Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-02-2011) 06-06-2011, n. 22296 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Genova, con sentenza dell’8.1.2010, confermava la sentenza 18.2.2009 del Tribunale monocratico di Sanremo, che aveva affermato la responsabilità penale di D.F.A., D. F.M. e Di.Fe.Mo. in ordine al reato di cui:

– al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), (per avere realizzato, in concorso tra loro, in assenza del prescritto permesso di costruire, lavori edilizi interni ed esterni finalizzati alla modifica della destinazione d’uso di un manufatto preesistente da magazzino a residenza, con la formazione di due distinte unità immobiliari – acc. in (OMISSIS)) e, riconosciute a tutte circostanze attenuanti generiche, aveva condannato ciascuna alla pena – condizionalmente sospesa – di mesi 1 di arresto ed Euro 8.000,00 di ammenda, ordinando la demolizione delle opere abusive con ripristino dell’originaria destinazione.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore delle imputate, Avv.to Mariapia Alberti, la quale – sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione – ha eccepito:

– la illegittimità della denegata sospensione del procedimento, ai sensi dell’art. 479 c.p.p., essendo stato proposto ricorso al T.a.r. avverso il diniego di concessione edilizia in sanatoria richiesta ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 36;

– la mancata valutazione della illegittimità dell’anzidetto diniego, adottato dall’autorità amministrativa in relazione a disposizioni entrate in vigore in epoca successiva alla presentazione della domanda di accertamento di conformità.
Motivi della decisione

Il secondo motivo di ricorso non è manifestamente infondato.

Il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 36, per il rilascio del permesso in sanatoria da esso previsto, riferisce temporalmente la necessaria conformità dell’opera alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento in cui essa è stata realizzata sia a quello "della presentazione della domandar di sanatoria.

Con riferimento a quest’ultima specificazione, è stato affermato, da una parte della dottrina, che la domanda dovrebbe essere egualmente accolta qualora soltanto dopo la sua presentazione sopravvengano nuove norme ovvero mutamenti degli strumenti urbanistici che renderebbero l’abuso inamabile. Ciò costituirebbe una deroga, per sua natura eccezionale, al principio generale secondo il quale la legittimità del titolo abilitativo va verificata al momento del suo rilascio e non al momento della presentazione della domanda.

Il Consiglio di Stato ha affermato che "i presupposti per il rilascio del provvedimento di sanatoria debbono sussistere alla data di adozione del provvedimento e non a quella della domanda del privato" (vedi C. Stato, sez. 5^: 29.5.2006, n. 3236; 15.11.1999, n. 1914;

20.10.1994, n. 1200).

La questione, però, non risulta espressamente esaminata dalla giurisprudenza in relazione a quei casi in cui l’amministrazione abbia adottato il proprio provvedimento in epoca di gran lunga successiva all’istanza del privato (essendo pacifico che il Comune conservi il potere di provvedere anche dopo la formazione del silenzio provvedimentale con contenuto di rigetto di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 36, comma 3) e, nella specie, l’istanza di sanatoria risulta presentata nell’agosto del 2004, mentre il provvedimento comunale di rigetto si connette ad un parere negativo formulato dalla Commissione edilizia nella seduta del 19.12.2007 e correlato a nuove direttive riguardanti i mutamenti di destinazione d’uso emanate dall’assessore competente con circolari del giugno e del luglio del 2005.

Le doglianze delle ricorrenti, pertanto, a fronte dell’anzidetta questione, non possono ritenersi caratterizzate da manifesta infondatezza, sicchè l’impugnata sentenza deve essere annullata senza rinvio, perchè il reato era estinto per prescrizione già antecedentemente alla pronuncia della decisione di primo grado.

Trattasi, invero, di fattispecie contravvenzionale accertata il 6.5.2004, in relazione alla quale non sussiste alcun elemento che ne dimostri la successiva permanenza, sicchè il termine massimo prescrizionale coincide con il 6.11.2008.

Non può valutarsi alcuna sospensione ai sensi della L. n. 47 del 1985, artt. 44 e 38 (per la domanda di condono edilizio pure presentato dalle ricorrenti e rigettata dal Comune), poichè il mutamento abusivo della destinazione d’uso risulta realizzato successivamente al 31 marzo 2003, termine massimo previsto dal D.L. n. 269 del 2003 per il riconoscimento del condono.

All’inapplicabilità della sanatoria per condono edilizio si connette l’inapplicabilità della sospensione del procedimento penale (con le ovvie conseguenze quanto alla prescrizione del reato) e ciò indipendentemente dal fatto che il giudice abbia disposto o negato detta sospensione, dovendosi nel primo caso ritenere la sospensione inesistente per assenza del suo fondamentale presupposto (vedi Cass., Sez. Unite, 16.12.1999, n. 22, ric. Sadini ed altro).

Nella fattispecie in esame non sono computabili, pertanto, le sospensioni disposte dai giudici del merito in relazione al condono di cui al D.L. n. 269 del 2003.

La declaratoria di estinzione per prescrizione del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), travolge l’impartito ordine di demolizione delle opere abusive e di ripristino dell’originaria destinazione d’uso, che va revocato, poichè il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 9, correla tale sanzione amministrativa alle sole "sentenze di condanna", fermi restando comunque gli autonomi poteri-doveri dell’autorità amministrativa.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perchè il reato è estinto per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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