Cass. civ. Sez. I, Sent., 06-10-2011, n. 20518

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.T., dopo aver visto respingere, in sede arbitrale, per nullità delle convenzioni stipulate con il Comune di Saletto, la sua domanda di pagamento delle prestazioni professionali svolte su richiesta del Comune, conveniva in giudizio R.M., sindaco in carica al momento del conferimento dell’incarico, e B. M., sindaco succeduto al R., nonchè il Comune di Saletto. Chiedeva la condanna dei convenuti al pagamento del saldo delle proprie competenze, pari a L. 63.590.492, per gli incarichi conferitigli dal Consiglio comunale di Saletto concernenti la redazione del piano commerciale e l’adeguamento del P.R.G. del Comune di Saletto e la predisposizione dei piani di recupero del centro di (OMISSIS).

Si costituiva il Comune rilevando che l’attore aveva proposto nei confronti dell’amministrazione solo un’azione di arricchimento senza causa in surroga agli amministratori R.M. e B. M., con i quali assumeva essersi formato il rapporto obbligatorio per effetto della accertata nullità delle convenzioni stipulate ma prive delle sottoscrizioni dei sindaci. Sosteneva il Comune che la domanda così formulata presupponeva sia la responsabilità degli amministratori che un arricchimento del Comune, derivante dalle prestazioni del C., presupposti entrambi non sussistenti e comunque non provati. In particolare, quanto alla asserita utilità delle prestazioni professionali dell’ing. C., il Comune eccepiva che nessuno dei piani redatti era stato utilizzato in quanto il piano commerciale era stato consegnato dopo che era cambiata la normativa, l’adeguamento del P.R.G. alle norme della L.R. n. 24 del 1985, sulla edificabilità delle zone agricole, era stato completamente stralciato dalla Regione e la normativa di dettaglio predisposta dal C. era stata interamente sostituita da quella introdotta della legge regionale.

Infine il piano di recupero non aveva ottenuto l’approvazione della Provincia. In via riconvenzionale il Comune agiva pertanto per la restituzione della somma di L. 42.352.100, già percepita dal C..

Il Tribunale di Padova, esclusa la responsabilità di B.M., in conseguenza della legittimità delle delibere adottate e omessa qualsiasi pronuncia nei confronti di R.M., nei cui confronti non era stata effettuata la notifica dell’atto di citazione, ha respinto la domanda proposta da C.T. nei confronti del Comune non ritenendo esistenti le condizioni per l’esercizio dell’azione di indebito arricchimento in quanto nella specie era esperibile il rimedio tipico previsto dall’art. 1338 c.c..

Dichiarata la nullità dei contratti di diritto privato autorizzati dalle delibere consiliari il Tribunale ha quindi condannato il C. a restituire al Comune la somma di L. 42.352.100 oltre rivalutazione monetaria e interessi.

La Corte di appello, investita dell’appello del C. nei confronti della pronuncia riguardante il Comune e dell’appello incidentale di quest’ultimo sul regime delle spese processuali, ha parzialmente riformato la decisione di primo grado rigettando la domanda riconvenzionale proposta dal Comune di Saletto in primo grado.

Ricorre per cassazione il Comune di Saletto con tre motivi di impugnazione.

Si difende con controricorso e propone ricorso incidentale C. T..

Il Comune deposita memoria difensiva.
Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso il Comune deduce nullità del procedimento e della sentenza per violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 1242 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. Nullità del procedimento e della sentenza per violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 345 c.p.c. e dell’art. 1242 c.c..

Secondo il Comune ricorrente la Corte di appello ha irritualmente operato la compensazione fra il pagamento non dovuto effettuato dal Comune sulla base delle convenzioni nulle e il credito della controparte per ingiustificato arricchimento in assenza di una tempestiva eccezione da parte della difesa di C.T..

Con il secondo motivo di ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1418 c.c. e 2033 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Subordinatamente a quanto dedotto con il primo motivo di ricorso il Comune ricorrente avanza con il secondo motivo l’ipotesi che la Corte di appello abbia ritenuto il pagamento eseguito dal Comune come pagamento dovuto ovvero non ripetibile e ritiene che in tal modo la Corte di appello avrebbe violato rispettivamente le norme in tema di nullità dei contratti ( art. 1418 c.c.) o in tema di restituzione dell’indebito ( art. 2033 c.c.).

Al di fuori di queste ipotesi il Comune ricorrente denuncia l’incomprensibilità della motivazione relativa al rigetto della domanda riconvenzionale.

I due motivi possono essere esaminati congiuntamente e debbono ritenersi infondati perchè, come la Corte di appello ha chiaramente fatto intendere con la sua motivazione, il giudizio di appello è stato incentrato sull’esame della domanda di ingiustificato arricchimento proposta dal C. nei confronti del Comune, essendo ormai precluse ulteriori contestazioni circa la acclarata nullità delle convenzioni e estranee al giudizio di appello le posizioni del B. e del R.. La Corte di appello ha quindi ritenuto di accogliere la domanda di ingiustificato arricchimento nei limiti della somma riconosciuta come dovuta e pagata dal Comune. Il riferimento alla compensazione dei crediti, alla esistenza dell’obbligazione contrattuale o alla irripetibilità del pagamento è quindi evidentemente infondato e non coglie la ratio della, decisione della Corte di appello che appare sufficientemente e congruamente motivata.

