Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 17-05-2011) 06-06-2011, n. 22282

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

corso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

p.1. Con sentenza del 5 dicembre 2007 il Tribunale di Livorno, accertato che la cancelliera M.G. aveva preteso da T.M. la somma di Euro 600 quale compenso per la redazione dell’inventario dei beni caduti in eredità senza attendere la liquidazione del giudice (che aveva poi fissato il compenso in Euro 65), la dichiarava colpevole del delitto di truffa, aggravata ex art. 61 c.p., n. 9, e, così modificata l’originaria qualificazione di concussione, la condannava alla pena, condizionalmente sospesa, di un anno di reclusione più la multa.

Contro la sentenza proponeva appello il Procuratore Generale, che lamentava l’omessa applicazione della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici. Proponeva appello incidentale l’imputata, la quale chiedeva, in principalità, l’assoluzione per difetto di dolo e, in subordine, la riduzione della pena al minimo edittale.

La Corte d’appello di Firenze, con sentenza del 25 maggio 2009, riqualificava il fatto come abuso d’ufficio e riduceva la pena a mesi quattro di reclusione con l’interdizione dai pubblici uffici per uguale durata.

Contro quest’ultima sentenza l’imputata ricorre per cassazione denunciando:

1. inosservanza dell’art. 323 cod. pen., perchè la sentenza non ha indicato la norma di legge o di regolamento violata nè ha tenuto conto che l’inventario era stato redatto fuori dell’orario di servizio e doveva quindi essere compensato come lavoro straordinario;

2. erronea applicazione dell’art. 323 cod. pen., perchè la sentenza non ha tenuto conto che la somma era stata chiesta a titolo di deposito conguagliabile all’atto della liquidazione;

3. erronea applicazione dell’art. 323 cod. pen., perchè la sentenza ha ravvisato il dolo intenzionale, disattendendo immotivatamente la testimonianza dell’avv. Federici che ricevette in deposito la somma versata dalla T..

Con motivo aggiunto denuncia il vizio di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, assumendo che il riconoscimento delle attenuanti generiche, effettuato in considerazione della "probabile leggerezza" con cui l’imputata aveva agito, confliggeva con la ritenuta sussistenza del dolo. p.2. Il ricorso è inammissibile per più ragioni.

In primo luogo, per violazione dell’art. 583, comma 3, richiamato dall’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), perchè il ricorso, trasmesso alla cancelleria con lettera raccomandata spedita il 16.7.2009, reca la sottoscrizione dell’imputata priva della necessaria autentica. Il ricorso è stato successivamente depositato in cancelleria personalmente dall’imputata, ma ciò è avvenuto il 22.7.2009, quando il termine per impugnare (id est 19.7.2009, ossia trenta giorni dalla data di notifica della sentenza contumaciale avvenuta il 19 giugno) era ormai scaduto.

In secondo luogo, è inammissibile perchè l’imputata, con l’appello incidentale, non poteva presentare motivi inerenti capi e punti della sentenza non investiti dall’appello principale presentato dal pubblico ministero (v. per tutte, Sezioni Unite, 17.10.2006 n. 10251, Michaeler, rv 235697). Pertanto i motivi con i quali denunciava l’erronea qualificazione giuridica del fatto e l’erronea affermazione della responsabilità penale erano inammissibili e, per conseguenza giuridica, sono inammissibili anche quelli del ricorso per cassazione che ne costituiscono la riproposizione o lo sviluppo.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro mille alla cassa delle ammende.
P.Q.M.

La Corte di cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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