T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 08-06-2011, n. 479 Sospensione dei lavori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 Con atto notificato il 26 febbraio 2003 – depositato l’11 marzo 2003 -, i ricorrenti espongono:

(a) di aver presentato due denunzie di inizio di attività per "sistemazione terreno e realizzazione rampa di accesso al lotto e manutenzione straordinaria di un fabbricato in Via per Frosinone, al terreno in catasto al foglio 16 mappale 303, 1023, 857, 858 e 302"; in particolare i lavori di pulitura, avrebbero interessato la rimozione dei detriti e delle sterpaglie giacenti da lungo tempo sul terreno confinante con un terrapieno, sorretto da un manufatto in pietra a secco (cd. macera), sul cui vertice si snoda la strada comunale "Casette" che, dall’innesto su "Via per Frosinone", si addentra verso una zona agricola;

(b) che detto muro, non realizzato come opera di sostegno stradale, ma come terrazzamento in epoca antecedente alla costruzione della strada, nel corso dei lavori di preparazione per la pulitura del terreno era interessato da uno smottamento del quale informavano tempestivamente il comune per i dovuti interventi di riparazione e consolidamento;

(c) che venivano quindi diffidati al ripristino dello stato dei luoghi con nota alla quale facevano seguire osservazioni atte ad escludere la possibile dipendenza dello smottamento dai lavori eseguiti, partecipando comunque la possibile cessione volontaria di una porzione di terreno al comune, per realizzare un muro di sostegno con sottostante marciapiede;

(d) che con i provvedimenti impugnati il comune ordinava la sospensione dei lavori edili nonché il ripristino dello stato dei luoghi;

(e) che nelle more provvedevano ad eseguire quanto ordinato con il provvedimento n. 08/2003, ne davano comunicazione all’amministrazione ed incaricavano un tecnico di propria fiducia onde relazionare sullo stato dei luoghi e sulle cause dello smottamento.

2 Contestano quindi la legittimità delle ordinanze impugnate, deducendo: eccesso di potere, violazione di legge, carenza di motivazione (ordinanza n. 212) – eccesso di potere, violazione di legge, carenza di motivazione (ordinanza n. 08) – ottemperanza all’ordinanza n. 08 – mancata revoca del provvedimento – risarcimento dei danni.

3 Con atto depositato il 21 marzo 2003 si è costituito il comune di Ceccano, che ha opposto l’infondatezza del ricorso.

4 Con ordinanza n. 256 del 21 marzo 2003, la Sezione ha accolto la tutela cautelare.

5 Con istanza depositata il 6 ottobre 2009, i ricorrenti hanno partecipato il persistente interesse alla definizione del ricorso.

6 Alla pubblica udienza del 21 aprile 2003 il ricorso è stato chiamato ed introdotto per la decisione.
Motivi della decisione

1 Con l’ordinanza n. 212 del 27 dicembre 2002 il comune di Ceccano, dopo aver richiamato le denunzie di inizio di attività del 2001 – 2002 nonché l’accertata esecuzione di lavori di "… sbancamento e livellamento del terreno…, sbancamento che ha raggiunto la base di un preesistente muro a secco di contenimento della strada Comunale Casette, determinandone il crollo di una parte", ha sospeso i lavori ed ingiunto il ripristino dello stato dei luoghi.

2 Con il primo motivo i ricorrenti, argomentano l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, perplessità e mancanza di motivazione perché: (a) dall’ordinanza non emergerebbe con sufficiente chiarezza l’ambito di incidenza della sospensione e cioè, se essa interessi i lavori sul terreno o quelli inerenti l’edificio; il che avrebbe determinato uno stato di incertezza e comportato quindi la necessaria sospensione di ogni attività; (b) l’erroneo richiamo allo sbancamento in quanto i lavori di cui alla d.i.a del 2 aprile 2002, interessavano il "movimento di terreno al fine di livellare alcune zone e creare una rampa carrabile di accesso al lotto.".

3 Il motivo è nel complesso infondato.

3.1 In via preliminare, non può convenirsi con il primo profilo di censura perché nell’ordinanza sono stati, con puntualità, indicati i lavori privi di titolo edilizio dal che, l’evidente riferibilità della sospensione a quelli di "sbancamento e livellamento", ritenuti comunque non compresi nella denunzia di inizio di attività del 2002. Quanto poi al rilievo accordato, nel secondo profilo, ai contenuti di detta denunzia, ne va rappresentata l’infondatezza perché il comune ha accertato non l’esecuzione di lavori di "movimento del terreno" in funzione del livellamento dello stesso, bensì, come detto, di uno sbancamento "… che ha raggiunto la base di un preesistente muro a secco di contenimento della strada Comunale Casette, determinandone il crollo di una parte". In conclusione il motivo va disatteso perché la sospensione interessa solo l’esecuzione di opere, non riconducibili all’iniziativa dei ricorrenti, diverse da quelle di cui alla menzionata denunzia di inizio di attività, ritenute pertanto dall’amministrazione prive di titolo (autorizzazione edilizia o comunicazione).

4 Con successiva ordinanza prot. n. 811 – n. 8 del 15 gennaio 2003, il comune, presupposti la diffida del 10 dicembre 2002, il rapporto di polizia locale del 7 gennaio 2003, quindi la mancata esecuzione dei lavori di consolidamento, nonché ravvisata l’urgenza di provvedere, ha ordinato ai ricorrenti di "eliminare il pericolo di crollo del muro a sostegno della strada Comunale "Casette", mediante ripristino della scarpata", ai sensi degli articoli 30, comma 1, 2 e 3 del D. Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 e 54 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

4.1 I ricorrenti hanno rappresentato che non erano ancora decorsi i termini già assegnati con il primo provvedimento, che la tempestività sottesa ai provvedimenti contingibili ed urgenti avrebbe imposto al comune di provvedere, salvo poi richiedere i danni al privato, che evidente sarebbe la contraddittorietà perché l’urgenza sottesa all’eliminazione del pericolo non si connetterebbe, logicamente, con il tempo assegnato; infine che il comune non avrebbe potuto delegare i ricorrenti, peraltro incaricati dell’esecuzione di opere senza il dovuto corredo progettuale, trattandosi di attività che non può non incombere all’amministrazione medesima. Anche detto motivo va respinto.

