Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 07-04-2011) 06-06-2011, n. 22333

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. A seguito di giudizio abbreviato il Tribunale di Torino ha affermato la responsabilità dell’imputato in epigrafe in ordine al reato di cui all’art. 379 c.p.. La pronunzia è stata confermata dalla Corte d’appello di Torino.

2. Ricorre per cassazione l’imputato censurando la logicità della motivazione nella parte in cui ha ravvisato che egli occultasse consapevolmente i capitali illeciti del fratello nel proprio conto corrente. La Corte d’appello ha ricostruito l’atteggiamento psicologico in termini di mero sospetto sulla provenienza illecita del denaro; mentre per la configurabilità del dolo eventuale occorre la presenza di circostanze significative e consistenti che inducano a ritenere che l’agente abbia consapevolmente accettato il rischio della provenienza delittuosa del bene, come ritenuto dalla giurisprudenza delle Sezioni unite a proposito della distinzione tra i reati di ricettazione ed incauto acquisto. Nel caso in esame una situazione fattuale di significato inequivoco non si configura.

3. Il ricorso è infondato. La pronunzia impugnata reca ampia ed appropriata motivazione, basata su significative acquisizioni probatorie, in ordine alla condotta consapevole posta in essere dall’imputato per occultare i danari del fratello provenienti dal traffico di droga. Si evidenzia che l’imputato risiedeva in (OMISSIS) insieme al fratello da diversi anni. Tale protratta situazione induce la Corte territoriale ad escludere che l’imputato potesse essere all’oscuro dei traffici nell’ambito degli stupefacenti che fin dal (OMISSIS) avevano portato il fratello ad essere arrestato e condannato.

D’altra parte, da una telefonata emerge altresì che il fratello stesso, parlando con la consorte, riferisce di aver consegnato al ricorrente Euro 17.000 da depositare in banca. Tale insieme di acquisizioni rende assolutamente incredibile la tesi difensiva secondo cui il danaro in questione derivasse dalla restituzione di un prestito. In realtà, conclude la Corte, l’ampiezza del commercio illecito e la familiarità continua induce a ritenere provato che l’imputato si adoperasse per custodire il provento degli illeciti.

Contrariamente a quanto dedotto, l’argomentazione oltre ad essere coerente e completa nonchè conforme ai principi nella materia, non si basa minimamente su meri sospetti, ma trae decisivi elementi di giudizio da significative circostanze di fatto afferenti alla lunga familiarità, alla conoscenza dei traffici illeciti ed alla notevole entità del danaro ricevuto.

Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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