T.A.R. Basilicata Potenza Sez. I, Sent., 08-06-2011, n. 336

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

e ricorrente; Avv. Carmine Bencivenga, per il Comune intimato;
Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 27 maggio 2010 e depositato il 1° giugno successivo il sig. F.G. ha impugnato l’ordinanza n. 12 del 12 maggio 2010, adottata dal sindaco del Comune di Albano di Lucania con la quale è stato ordinato il rilascio dei terreni demaniali, in catasto al foglio 1 particelle 131418- 202122 e 62, per consentire l’inizio e l’esecuzione del lavori di realizzazione di un impianto sportivo di tiro a volo, entro e non oltre il giorno 16 maggio 2010, con l’avvertenza che in caso di inottemperanza sarà dato corso alla procedura coattiva, nonché tutti gli atti connessi, presupposti e conseguenti.

L’interessato riferisce

– che con atto del 17.11.1997 veniva sottoscritta la permuta dei terreni tra il Comune di Albano di Lucania e la sig.ra Monserrati Rosa (genitrice del ricorrente) assegnando a quest’ultima i terreni di cui al fg. 1 particelle n. 6669616357 e 38 di complessivi Ha 6.42.65 ed al Comune di Albano di Lucania i terreni di cui al fg. 1 particelle n. 1422206072e 41;

– che a seguito della morte della sig.ra Monserrati la proprietà dei terreni ceduti in permuta è divenuta del figlio G.F.;

– che i terreni di cui al fg. 1 particelle 131420212218416062e72 sono gravati da usi civili;

– che la Regione Basilicata con nota del 10.03.1999 ha rilevato che i terreni di cui al fg. 1 particelle 6669616357 e 38 (oggetto della permuta) " risultano essere demanio universale di uso civico del Comune di Albano di Lucania", sicchè doveva ritenersi nullo il citato atto di permuta, con invito al ripristino dello stato precedente l’atto di permuta;

– che il Comune di Albano di Lucania con lettera dell’08.07.1999 ha comunicato alla sig. Monserrati (già deceduta) la nullità dell’atto di permuta richiedendo il rilascio dei terreni dati in permuta dal Comune;

– che la Regione Basilicata con delibera di Giunta n. 2132 del 29.12.2008 previa sdemanializzazione dei terreni predetti ha autorizzato la permuta nei confronti di G.F., con relativa apposizione del vincolo di uso civico sui terreni ancora di proprietà di quest’ultimo;

– che la suddetta delibera non è stata eseguita con la stipula di un nuovo atto di permuta, con la conseguenza che i terreni di cui alle particelle 1422206072 e 41 sono ancora di proprietà del sig. Giura;

– che in data 14.05 2007 l’Ufficio Tecnico del Comune di Albano di Lucania ha attestato che i terreni di cui al fg. 1 particelle 131418202122416062e 72 sono condotti in fitto dal sig. Giura che per gli stessi versa un regolare canone di affitto.

Quanto sopra premesso il sig. Giura ha impugnato l’ordinanza in epigrafe indicata affidando il ricorso ai seguenti motivi.

1) violazione dell’art. 54, commi 1 e 4, del D.Lvo n. 267 del 2000;

2) violazione dell’art. 42 della Cost., DPR n. 380 del 2001 e dell’art. 50 della legge n. 203/1982;

3) violazione L.R. n. 57/2000; legge n. 447/1995; DPCM 14.11.1997; DPR 357/1997; eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti.

Si è costituito in giudizio il Comune di Albano di Lucania che ha depositato documentazione e prodotto memoria difensiva concludendo per il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. 166 del 10 giugno 2010 è stata accolta la domanda cautelare di sospensiva.

Con successivo ricorso notificato il 24 luglio 2010 e depositato il 27 luglio 2010 il sig. Giura ha di poi impugnato l’ordinanza n. 16 del 17.07.2010, adottata dal sindaco del comune di Albano di Lucania ai sensi dell’art. 823, comma 2, del cod. civ., di rilascio dei terreni demaniali vincolati ad uso civico, contraddistinti in catasto al fg. 1 particelle 13141820212241596062 e72 e al fg. 2 particelle 417 e 19, entro e non oltre il 05 agosto 2010; la determinazione n. 37 del 19.07.2010 del responsabile dell’ufficio tecnico del comune di Albano di Lucania di presa d’atto e di approvazione dell’ordinanza n. 16 del 17 luglio 2010; nonché tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti.

L’interessato ripropone la ricostruzione in fatto già riferita nelle premesse del ricorso proposto avverso l’ordinanza sindacale n. 12 del 12 maggio 2010 e affida il nuovo gravame ai seguenti motivi.

1) violazione dell’art. 107 D.Lvo n. 267/2000; incompetenza relativa;

2) violazione dell’art. 823, comma 2, cod,civ.;

3) eccesso di potere per contraddittorietà estrinseca.

Quest’ultima censura viene rivolta avverso la determinazione n. 37 del 19.07.2010 del responsabile dell’ufficio tecnico del comune di Albano di Lucania.

