Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 05-05-2011) 07-06-2011, n. 22695 Motivazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

nici Antonio.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il 3 maggio 2006 il GUP del Tribunale di Genova, all’esito del giudizio articolato nelle forme del giudizio abbreviato, condannava B.S., imputato del tentato omicidio di G.M. e del porto ingiustificato del coltello utilizzato per commetterlo, alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione, con la concessione delle attenuanti generiche e la diminuente del rito.

A sostegno della condanna il giudice di prime cure poneva le dichiarazioni dello stesso imputato, quelle della p.l., le testimonianze di G.A., fidanzata di quest’ultima, e del padre, nonchè la ctu medico-legale eseguita per accertare natura e caratteristiche delle lesioni cagionate, esiti processuali, questi, che consentivano al giudice di prime cure di ricostruire i fatti di causa nel modo seguente.

La sera del (OMISSIS) G.M. veniva accoltellato all’addome ed in ospedale, dove era stato trasportato e ricoverato con prognosi riservata dappoichè l’arma, penetrando in profondità, aveva leso il fegato, accusava dell’azione, dopo iniziali reticenze, B.S., ex fidanzato della sua fidanzata.

La vittima quella sera, mentre era in compagnia di altri amici, aveva incontrato l’imputato nel centro storico di (OMISSIS) e questi, secondo il racconto della vittima non nuovo a comportamenti del genere, aveva preso ad insultarlo perchè indispettito della sua relazione sentimentale e mentre egli cercava di calmarlo, lo avrebbe improvvisamente e con mossa fulminea accoltellato. La vittima raccontava infine di aver avuto la forza, prima di cadere a terra, di raccogliere un bastone ed inseguire l’aggressore. L’imputato da parte sua, in sede di interrogatorio, aveva raccontato dell’incontro casuale, precisando però che in tale occasione la vittima si era avvicinata a lui con fare minaccioso, ragione per la quale, temendo per la sua incolumità, lo aveva colpito. Su tali premesse il giudice di prime cure aveva valorizzato le stesse dichiarazioni dell’imputato per affermarne la colpevolezza in relazione all’ipotesi contestata, considerati i pessimi rapporti tra imputato e vittima, le risultanze della consulenza medico-legale, (che aveva concluso per l’idoneità della coltellata inferta a cagionare la morte della vittima, evitata dal suo ricovero in ospedale) e tenuto conto, altresì, che andava esclusa la ricorrenza nella fattispecie della legittima difesa, reale ovvero putativa, per la mancanza di un’azione violenta della vittima e comunque per la palese sproporzione tra l’azione aggressiva dell’imputato ed il comportamento della vittima e considerato infine il dolo con il quale l’imputato agì, reso palese dagli accadimenti, dolo da qualificare come diretto dappoichè volta la coltellata, per la direzione, la violenza con la quale era stata portata e gli organi attinti, ad uccidere.

2. Avverso la sentenza assolutoria di prime cure proponeva appello l’imputato, contestando la qualificazione giuridica della condotta, da riferire – a suo avviso – alle lesioni volontarie gravi e non già all’ipotesi omicidiaria, sostenendo comunque l’insussistenza del reato contestato, invocando il riconoscimento della legittima difesa e dell’attenuante del risarcimento del danno, ed insistendo, infine, per la massima estensione delle riconosciute attenuanti generiche e della riduzione di pena relativa all’ipotesi tentata.

La Corte di Appello di Genova, con sentenza del 31.5.2010, rigettava le doglianza dell’imputato e confermava la sentenza impugnata.

Per quanto di interesse nel presente giudizio di legittimità, il giudice di secondo grado: richiamava gli esiti della CTU e negava la fondatezza di quella di parte, per escludere la fondatezza di altre qualificazioni giuridiche diverse da quelle contestate; negava una qualsivoglia azione violenta della vittima giustificativa della tesi difensiva della legittima difesa, ancorchè putativa; argomentava circa la giustezza del trattamento sanzionatorio e della regolamentazione operata in prime cure sia delle attenuanti, sia della diminuzione di pena connessa all’ipotesi tentata.

3. Ricorre per Cassazione avverso la pronuncia della Corte distrettuale l’imputato, assistito dal difensore di fiducia, articolando tre motivi di impugnazione.

