circolare n. 13000/1999 chiarisce come per "attitudine" si intende l’idoneità dell’aspirante ad esercitare degnamente, per requisiti di indipendenza, prestigio e capacità, le funzioni direttive da conferire.

E la capacità del candidato – appena indicata come caratterizzante l’attitudine – deve essere desunta dal positivo esercizio, in particolar modo se in epoca non remota e per un tempo adeguato, di funzioni di identica o analoga natura di quelle dell’ufficio da ricoprire, così come, ai fini della valutazione del merito, occorre valutare anche la concreta capacità organizzativa di cui si sia dato prova nell’esercizio di funzioni dirigenziali.

Appare, dunque, evidente come anche attraverso l’analisi dei requisiti delle attitudini e del merito, indicati dallo stesso CSM, diviene nuovamente elemento rilevante il pregresso svolgimento di funzioni direttive, a maggior ragione se omologhe a quelle proprie dell’incarico da conferire.

Se tale è il quadro normativo regolante il caso di specie, e se tale è il "peso" del pregresso svolgimento di funzioni direttive, si comprende ciò che la sentenza impugnata ha inteso affermare, assumendo l’esistenza di un "obbligo rafforzato di motivazione".

E’ ragionevole ritenere che il requisito del pregresso svolgimento di funzioni direttive non può assumere valore dirimente ai fini del conferimento dell’incarico, tale da renderlo quasi un "atto obbligato": se ciò fosse, si perverrebbe a determinare una sorta di "circuitazione ristretta" degli incarichi direttivi tra coloro che possano vantare, nel proprio curriculum, una pregressa titolarità di tali incarichi (giustamente, la sentenza in tal senso parla, per escluderla, di una "sorta di riserva o di mobilità orizzontale").

Ma se è vero che la mancanza di pregresse esperienze direttive non può, di per sé, escludere la prevalenza del candidato che ne risulta sprovvisto, occorre al contempo che – stante la rilevanza attribuita dalla legge e dagli atti del CSM a tale aspetto – debbono essere rinvenuti in tale candidato elementi tali da prevalere sul requisito predetto (nonostante la rilevanza di questo); e la motivazione dell’atto deve dare analiticamente conto sia degli elementi curriculari, sia della valutazione degli stessi e delle ragioni che portano a ritenerli in sé eminenti e complessivamente prevalenti.

In questo senso, quindi, l’esistenza di un "obbligo rafforzato di motivazione", che grava sull’organo deliberante (secondo l’espressione usata dal giudice di I grado), altro non significa se non l’adozione di una motivazione congrua, cioè coerente ed adeguato al caso concretamente considerato.

Ne consegue che, laddove uno dei due candidati possiede un requisito (nel caso di specie, lo svolgimento di pregresse funzioni direttive), che la stessa normativa di riferimento considera di decisa rilevanza, e l’altro candidato è del tutto privo dello stesso (ed anche dello svolgimento di funzioni semidirettive), occorre la previa individuazione, in sede istruttoria, degli elementi che portano a ritenere recessivo il pur importante requisito delle funzioni svolte, ampiamente motivando sulle ragioni che sorreggono tale valutazione.

In altre parole, nel caso in esame, è la forte sproporzione, con riferimento al rilevante requisito del pregresso svolgimento di funzioni direttive o semidirettive, che – se non esclude la prevalenza finale del candidato non fornito – comporta necessariamente un più ampio e diffuso corredo motivazionale in ordine agli elementi che consentono di colmare la predetta sproporzione, fino a rendere preferibile l’attribuzione dell’incarico al candidato che del predetto requisito è del tutto sfornito.

In definitiva, altro non si tratta se non dell’essenza stessa dell’esercizio legittimo del potere discrezionale, con riferimento al caso concreto.

Le considerazioni sin qui svolte, nel confermare i presupposti argomentativi della sentenza appellata, consentono altresì di ritenere infondati i motivi di appello proposto dal dott. G. (riportati sub 2.c) e 2.e) dell’esposizione in fatto).

5. Orbene, proprio alla luce delle considerazioni sin qui svolte, occorre confermare la sentenza impugnata, ritenendo che la delibera del CSM (e quindi il DPR di conferimento incarico, quale atto conclusivo del procedimento, in via derivata) siano illegittimi per eccesso di potere, difettando la motivazione proprio di quella congruità ad essa richiesta dal caso di specie e presentandosi essa, con riferimento all’analisi degli elementi determinanti la scelta in favore del dott. G., "carente nel nesso logico di consequenzialità tra presupposti e conclusioni".