Con il terzo motivo di ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2041 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Secondo il Comune ricorrente la Corte di appello ha ritenuto erroneamente la fondatezza dell’azione di arricchimento sul riscontro di due soli presupposti e cioè la materiale esecuzione della prestazione professionale e il riconoscimento, da parte del Comune, dell’utilità della prestazione senza accertare invece la sussistenza dell’ulteriore requisito dell’oggettivo vantaggio derivante al Comune dalla prestazione.

Il Comune lamenta inoltre la carenza della motivazione laddove la Corte ha fatto coincidere il riconoscimento dell’utilità della prestazione con l’effettivo vantaggio derivante da essa al Comune e la contraddittorietà della motivazione laddove la Corte di appello, nel giustificare la decisione di rigetto parziale dell’appello ha chiaramente affermato che nessun vantaggio era venuto al Comune dalla prestazione del C. all’esito dei controlli degli enti preposti all’approvazione definitiva dei progetti.

Con il ricorso incidentale si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2041 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Ritiene il controricorrente che l’utilitas richiesta a giustificazione e quasi a limite correttivo dell’indebito arricchimento si manifesta, nella specie, ex se dal momento che tutti i piani redatti sono stati adottati dal Comune di Saletto che in tal modo ha espressamente accettato l’opera.

Entrambi i motivi che necessariamente vanno esaminati congiuntamente devono essere respinti.

La giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere che l’azione di indebito arricchimento nei confronti della P.A. differisce da quella ordinaria, in quanto presuppone non solo il fatto materiale dell’esecuzione di un’opera o di una prestazione vantaggiosa per l’ente pubblico, ma anche il riconoscimento, da parte di questo, dell’utilità dell’opera o della prestazione. Tale riconoscimento può avvenire in maniera esplicita, cioè con un atto formale, oppure in modo implicito, cioè mediante l’utilizzazione dell’opera o della prestazione consapevolmente attuata dagli organi rappresentativi dell’ente; l’adozione, in particolare, da parte del competente organo dell’Amministrazione, di un progetto di rilevanza pubblica elaborato da un professionista per conto della stessa amministrazione ed il relativo invio di tale progetto, da parte dell’Ente, all’Autorità di controllo per l’approvazione, configura un implicito riconoscimento dell’utilità dell’attività svolta dal professionista medesimo (cfr. fra le molte decisioni Cass. civ. sez. 1^, n. 24646 del 3 dicembre 2010, n. 3322 del 12 febbraio 2010, n. 21079 del 28 ottobre 2005, n. 16348 del 20 agosto 2004, e Cass. civ. sez. 3^, n. 17440 del 18 novembre 2003).

Per altro verso il riconoscimento dell’utilità della prestazione professionale, pur non essendo condizionato dalla successiva approvazione da parte degli organi di controllo, deve associarsi, al fine di concretizzare un pieno riconoscimento, da parte dell’amministrazione, del diritto del professionista ad essere indennizzato per l’attività svolta in assenza di un valido vincolo contrattuale, all’elemento oggettivo della utilizzabilità della prestazione, che deriva dal compimento dell’iter procedimentale necessario per conferire efficacia agli atti amministrativi del Comune che hanno adottato le opere progettuali del professionista. Un tale riconoscimento non può intervenire se non all’esito della definitiva conclusione di tale iter. Così, nella specie, se con l’adozione, da parte dell’amministrazione comunale, dei progetti e con il primo pagamento delle prestazioni professionali il Comune ha sicuramente riconosciuto l’utilità dell’opera commissionata e parzialmente eseguita dal professionista al fine di consentire lo svolgimento della propria attività istituzionale di progettazione e adozione degli strumenti urbanistici. Non altrettanto può ritenersi che esso abbia potuto riconoscere l’utilità dell’opera nell’ottica della sua destinazione alla variazione degli strumenti urbanistici vigenti. Questo obiettivo finale non è stato infatti realizzato e l’amministrazione ha anzi addebitato al professionista tale esito negativo sicchè il riconoscimento dell’utilità dell’opera è stato ritenuto circoscritto da parte del giudice dell’appello ai soli fini dello svolgimento dell’attività demandata alla competenza del Comune nel più ampio quadro procedimentale necessario per dotare di efficacia i progetti di variazione adottati. In questa prospettiva appare corretto ritenere che il pagamento effettuato dal Comune di Saletto in favore dell’ingegnere C.T. sia stato legittimamente qualificato dalla Corte di appello come indennizzo dovuto per l’attività professionale di cui il Comune ha riconosciuto l’utilità al fine dello svolgimento del proprio compito istituzionale nella prima fase procedimentale della sottoposizione all’approvazione degli organi di controllo dei progetti adottati.

Solo un pieno riscontro da parte dell’autorità di controllo della congruità dei progetti adottati ai fini del conferimento della loro efficacia giuridica finale poteva consentire al Comune di riconoscere la piena utilità economica dell’opera svolta dal professionista e il suo diritto all’indennizzo nella misura richiesta.

L’esito della controversia giustifica la compensazione integrale delle spese processuali del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa interamente le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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