4.2 In relazione all’indicato dato temporale è corretta la prospettiva dalla quale muove la difesa del comune. Nello specifico, il primo provvedimento assegna i termini per la riduzione in pristino di lavori ritenuti privi di titolo edilizio, profilo questo sul quale i ricorrenti nulla hanno opposto. E’ quindi evidente che tale referente, si giustifica in relazione ad una causa tipica della funzione, quale quella connessa alla sanzione di interventi abusivi. Nel provvedimento ora impugnato invece, la presupposizione normativa giustifica un intervento urgente (articolo 54 TUEL) con applicazione dell’articolo 30 del codice della strada. Può quindi concludersi che nel caso la diversità del dato temporale trova una sua giustificazione nella considerazione, rilevante in tale sede, della fattispecie per profili diversi da quelli interessanti l’aspetto edilizio oggetto dei termini di cui alla prima ordinanza. Aggiungasi poi per tale profilo che omettono, i ricorrenti, di rilevare come l’urgenza del ripristino emergeva già dalla nota prot. n. 24068 del 10 dicembre 2002 nonché dalla diffida sindacale di pari data, dalle quali si ricava che: (a) era stato accertato che i lavori di sbancamento avevano prodotto lo scalzamento del muro alla base; (b) erano stati adottati accorgimenti per disciplinare la viabilità dell’area interessata; (c) i ricorrenti si erano "… impegnati a ripristinare immediatamente la scarpata sottostante il muro di sostegno della piattaforma stradale.".

4.3 Ciò posto, l’esame della restante parte del motivo in discussione presuppone l’accertamento, in base agli atti di giudizio, del rapporto tra le richiamate evenienze. Sul punto si è già visto che con le note su citate il comune, richiamando gli esiti del sopralluogo del 6 dicembre 2002, ha ricondotto il crollo del muro all’esecuzione dello sbancamento. I ricorrenti hanno contestato un tale assunto con nota depositata presso il comune il 20 dicembre 2002; quindi hanno versato in giudizio apposita relazione tecnica. Su tale aspetto il Collegio ritiene che sussistano sufficienti elementi per convenire con le conclusioni alle quali è pervenuto il comune quanto al descritto rapporto "causa – effetto" deponendo in tal senso anche gli esiti della citata relazione. In particolare in detto contributo, il tecnico incaricato oltre a descrivere la struttura del muro, l’originaria funzione dello stesso nonché l’improprio utilizzo "…come opera di sostegno pur non avendone le caratteristiche (o al limite non proporzionato all’opera da sostenere)", rappresenta che il materiale di riporto, posto a ridosso ed a valle della porzione di muro crollata, è stato di recente asportato per motivi tecnici dalla Ditta in questione; con il che è dimostrato che, quanto meno fino all’intervento eseguito dai ricorrenti il predetto muro aveva, comunque, assolto all’impropria funzione venuta meno proprio in ragione di detto sbancamento.

4.4 Tanto premesso, può ora passarsi all’esame delle restanti doglianze le quali sono infondate. Sul punto come già detto, dalle disposizioni richiamate nel provvedimento impugnato, emerge che nel caso il comune ha combinato il provvedimento contingibile ed urgente con l’obbligo, che il codice della strada impone al "proprietario dei fabbricati e dei muri", di esecuzione dei lavori a tutela della sicurezza stradale. Tale specifica giustificazione non è stata puntualmente contestata dai ricorrenti che hanno prospettato altri e diversi profili i quali vanno comunque disattesi perché: (a) la congruità del termine assegnato rispetto alle esigenze di tutela dell’incolumità va rapportata agli accorgimenti nel frattempo predisposti dall’amministrazione, menzionati nella nota del 10 dicembre 2002 e nella coeva diffida sindacale; (b) l’assenza di ogni indicazione sui lavori è aspetto che attiene all’esecuzione e che può quindi esser concordato con il comune che, giova ribadirlo, ha comunque imposto il ripristino dello status quo ante.

5 Con l’ultima censura i ricorrenti, dopo aver rappresentato che i lavori erano dagli stessi stati eseguiti, lamentano la mancata revoca e dell’ordinanza prot. n. 811 – n. 8 e di quella di sospensione dei lavori. Pure detto motivo va respinto. Ed, infatti, posto che entrambe le ordinanze impongono il ripristino dello stato dei luoghi, l’assunto che sostiene la censura in esame risulta espressamente smentito dalla nota prot. n. 5047 del 12 marzo 2003, prodotta dal comune al momento della costituzione in giudizio, dalla quale si ricava che "Effettuato un sopralluogo per verificare i lavori intrapresi, si è rilevato che i lavori di ripristino della scarpata sono stati effettuati solo parzialmente per una lunghezza di circa 6 ml. e per un’altezza inadeguata e non sono stati effettuati affatto per il restante muro che è rimasto scalzato (cedi foto allegate).".

6 In definitiva il ricorso va respinto. Le spese seguono, come per legge, la soccombenza per l’ammontare in dispositivo liquidato.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione staccata di Latina (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio che liquida in complessivi Euro 2.000,00 (duemila,00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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