Proprio avverso tali vizi della motivazione sono rivolti i motivi di appello del Ministero della Giustizia, nonché i motivi di appello del dott. G., riportati sub lettere 2. d), f), e g), del’esposizione in fatto.

Orbene, è, innanzi tutto, del tutto condivisibile che il CSM debba procedere ad una valutazione attitudinale dei candidati "in funzione delle esigenze specifiche dell’ufficio da conferire", dovendosi anzi ritenere che, laddove ciò non avvenisse, la deliberazione risulterebbe affetta da evidente illegittimità per eccesso di potere.

Tuttavia, come evidenziato dal giudice di I grado, per valorizzare il profilo di maggiore idoneità del dott. G., l’organo deliberante per un verso, ha fatto riferimento alla particolare complessità dell’ufficio giudiziario di Bari, dove lo stesso ha svolto le funzioni di sostituto procuratore della Repubblica; per altro verso, alle dimensioni ridotte dell’ufficio requirente presso il Tribunale di Camerino.

Al contempo, l’organo deliberante ha evidenziato come il dott. L., per essere stato a capo di un importante ufficio di Procura, sarebbe stato, in buona sostanza, assorbito da compiti organizzativi e gestionali, tralasciando inevitabilmente uno svolgimento diretto di attività giurisdizionale, invece richiesto anche al capo dell’ufficio in una Procura di più ridotte dimensioni, quale è quella di Camerino.

La sentenza impugnata non appare, analizzando tali aspetti, affetta dai vizi denunciati con i motivi di appello.

E infatti:

– per un verso, se la Procura della Repubblica di Camerino è un ufficio di ridotte dimensioni, appare evidente come una esperienza maturata in un ufficio di dimensioni più ampie (quale è la Procura di Bari) si rivela "elemento non utile" (come lo definisce la sentenza del TAR), ai fini della prevalenza accordata al dott. G.. Anzi, tale valutazione, oltre che inutile, appare contraddittoria con il mancato rilievo attribuito alle funzioni direttive svolte (dal dott. L.) in un ufficio più ampio e complesso (Procura di Ancona), di modo che si perviene al non ragionevole risultato che, ai fini della direzione di un Ufficio di Procura di ridotte dimensioni, diviene rilevante l’avere svolto funzioni di sostituto Procuratore della Repubblica in una Procura più grande, mentre non lo è l’avere diretto la Procura medesima;

– per altro verso, come evidenziato dal Tribunale, il dott. L. è stato valutato come pienamente idoneo a concorrere ad incarichi direttivi, poiché in possesso di "sicure doti organizzative e dirigenziali nella esperienza maturata nella direzione del più importante ufficio di procura del distretto", laddove il (differente) svolgimento delle funzioni di sostituto procuratore certamente esclude qualunque esperienza di direzione ed organizzazione, di modo che, anche con riferimento ad uffici di non eccessiva complessità, manca comunque il possesso di un profilo pur richiesto dalla normativa di riferimento;

– per altro verso ancora, il giudizio tendente ad escludere nel L. una "capacità di impegno diretto nell’attività giurisdizionale", da associarsi alla (indubbia) presenza delle attitudini direttive, è – come si legge in sentenza – sfornito di "una plausibile spiegazione", e ciò posto che lo svolgimento di funzioni giudiziarie dirette, se pur presente in una Procura di ridotte dimensioni (e da valutarsi al fine dell’individuazione del candidato più adeguato), non si può di per sé escludere anche in un Ufficio di dimensioni più ampie, a meno che di tale assenza non si fornisca comprovato riscontro. Né, d’altra parte, l’organo deliberante si è fatto carico – proprio ai fini della individuazione del migliore candidato in relazione alla conformazione ed esigenze dell’ufficio da dirigere – che anche per il dott. G. lo svolgimento delle funzioni giudiziarie tipiche del pubblico ministero era cessato nel 2003.

In definitiva, appare difficile condividere quanto sostenuto nell’appello del Ministero, e cioè che "ad un ufficio di così piccole dimensioni, che costringe chi lo dirige ad occuparsi direttamente di tutte le funzioni riferibili al ruolo – giudiziarie, amministrative ed organizzative – il CSM ha considerato maggiormente adatto un magistrato dinamico ed estremamente attivo, ricco di svariate esperienze giudicanti e requirenti, in grado di occuparsi in maniera sicura e preparata di tutti i settori dell’ufficio".