3.1 Col primo di essi lamenta la difesa ricorrente difetto di motivazione e violazione di legge in ordine alla qualificazione giuridica della condotta dell’imputato ed all’applicazione dell’art. 52 c.p., al riguardo deducendo che:

– non avrebbe tenuto conto, immotivatamente, la Corte distrettuale delle conclusioni della consulenza di parte, appiattendosi, viceversa, su quella di ufficio;

– le argomentate conclusioni del consulente di parte escluderebbero, infatti, l’ipotesi delittuosa del tentato omicidio;

– sull’elemento soggettivo del reato, individuato nella figura teorica del dolo alternativo, compatibile con il delitto tentato, la Corte avrebbe svolto una motivazione stringata e telegrafica;

– non avrebbero tenuto conto i giudicanti di seconde cure dei numerosi elementi probatori offerti dal processo ed indicati nella consulenza di parte.

3.2 Col secondo motivo di ricorso denuncia la difesa ricorrente violazione di legge e difetto di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’esimente di cui all’art. 52 c.p., ancorchè nella ipotesi putativa, in particolare argomentando che:

– le argomentazioni della Corte si ridurrebbero a poche righe di motivazione;

– la Corte avrebbe ignorato l’insegnamento sul punto del giudice di legittimità;

– "Il giudicante non considera … che tutto ciò (gli elementi giustificativi della legittima difesa putativa) può agevolmente valutarsi solo ex post, mentre nell’immediatezza, la percezione oggettiva della situazione di fatto da parte del soggetto direttamente coinvolto può essere del tutto opposta……". 3.3 Col terzo ed ultimo motivo di ricorso denuncia la difesa ricorrente difetto di motivazione sul rilievo della "eccessiva sintesi della motivazione della sentenza di secondo grado" ovvero della considerazione che essa motivazione "si limita a riportare praticamente per intero il tenore letterale del provvvedimento emesso dal GUP", "riducendo la parte motiva sostanziale in una cartella, sulle otto di cui si compone l’intero provvedimento". 4. Il ricorso è manifestamente infondato.

4.1 Manifestamente infondato è, in particolare, il primo motivo di impugnazione, peraltro genericamente illustrato a fronte della puntuale, compiuta e logica motivazione articolata dal giudice di secondo grado.

Le deduzioni difensive, infatti, risultano genericamente esposte, giacchè non si indicano nello specifico le argomentazioni della consulenza di parte idonee a sostenere la tesi difensiva, nè, al di là dell’apodittica affermazione, si articola logicamente la ragione per la quale, la pur sintetica motivazione del giudice a quo in ordine al dolo che avrebbe animato l’agire dell’imputato, non sarebbe normativamente corretta ovvero logicamente coerente.

4.2 Del pari manifestamente infondato appare il secondo motivo di ricorso attesa la sua palese aspecificità.

La difesa afferma la tesi ma evita di riportare con precisione i dati di fatto processuali dai quali, con coerenza logica, dedurre le conclusioni assunte. E ciò a fronte di una motivazione certamente non diffusa ma esaustiva nella ricostruzione degli accadimenti e nella indicazione della condotta dell’imputato, dallo stesso riferita, in assenza di una qualsivoglia azione violenta della vittima e di un qualche dato probatorio giustificativo della putatività invocata difensivamente.

4.3 Anche, infine, il terzo motivo di censura appare manifestamente infondato.

La sinteticità della motivazione articolata dalla Corte territoriale non riverbera infatti, di per sè, nel vizio di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), che va riscontrato e processualmente sanzionato allorchè il giudicante non dia conto delle ragioni dell’impugnazione e non ne valuti il contenuto.

Nel caso in esame, al di là delle affermazioni riportate testualmente nella sintesi di cui innanzi, non indica la difesa ricorrente quali degli argomenti difensivi siano stati ignorati e dove il ragionamento accusatorio sia in debito con le regole della logica ovvero con le risultanze processuali.

4.4 In sede di discussione davanti a questa Corte di legittimità ha inoltre il difensore invocato l’estinzione del reato di cui al capo b) della rubrica perchè maturato il termine prescrizionale.

La tesi non può essere accolta.

E’ infatti nota la lezione di questa Corte di legittimità secondo cui la inammissibilità del ricorso per Cassazione (nella specie esaminata dalle ss.uu. per assoluta genericità delle doglianze) preclude ogni possibilità sia di far valere sia di rilevare di ufficio, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., l’estinzione del reato per prescrizione, pur maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza di appello, ma non dedotta nè rilevata da quel giudice (Cass., Sez. Unite, 22/03/2005, n. 23428; Cass., Sez. 3, 08/10/2009, n. 42839; Cass., Sez. 1 Sent., 04/06/2008, n. 24688).

5. Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso in esame va dichiarato inammissibile ed alla declaratoria di inammissibilità consegue sia la condanna al pagamento delle spese del procedimento, sia quella al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, somma che si stima equo determinare in Euro 1000,00.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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