Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 15-02-2011) 06-06-2011, n. 22349 Intercettazioni telefoniche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

volgimento del processo

1. Con ordinanza del 25/6/2010 il G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria applicava nei confronti di N.C. la misura della custodia cautelare in carcere per il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.

Con provvedimento del 15/7/2010 il Tribunale di Reggio Calabria, rigettava l’istanza di riesame.

Osserva il Tribunale che:

– in data (OMISSIS) dal Brasile giungeva in Italia un pacco indirizzato a tale D.B.A., contenente 4 borse porta computer con all’interno, nelle intercapedini, 8 confezioni di cocaina, per un peso di kg. 4,880;

– la P.G. operante riceveva dal P.M. autorizzazione al ritardo del sequestro;

– da intercettazioni immediatamente attivate sull’utenza della D. B., veniva captata la conversazione con N.C., il quale invitava la D.B. a prelevare il "faro" che era arrivato già da tre giorni; il N. si offriva di andarlo a prelevare insieme;

– nelle more, il pacco proveniente dal Brasile era stato depositato dal G.O.A. presso gli uffici della S.D.A. Express Courier, con contestuale attivazione di servizio di controllo;

– il (OMISSIS), verso le ore 8.40 la D.B., unitamente al N., veniva vista entrare negli uffici della S.D.A. e la prima prelevare il pacco. Successivamente venivano visti rientrare in un auto Fiat Punto, intestata al N., nel cui portabagagli depositavano il pacco. Fermati dalla P.G. veniva rinvenuta la droga all’interno delle borse;

– allegato al pacco vi era una missiva in cui era scritto: "ti invio dei piccoli regali per te, L. e la piccola T.";

– il nome di L. corrispondeva a quello della moglie di N., mentre quello di " T.", non corrispondeva ad alcun figlio.

Osservava il Tribunale che la condotta posta in essere lasciava trasparire gravi indizi di colpevolezza, emergenti dalla riconducibilità della destinazione del pacco ad entrambi gli imputati; indizi non smentiti dalla dichiarazione del N. che aspettava la consegna di una faro per la sua motocicletta.

Sussistevano, inoltre esigenze cautelari, tenuto conto che la quantità di droga ricevuta e che proveniva dal mercato estero, lasciava trasparire l’inserimento dell’indagato nel circuito del traffico internazionale di droga.

2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’indagato, lamentando la inutilizzabilità delle intercettazioni per non avere il P.M. trasmesso, nè al GIP e nè al Riesame, i decreti autorizzativi delle intercettazioni. Pertanto la inutilizzabilità determinava la carenza del quadro indiziario a carico del N..
Motivi della decisione

3. Le censure formulate sono manifestamente infondata ed il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

3.1. Questa Corte di legittimità ha avuto modo di statuire che "In tema di intercettazioni, ove alla richiesta per l’applicazione di misure cautelari non siano allegati da parte del P.M. i decreti autorizzativi e, a seguito di impugnazione della misura, gli atti siano trasmessi privi tali decreti al Tribunale del riesame, ciò non determina nè l’inefficacia della misura nè l’inutilizzabilità delle intercettazioni, ma obbliga il Tribunale ad acquisire d’ufficio tali decreti ove la parte ne faccia richiesta" (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 42371 dei 12/10/2007 cc. (dep. 16/11/2007), Gulisano, Rv.

238059).

Invero, come già osservato da questa corte in altre pronunce, a norma dell’art. 291 c.p.p., il Pubblico Ministero che chiede una misura cautelare deve presentare al giudice competente gli elementi sui quali fonda la sua richiesta nonchè quelli a favore dell’imputato e le eventuali memorie difensive. Se la richiesta si fonda in tutto o in parte sul contenuto delle conversazioni intercettate devono essere trasmessi anche i decreti che le hanno autorizzate al fine di consentire al Giudice di controllare la legittimità della captazione. L’omessa trasmissione di tali decreti non determina di per sè l’inutilizzabilità delle intercettazioni perchè questa si verifica nelle sole ipotesi di cui all’art. 271 c.p.p., tra le quali non rientra l’omissione anzidetta. D’altra parte, il giudice per le indagini preliminari può sempre chiedere la trasmissione dei decreti autorizzativi. Nell’eventualità che il provvedimento restrittivo venga impugnato con richiesta di riesame ed il difensore chieda di potere esaminare i decreti, il tribunale, qualora gli stessi non siano stati allegati, ha il dovere di richiederli d’ufficio e ciò sia perchè l’inutilizzabilità può essere dichiarata in ogni stato e grado del giudizio, sia perchè il difensore ha comunque il diritto di controllare la legittimità della captazione telefonica. In definitiva l’omessa allegazione da parte del Pubblico Ministero dei decreti autorizzativi delle intercettazioni alla richiesta di adozione di una misura cautelare e la conseguente omessa trasmissione al tribunale di tali decreti in caso di riesame non determina di per sè nè l’inefficacia della misura cautelare nè l’inutilizzabilità della conversazione, ma, in caso di richiesta della parte, impone al giudice l’acquisizione dei relativi decreti.

Nel caso di specie, dalla lettura degli atti processuali emerge che la richiesta dell’acquisizione dei decreti non è stata formulata dalla difesa nè con l’istanza di riesame, nè in modo tempestivo in sede di udienza (cioè con congruo anticipo, tale da consentire l’acquisizione nel rispetto dei termini per l’emanazione del provvedimento del tribunale: cfr. verb. ud. 15/7/2010).

Ne consegue la piena utilizzabilità delle intercettazioni poste a sostegno della misura cautelare.

Peraltro anche a prescindere dalle captazioni telefoniche, i gravi indizi sono costituiti dall’attività di indagine effettuata con pedinamenti, osservazioni, perquisizione ed arresto in flagranza.

Pertanto la motivazione del provvedimento impugnato è in grado di "resistere" anche all’assenza delle intercettazioni.

3.2. Quanto alla censura relativa al difetto di motivazione sui gravi indizi di colpevolezza, preliminarmente va ricordato quali siano i limiti del sindacato della Corte di Cassazione in materia cautelare.

In particolare è stato più volte ribadito che "l’ordinamento non conferisce alla Corte alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, ne1 alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive degli indagati, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo ed insindacabile del giudice cui è stata richiesta l’applicazione delle misura cautelare e del tribunale del riesame.

Il controllo di legittimità è perciò circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro di carattere negativo, il cui possesso rende l’atto insindacabile: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza nel testo dell’esposizione di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento" (Cass. 4, n. 2050/96, imp. Marseglia, rv. 206104). Orbene, quanto ai gravi indizi, nel caso di specie, le censure espresse dalla difesa, esprimono solo un dissenso generico di merito e la motivazione dell’ordinanza regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo.

Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1000,00 (mille).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.

La Corte dispone, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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