Cass. civ. Sez. V, Sent., 06-10-2011, n. 20449 Accertamento Base imponibile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso alla commissione tributaria provinciale di Ravenna la società A.B.C. Royal di Fantini Gilberto & C. sas. impugnava l’avviso di accertamento, relativo all’imposta IVA per l’anno 1998, fatto notificare dal competente ufficio, e con il quale l’amministrazione comunicava di avere accertato dei ricavi non contabilizzati, a fronte di quanto dichiarato dalla medesima. Essa esponeva che l’atto impositivo era privo di fondamento.

Instauratosi il contraddittorio, l’amministrazione eccepiva l’infondatezza dell’opposizione, atteso che l’accertamento era scaturito dalla verifica effettuata dalla Guardia di finanza, la quale aveva appurato fra l’altro che la società, che si occupava di intermediazione nelle compravendite immobiliari, non era titolare di alcun conto corrente; era a ristretta base familiare, ed inoltre i ricavi erano stati determinati sulla scorta dei vari movimenti bancari inerenti ai conti correnti dei soci e di parenti, sia per i versamenti che per i prelevamenti, come anche sostenuto da diversi clienti; pertanto chiedeva il rigetto del ricorso introduttivo.

Il giudice adito annullava l’atto impositivo.

Avverso la relativa decisione l’agenzia delle entrate proponeva appello, cui la contribuente resisteva, dinanzi alla commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, la quale lo rigettava, osservando che in realtà l’onere della prova dei propri assunti circa la riferibilità delle movimentazioni bancarie ai proventi della società gravava sulla l’amministrazione, che tuttavia non aveva dimostrato la pretesa tributaria se non solo con semplici presunzioni.

Contro questa decisione l’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

La A.B.C. Royal di Fantini Gilberto & C. ha resistito con controricorso, ed ha depositato memoria.
Motivi della decisione

1) Col primo motivo la ricorrente deduce violazione di diverse norme di legge, in quanto il giudice di appello non considerava che la società non operava con conti correnti propri, ma con quelli intestati ai soci e parenti, come verificato dalla polizia tributaria, sicchè scattava la prova presuntiva a favore dell’amministrazione, con conseguente inversione dell’onere della prova sulla contribuente, che però non lo aveva assolto.

Il motivo è fondato. Invero in tema di poteri di accertamento degli uffici finanziari devono ritenersi legittime le indagini bancarie estese ai congiunti del contribuente persona fisica, ovvero a quelli degli amministratori della società contribuente, in quanto sia il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, n. 7, riguardo alle imposte sui redditi, che il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, riguardo all’IVA, autorizzano l’ufficio finanziario a procedere all’accertamento fiscale anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a terzi, ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente, ipotesi, questa, ravvisabile nel rapporto familiare, sufficiente a giustificare, salva prova contraria, la riferibilità al medesimo accertato delle operazioni riscontrate su conti correnti bancari degli indicati soggetti, come nella specie; in particolare quando si tratti di movimentazioni bancarie cospicue senza che gli amministratori o terzi diano valida giustificazione di tali operazioni (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 18083 del 04/08/2010, n. 374 del 2009).

2) Il secondo motivo rimane assorbito dal primo.

3) Col terzo motivo la ricorrente denunzia vizio di motivazione, giacchè la CTR non considerava che, a prescindere dalle dichiarazioni rese dai vari clienti alla polizia tributaria, piuttosto erano significative le rilevanti operazioni inerenti ai conti correnti bancari intestati ai soci e parenti per farle risalire alla società di persone, senza che essa avesse offerto prova contraria.

La censura, che in parte rimane assorbita dal primo motivo, tuttavia va condivisa, posto che erano determinanti i rilievi emersi circa le movimentazioni bancarie, ancorchè formalmente facenti capo a soggetti diversi dalla contribuente, ma ad essa strettamente collegati per esserne soci e stretti parenti di questi, sicchè non poteva non scattare la prova presuntiva, con conseguente inversione dell’onere della prova sulla contribuente, che però non lo assolveva.

Ne discende che il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata, senza rinvio, posto che la causa può essere decisa nel merito, atteso che non occorrono ulteriori accertamenti di fatto, ex art. 384 c.p.c., comma 2, e rigetto del ricorso in opposizione della contribuente avverso l’avviso di accertamento.

Quanto alle spese dell’intero giudizio, esse seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata senza rinvio, e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo, e condanna la controricorrente al rimborso delle spese dell’intero giudizio, che liquida complessivamente per il primo grado in Euro 500,00 (cinquecento/00) per diritti, ed Euro 850,00 (ottocentocinquanta/00) per onorari; per il secondo in Euro 750,00 (settecentocinquanta/00) per diritti ed Euro 1.300,00 (milletrecento/00) per onorari, e per il presente in Euro 2.000,00 (duemila/00) per onorario, oltre a quelle prenotate a debito; alle generali ed agli accessori di legge.

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