Cass. civ. Sez. V, Sent., 06-10-2011, n. 20453 Imposta regionale sulle attivita’ produttive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La controversia concerne l’impugnazione del silenzio rifiuto di istanze di rimborso per quanto pagato in più a titolo di IRAP relativamente ad un immobile di interesse storico artistico per il quale la società contribuente aveva dichiarato il reddito locativo e non quello determinato ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 11.

La Commissione adita accoglieva il ricorso, ma la decisione era riformata in appello, con la sentenza in epigrafe, ritenendo il giudice di secondo grado che all’immobile in questione per essere destinato ad uso diverso da quello abitativo non potesse applicarsi la disciplina agevolativa.

Avverso tale sentenza la società contribuente propone ricorso per cassazione con unico motivo. L’amministrazione non si è costituita.

MOTIVAZIONE
Motivi della decisione

Dichiarata preliminarmente l’inammissibilità del ricorso nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che non ha partecipato al giudizio d’appello iniziato successivamente alla successione ex lege dell’Agenzia delle entrate, deve essere esaminato il motivo di ricorso, con il quale si lamenta, sotto il profilo della violazione di legge, la ritenuta inapplicabilità della speciale disciplina di determinazione del reddito dell’immobile. Il ricorso non è fondato sulla base del principio affermato da questa Corte secondo cui: I canoni prodotti dalla locazione di immobili riconosciuti di interesse storico o artistico, ai sensi della L. n. 1089 del 1939, art. 3 e successive modificazioni, che siano oggetto dell’impresa, ne rappresentano dei ricavi e come tali rientrano nella determinazione della base imponibile dell’IRAP (imposta regionale sulle attività produttive), essendo essa diretta alla tassazione del valore della produzione ed articolata, ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 5, 11 e 11-bis in base alla natura del soggetto passivo (nella specie, società di capitali) ed alla differenza tra la somma delle voci della produzione e quella dei costi di cui all’art. 2425 c.c., comma 1, rispettivamente lettere A) e B), con i correttivi dettati dal richiamo a specifiche norme del testo unico delle imposte sui redditi ( D.P.R. n. 917 del 1986, artt. da 53 a 76), effettuati peraltro solo ai fini della quantificazione dei valori; ne consegue che resta inapplicabile ai predetti ricavi la L. n. 413 del 1991, art. 11, comma 2, che, operando come norma qualificatoria del valore da considerare ai fini del reddito, prevede che il reddito dei predetti immobili sia determinato secondo la minore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato (Cass. n. 2332 del 2009).

Sicchè il ricorso deve essere rigettato. Non occorre provvedere sulle spese stante la mancata costituzione della parte intimata.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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