T.A.R. Campania Napoli Sez. V, Sent., 08-06-2011, n. 3003 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorso – con cui parte ricorrente, anche sulla scorta dell’intervenuto annullamento in sede giurisdizionale (sent. Tar Campania n. 10015/05) dei successivi atti contenenti la limitazione temporale alla validità della patente di guida, agisce per il risarcimento dei danni materiali e morali connessi all’illegittimità dell’azione amministrativa che lo ha costretto a sottoporsi a continue analisi cliniche e di laboratorio che rilevavano la sua estraneità all’uso di sostanze stupefacenti – è infondato e deve essere respinto per le ragioni che seguono.

Osserva, in via assorbente, il Collegio che le pretese risarcitorie formulate dalla parte ricorrente devono essere preliminarmente vagliate alla stregua dell’art. 1227 del cod. civ., dovendosi pervenire alla conclusione che la stessa abbia svolto un decisivo ruolo "concausativo" nella produzione dei danni lamentati.

La norma in esame prevede testualmente due ipotesi in tema di danno risarcibile: la prima è quella in cui il danno sia stato causato col concorso del fatto colposo del creditore; laddove, la seconda è quella in cui il danno avrebbe potuto essere evitato dal creditore con l’uso della ordinaria diligenza.

Il contenuto delle due disposizioni è stato inteso in dottrina nel senso che la prima atterrebbe al concorso colposo del danneggiato nel produrre l’inadempimento o il danno ingiusto extracontrattuale, mentre la seconda riguarderebbe invece i danni "ulteriori" che il creditore avrebbe potuto evitare e rispetto ai quali s’interrompe quindi il nesso causale con l’illecito.

In giurisprudenza, invece, più che dar rilievo al carattere primo o ulteriore del danno, si tende a valorizzare la circostanza che il danneggiato abbia concorso a causare il danno a sé medesimo attraverso un comportamento obiettivamente negligente.

Sulla scorta di tali coordinate ermeneutiche può dunque dirsi che il primo principio limita od esclude il risarcimento del danno che è causato in tutto o in parte dallo stesso danneggiato secondo la comune imputazione causale. Il secondo principio, invece, impone al danneggiato uno specifico dovere di correttezza inteso ad evitare il danno causato dal comportamento illecito del danneggiante.

Ritiene il Collegio che, a fronte di quanto è emerso nell’esposizione in fatto del ricorso e nella relazione depositata dall’amministrazione, il comportamento sia extraprocessuale di parte ricorrente (che, per un verso, è risultato trovato in possesso, il 14.10.07, di una modica quantità di sostanze stupefacenti, e, per altro verso, risulta avere in due occasioni ammesso di aver avuto "contati" con tali sostanze), sia processuale (avendo impugnato soltanto i provvedimenti limitativi della validità della patente di guida emessi dal 2002, non gravando le precedenti segnalazioni ed i conseguenti interventi limitativi a seguito delle disposte visite sanitarie) assuma quella consistenza effettuale tale da elidere il necessario cefficiente di ingiustizia che connota il danno risarcibile.

Con questo non si vogliono certamente invertire le responsabilità delle parti, non residuando alcun dubbio in ordine alle già censurate illegittimità poste in essere dall’amministrazione resistente, ma si vuole essenzialmente sottolineare che il conseguente danno prodotto, da un lato, risulta concausalmente determinato dal descritto comportamento inizialmente tenuto dall’odierno ricorrente; e, dall’altro, poteva essere certamente eliminato o fortemente limitato se la parte ricorrente, anziché indugiare, avesse tempestivamente impugnato tutti gli atti della complessa e concatenata vicenda procedimentale.

In buona sostanza, sia la condotta tenuta, sia la mancata e tempestiva impugnazione dei provvedimenti che hanno concorso alla produzione dell’entità del danno può, in questa sede, essere presa in considerazione per escludere il risarcimento ai sensi dell’art. 1227 c.c.

Rafforza detta conclusione l’indirizzo di parte della giurisprudenza amministrativa secondo cui l’art. 1227, comma 2, c.c. esclude che il risarcimento sia dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, atteso che il dovere del danneggiato di attivarsi per evitare il danno secondo l’ordinaria diligenza va inteso come sforzo di evitare il danno attraverso un’agevole attività personale, o mediante un sacrificio economico relativamente lieve (T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 24 dicembre 2002, n. 2414).. Trattasi di indicazioni ermeneutiche autorevolmente riprese, nell’innovativa sistematica del codice del processo amministrativo, da Consiglio Stato a. plen., 23 marzo 2011, n. 3, per cui può concludersi nel senso che il comportamento del danneggiato è idoneo ad escludere l’invocata tutela risarcitoria allorquando, come nel caso di specie, ha assunto un ruolo eziologico decisivo nella produzione di un pregiudizio che – sia per la rilevanza concausale della propria condotta, sia per il non corretto utilizzo dei rimedi rammentati, inquadrati in un contesto di doverosità complessiva esigibile in base ai principi di correttezza, buona fede ed imperniati sul canone dell’autoresponsabilità – avrebbe plausibilmente consentito di evitare.

In applicazione dell’art. 1227 c.c. il quale esclude – come si è accennato – il risarcimento relativamente ai danni che parte ricorrente avrebbe potuto evitare utilizzando l’ordinaria diligenza, il ricorso va respinto in quanto infondato.

Le spese possono compensarsi, ricorrendo giusti motivi.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, respinge il ricorso. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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