Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-02-2011) 06-06-2011, n. 22291 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale di Pesaro, con sentenza del 9 marzo 2009, dichiarava F.M.C. e M.A. imputati – unitamente a C.P. (successivamente assolto) – del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 75 (fatto accertato il (OMISSIS)), colpevoli del suddetto reato, condannandoli, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di Euro 200,00 di ammenda ciascuno.

Avverso la detta sentenza propongono ricorso entrambi gli imputati a mezzo dei rispettivi difensori denunciando violazione della legge penale ed illogicità della motivazione in quanto la norma incriminatrice non poteva trovare applicazione nei confronti di soggetti diversi dal proprietario della costruzione, ovvero dal committente o dal progettista.

In via subordinata eccepivano l’intervenuta prescrizione, asseritamente maturata in data 29 aprile 2009.

Va, in via preliminare, esaminata la questione sollevata nel corso dell’udienza dal difensore della ricorrente F.M.C., relativa alla nullità derivante dalla tardiva notifica dell’avviso di trattazione dell’udienza dinnanzi a questa Corte effettuata nei confronti del difensore del ricorrente (e coimputato) M..

Si tratta di censura inammissibile in questa sede in quanto, pur dandosi atto della circostanza che effettivamente l’avviso nei riguardi del difensore del ricorrente M.A. è stato notificato in data 26 gennaio 2011 – dunque tardivamente rispetto al termine di giorni trenta previsto dall’art. 610 c.p.p., comma 5 – la relativa eccezione avrebbe dovuto essere sollevata dal difensore del ricorrente, non comparso, e non dal difensore dell’altra ricorrente che non ha alcuno specifico interesse.

Trattasi, invero, di nullità di tipo intermedio disciplinata dall’art. 182 c.p.p. per la quale occorre l’interesse del soggetto che la eccepisce (in questo senso, Cass. Sez. 3A 18.101994 n. 11263 Rv. 200279; cass. Sez. 5A 28.11.2007 n. 1765, Rv. 239097): la mancata comparizione del difensore interessato che avrebbe potuto eventualmente far valere la causa di nullità implica, quindi, la manifesta infondatezza della questione oggi sollevata.

Detto questo e passando al merito dei ricorsi, la tesi difensiva ivi esposta – sostanzialmente comune nel suo nucleo essenziale, divergendo solo in relazione alla diversa qualifica dei due ricorrenti – non può essere accolta.

A ciascuno di essi è stato fatto carico, nelle rispettive qualità di direttore dei lavori (la F.) e di costruttore quale Presidente del C.d.A. della "M.V. COSTRUZIONI s.r.l." (il M.) di avere consentito ad un gruppo di famiglie l’utilizzazione della costruzione multifamiliare realizzata nella lottizzazione sita in (OMISSIS), prima che venisse rilasciato il certificato di collaudo.

Correttamente il giudice ha ritenuto applicabile la normativa contestata ad entrambi gli imputati desumendola, anzitutto, dal riferimento contenuto al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 67 relativo alla necessità del collaudo statico per tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità e, ancora, dalla sostanziale posizione di garanzia rivestita da entrambi i soggetti in questione in quanto comunque deputati a garantire nel corso dei lavori e prima del loro collaudo, la sicurezza dell’edificio.

La tesi difensiva muove dall’erroneo convincimento che la norma in parola abbia quali destinatari soggetti ben determinati e che la loro enunciazione, come figurante nel testo, sia tassativa: si tratta di una interpretazione non consentita, in quanto non in linea con lo scopo perseguito dal legislatore.

Secondo l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 75, è configurabile – tra gli altri – anche a carico del costruttore, del committente o del proprietario (da ultimo Cass. Sez. 3A 24.11.2010 n. 1802, Marrocco, Rv. 249133). Tale tesi giustifica anche – pur in assenza di una affermazione esplicita – l’estensione della responsabilità a soggetti quali il direttore dei lavori, non espressamente indicati nel testo normativo: tanto, in correlazione con la ratto incriminatrice della norma urbanistica la quale mira a salvaguardare la sicurezza pubblica in modo assoluto.

Ne consegue che il Direttore dei lavori, in quanto primo garante della sicurezza, è certamente tenuto all’osservanza delle prescrizioni imposte dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 75 attraverso lo specifico obbligo di inibire l’utilizzazione dell’edificio prima del rilascio del certificato di collaudo (rilascio avvenuto, come ricordato dalla difesa dei due ricorrenti, il 29 ottobre 2004).

Non risultando il motivo manifestamente infondato va, tuttavia, osservato che alla data del 29 aprile 2009 è certamente maturato il termine massimo prescrizionale – in assenza di sospensioni del corso della prescrizione – pari ad anni quattro e mesi sei, dovendo trovare applicazione l’art. 157 c.p. nel testo antecedente alla L. n. 251 del 2005 (entrata in vigore l’8 dicembre 2005) avuto riguardo al tempus commissi delicti (29 ottobre 2004) e dovendo detta norma applicarsi in quanto più favorevole.

Solo per completezza, si rileva che la soluzione qui adottata non sarebbe in ogni caso mutata quand’anche avessero trovato applicazione i nuovi termini di prescrizione introdotti dalla L. n. 251 del 2005.

Conseguentemente va disposto l’annullamento della sentenza impugnata senza rinvio per estinzione del reato a seguito di prescrizione.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato per essere il reato estinto per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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