Infatti, se ciò fosse, si finirebbe per affermare che – articolandosi l’attività di un Procuratore della Repubblica in funzioni "giudiziarie, amministrative ed organizzative" – l’avere avuto esperienza delle prime e non delle seconde e terze, consente di prevalere su chi, invece, del secondo e terzo tipo di funzione ha esperienza effettiva, recente e, a giudizio dello stesso CSM, del tutto positiva.

Ma, sul punto, occorre aggiungere una ulteriore considerazione, e cioè che lo svolgimento "diretto" delle funzioni giudiziarie del Pubblico Ministero, riconosciuto al dott. G. come elemento rilevante in correlazione con le esigenze dell’ufficio da ricoprire, non è profilo esclusivo di quest’ultimo: ed infatti, mentre il dott. G. ha svolto funzioni "dirette" fino al 2003, il dott. L. ha svolto tali funzioni fino al 2001, e per un arco di tempo di gran lunga superiore a quello del dott. G..

In sostanza, nel caso di specie, non si contrappone alla presenza dello svolgimento di funzioni amministrative ed organizzative (proprie del L.), la presenza dello svolgimento diretto di funzioni giudiziarie (proprie del G.), perché tale svolgimento "diretto" (con soli due anni di differenza temporale), caratterizza sia il G. che il L., che, anzi, può vantare un più lungo esercizio di funzioni direttive (oltre allo svolgimento di funzioni direttive, e quindi amministrative e organizzative).

Dall’esame degli elementi sin qui richiamati, appare evidente la sussistenza del vizio di eccesso di potere per illogicità, stante – come affermato nella impugnata sentenza – la carenza di "nesso logico di consequenzialità tra presupposti e conclusioni".

In conclusione, la sproporzione evidente – e proprio in relazione agli elementi da considerare ai fini del conferimento dell’incarico direttivo requirente in esame – tra il L. ed il G. non appare compensata attraverso una ricognizione e positiva valutazione di elementi che possono porre il G. in quella posizione eminente tale da consentirne l’individuazione ai fini dell’attribuzione dell’incarico.

Come è dato osservare, il giudizio operato dal primo giudice non si fonda affatto sulla considerazione dell’anzianità (al contrario, in sentenza si afferma che "le innovazioni introdotte dalla normativa hanno notevolmente ridotto l’importanza dell’anzianità del ruolo"), né si sostiene che occorra un giudizio comparativo tra candidati.

Ciò su cui – come già ampiamente affermato – il giudice di primo grado fonda la propria conclusione di accoglimento del ricorso è il vizio di eccesso di potere per difetto di congruità e logicità della motivazione, per non avere l’organo deliberante, in presenza di un candidato fornito di sicuri requisiti attitudinali (di cui l’altro candidato è sprovvisto), evidenziato l’eccezionalità degli altri requisiti posseduti dal candidato prescelto (ed ovviamente non posseduti dal pretermesso), tali da consentire l’attribuzione a quest’ultimo dell’incarico direttivo.

6. Per le ragioni esposte, sono da ritenere infondati sia i motivi di appello proposti dal Ministero della Giustizia, sia gli ulteriori motivi (come sopra indicati) proposti dall’appellante dott. G., con conseguente reiezione dei ricorsi da entrambi proposti e conferma della sentenza impugnata.

Non sussistono i presupposti per condannare gli appellanti per responsabilità processuale aggravata., così come richiesto dall’appellato dott. L..

Ed infatti, pur sussistendo il presupposto della totale soccombenza della parte nei cui confronti è stata proposta la domanda di risarcimento (Cons. St., Ad. Plen., 2 dicembre 2010 n. 3), stante la complessità della questione trattata deve escludersi che, nella presente controversia, ed in particolare nella proposizione dell’impugnazione, possa rinvenirsi la mala fede o colpa grave, od anche solo il difetto della normale prudenza, requisiti indispensabili e rimessi all’apprezzamento non censurabile del giudice (Cass. civ., sez. III, 10 novembre 2010 n. 22826).

Proprio la complessità delle questioni trattate, fa ritenere sussistenti giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sugli appelli proposti dal Ministero della Giustizia e dal Consiglio Superiore della Magistratura, nonché da G. G. (n. 8373/2010 R.G.), li rigetta, e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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