Si è costituito, anche in questo giudizio, il comune intimato che con memoria ha contrastato il ricorso chiedendone il rigetto.

Con ordinanza n. 254 del 09 settembre 2010 è stata accolta la domanda cautelare di sospensiva.

Il Consiglio di Stato, sez. V, con ordinanza n. 5150 del 10 novembre 2010 ha accolto l’appello proposto dal comune ed in riforma dell’ordinanza impugnata ha respinto l’istanza cautelare proposta in primo grado.

Con memorie successivamente prodotte le parti costituite hanno ulteriormente sviluppate e ribadite le rispettive tesi difensive.

Alla pubblica udienza del 21 aprile 2011 i ricorsi sono stati introitati per essere decisi.
Motivi della decisione

I giudizi in epigrafe precisati possono essere riuniti e decisi con una unica sentenza, stante la loro evidente connessione oggettiva e soggettiva.

Ciò premesso devesi osservare che con l’ordinanza n. 16 del 17 luglio 2010, impugnata con il secondo ricorso in esame, il sindaco del comune di Albano di Lucania, premesso che con precedente ordinanza n. 12 del 12 maggio 2010, emessa ai sensi dell’art. 54 del D.Lvo n. 267/2000, era stato ordinato il rilascio di terreni demaniali (in catasto al fg. 1 particelle 131418202122 e 62) nei confronti del sig. G.F., per la realizzazione di un impianto sportivo di tiro a volo e tenuto conto dell’ordinanza del TAR Basilicata n. 166/10 di sospensione dell’efficacia del provvedimento sindacale, dato atto infine che i predetti terreni appartengono al demanio comunale con vincolo ad uso civico, ha ritenuto necessario adottare " nuovi provvedimenti in sostituzione dell’ordinanza sindacale n. 12/2010, nell’esercizio della c.d. polizia demaniale, finalizzati a far cessare l’occupazione sine titulo delle aree demaniali".

Consegue che l’adozione di nuovi provvedimenti adottati in esplicita sostituzione della precedente ordinanza sindacale di rilascio dei terreni e soprattutto sulla base di un potere diverso da quello utilizzato nell’ ordinanza n. 12/2010, fa venir meno l’interesse dell’odierno ricorrente ad una decisione di merito del primo ricorso in esame con eventuale annullamento dell’ordinanza con lo stesso impugnata.

Di qui la consequenziale statuizione di dichiarare improcedibile il ricorso avverso l’ ordinanza n. 12/2010, per sopravvenuto difetto di interesse.

Passando all’esame del secondo ricorso il Collegio ritiene lo stesso infondato e quindi da respingere per le ragioni che di seguito si espongono.

Priva di pregio, e quindi non meritevole di essere condivisa, è la censura introdotta con il primo motivo di violazione dell’art. 107 del D.Lvo n. 267/2000, sull’assunto che il potere di autotutela ex art. 823, comma 2, del cod. civ., con il quale si ordina il rilascio di un immobile appartenente al demanio del comune spetta al Dirigente e non al sindaco.

In proposito, è sufficiente osservare che, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, dal contenuto della determina n. 37 del 19.07.2010 emerge con assoluta chiarezza che il Dirigente dell’ufficio tecnico del comune di Albano di Lucania, oltre a richiamare nelle premesse l’ordinanza sindacale n. 16/2010, ha chiarito di agire nell’ambito delle proprie competenze in materia di gestione del patrimonio, previa certificazione attestante l’occupazione abusiva di beni demaniali e in applicazione dell’art. 823 c.c. quale presupposto normativo per l’adozione della determina.

In sostanza il Dirigente ha preso atto dell’ordinanza sindacale e approvandola l’ha conseguentemente fatta propria, esercitando con tutta evidenza il potere e le competenze afferenti all’ufficio di cui lo stesso è titolare e provvedendo a sanare l’eventuale vizio di incompetenza, fatto valere con la censura esaminata.

Con il secondo motivo viene poi dedotta la violazione dell’art. 823, comma 2, del codice civile.

Sostiene parte ricorrente che i terreni oggetto dell’ordinanza non presentano le caratteristiche della demanialità che giustificano l’esercizio del potere ex art. 823, comma 2, c.c., e che al più i terreni predetti possono essere ricondotti al patrimonio indisponibile del comune e che comunque l’autotutela possessoria iuris publici dei beni demaniali e patrimoniali non può essere esperita quando sia decorso un anno dall’alterazione o dalla turbativa, nel mentre il ricorrente ha il possesso dei terreni, come dimostrato dall’attestato del Responsabile dell’ufficio tecnico del comune di Albano di Lucania, da diversi anni.

Tanto premesso, devesi rilevare che anche tale doglianza è priva di fondamento e non può essere quindi condivisa.

Ed invero, va preliminarmente chiarito, in punto di fatto, che i terreni (o almeno parte di essi) oggetto dell’ordinanza impugnata hanno fatto parte di una permuta avvenuta tra il comune di Albano di Lucania ed il ricorrente (ovvero la madre del ricorrente) in data 17.11.1997, di poi dichiarata nulla e successivamente sanata e quindi divenuta valida ed efficace con la procedura dell’art. 5 della L.R. n. 57/2000. Con la delibera n. 2132 del 29.12.2008 la Regione Basilicata ha infatti disposto di acquisire in permuta con il trasferimento al demanio comunale e l’approvazione del vincolo ad uso civico dei terreni di proprietà del ricorrente, così come risulta dalla certificazione sia dell’ufficio comunale che del competente dipartimento regionale.

Con l’avvenuta sanatoria è quindi venuta meno la declaratoria di nullità dell’atto di permuta e conseguentemente, i beni oggetto di trasferimento al comune, sono entrati a far parte del demanio comunale con l’apposizione del vincolo uso civico.

E ciò indipendentemente dalla circostanza che qualora, come sostenuto dal ricorrente, i terreni appartenessero al patrimonio indisponibile del Comune, sarebbe comunque del tutto legittimo l’esercizio del potere di autotutela ex art. 823 cod. civ., così come sostenuto da un autorevole e consolidato orientamento giurisprudenziale e dottrinario, al quale questo Collegio pure aderisce.

Chiarito dunque che risulta, per quanto sopra detto, del tutto legittimo l’esercizio del potere di autotutela ex art. 823, comma 2, del codice civile, rimane da stabilire se tale esercizio, come sostenuto da parte ricorrente, deve essere necessariamente esercitato nel limite di un anno dall’alterazione o dalla turbativa, condizione che nel caso di specie non si sarebbe rispettata.

Va sul punto osservato che secondo un recente e consolidato indirizzo giurisprudenziale, condiviso da questo Collegio, l’esercizio dell’autotutela possessorio ex art. 823 cod. civ. può essere consentito non solo a tutela del possesso ma bensì anche a tutela della proprietà dei beni demaniali e del patrimonio indisponibile sicchè deve ritenersi che lo stesso non è vincolato al termine annuale innanzi indicato.

In altri termini il Collegio aderisce al nuovo orientamento giurisprudenziale secondo cui l’art. 823 cod. civ. attribuisce alla P.A. il potere di agire non solo a tutela del possesso, ma anche alla protezione della proprietà dei beni pubblici (demaniali o appartenenti al patrimonio indisponibile) e tale potere non è soggetto ad un termine annuale per il suo esercizio (per tutte cfr. C.di S. sez. V, n. 595/09).

E ciò a prescindere dalla considerazione che anche a volere seguire la tesi prospettata dal ricorrente, la censura non merita condivisione.

Il ricorrente, infatti, non ha fornito alcuna prova che fosse passato un anno dall’occupazione dei terreni e, anzi, dai documenti in atti, sembra possa evincersi un dato assolutamente contrario a tale assunto, atteso che il ricorrente stesso ha chiesto, con nota del 18.02.2010, in locazione i terreni oggetto dell’ordinanza di rilascio, con ciò evidentemente riconoscendo che il possesso degli stessi fosse ancora del comune di a Albano di Lucania.

Ne consegue che in assenza di un contratto di fitto, per il quale è necessario ovviamente la forma scritta ad substantiam i terreni oggetto dell’ordinanza di rilascio non possono che ritenersi abusivamente occupati dal ricorrente, con conseguente obbligo dell’Amministrazione di pretenderne il rilascio, non potendosi, peraltro, ritenere valido elemento ostativo a tale azione, la certificazione (frutto evidentemente di un mero errore) rilasciata dal tecnico comunale nel 2007 e con la quale viene attestato che il ricorrente conduce in fitto alcuni terreni del comune di Albano di Lucania.

Va peraltro, per mera completezza, soggiunto che risulta documentato e non contestato che il ricorrente ha proceduto ad intestarsi catastalmente i beni ricevuti in permuta dal Comune nel mentre pretende di continuare a rimanere nel possesso e quindi nell’uso di quelli, oggetto della permuta in favore del Comune.

Quanto, infine, alla censura di eccesso di potere per contraddittorietà dedotta con l’ultimo motivo nei confronti della delibera n. 37/2010, devesi osservare che la stessa è priva di pregio atteso che, come si è innanzi chiarito, l’ordinanza fonda sul presupposto della accertata abusività del possesso da parte del ricorrente dei terreni ed impone conseguentemente l’obbligo per l’Amministrazione di agire per l’immediato rilascio degli stessi.

Il che naturalmente non lascia spazio alla prospettazione di censure di eccesso di potere, non configurabili nell’ipotesi di provvedimenti in autotutela, ex art. 823 cod. civ.

In conclusione il ricorso in esame deve ritenersi infondato e quindi da rigettare.

Le spese di entrambi i giudizi vanno poste a carico del ricorrente e liquidate complessivamente nella misura di euro 5.000,00 (cinquemila).
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, così provvede

1) riunisce i ricorsi stante la loro evidente connessione;

2) dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso n. R.G.184/2010;

3) rigetta il ricorso n. R.G. 264/2010;

4)condanna il ricorrente al pagamento delle spese dei giudizi che liquida in complessive euro 5.000,00 (cinquemila).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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