T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 08-06-2011, n. 5124 Indennità varie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Gli odierni ricorrenti sono tutti appartenenti al Corpo della Polizia penitenziaria ed assumono di aver svolto servizi esterni su turni stabili e periodici, per tre giorni a settimana, sulla base di formali ordini di servizio, percependo, a decorrere dal mese di novembre 1996, l’indennità per servizio esterno, in misura unica giornaliera, secondo quanto previsto dall’art. 9, commi 1 e 2, del d.P.R. 31.7.1995, n. 395.

A decorrere dal 1° novembre 2007, detta indennità è stata loro corrisposta in misura doppia, in base al combinato disposto degli artt. 8, comma 2, e 38 (quest’ultimo sancente l’entrata in vigore del provvedimento) del d.P.R. 11.9.2007, n. 170.

Con il presente ricorso essi chiedono il riconoscimento del loro diritto all’indennità in parola in misura doppia sin dal 1° novembre 1996, perciò in relazione all’arco temporale intercorrente tra tale ultima data ed il 1° novembre 2007, data in cui detta indennità è stata già percepita con la modalità richiesta, e la condanna dell’Amministrazione al pagamento del quantum dovuto a tale titolo.

I motivi di diritto dedotti sono i seguenti:

1) violazione e falsa applicazione di legge: art. 9, commi 1 e 2, del d.P.R. 31.7.1995, n. 395, ed art. 11, comma 1, della L. 15.12.1990, n. 395 – eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà dell’azione amministrativa, disparità di trattamento – manifesta ingiustizia: a mente della seconda disposizione di legge menzionata, l’orario di servizio per il personale del Corpo di Polizia penitenziaria è articolato "in turni giornalieri secondo le esigenze di servizio" e nella specie, essendo il servizio concentrato in 3 giorni a settimana, con 12 presenze massime al mese, l’indennità per servizi esterni nel periodo in contestazione sarebbe stata corrisposta ai ricorrenti solo in relazione a tali giorni di presenza, con disparità di trattamento rispetto ad altri dipendenti, svolgenti il loro turno su 5/6 giorni lavorativi; per suffragare la fondatezza della tesi qui sostenuta, viene richiamata la sentenza di questa sezione n. 246/2010, tuttavia riferita alla diversa fattispecie del controvalore del buono pasto;

2) violazione degli artt. 3, 1° comma, e 36, 1° comma, Cost.: in via subordinata, si sostiene il contrasto della normativa conferente su richiamata con i principi contenuti nei suddetti articoli della Costituzione italiana.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, a mezzo dell’Avvocatura generale dello Stato.

Nella camera di consiglio del 7.10.2010, la parte ricorrente ha rinunciato alla domanda cautelare, proposta in via incidentale, come risulta a verbale, ed è stata fissata l’udienza pubblica.

In data 10.3.2011 l’Amministrazione resistente ha depositato una memoria difensiva, con la quale la stessa ha eccepito il perfezionarsi della prescrizione quinquennale del diritto alla doppia indennità in parola, fatto valere dai ricorrenti, rilevando che, perciò, esso potrebbe al più essere riconosciuto per una parte del 2005, per il 2006 e per una parte del 2007 (essendo stata detta indennità corrisposta in misura doppia, a decorrere dal 1° novembre 2007).

Essa ha, altresì, confutato nel merito la tesi avversaria, in particolare evidenziando che l’art. 8 del d.P.R. 11.9.2007, n. 170, non avrebbe natura retroattiva e conseguentemente l’indennità di che trattasi non sarebbe erogabile per i periodi precedenti a quello a partire dal quale ha assunto rilievo la durata del turno.

Nella pubblica udienza del 5.5.2011 il ricorso è stato introitato per la decisione.
Motivi della decisione

1 – Con il ricorso in esame gli attuali istanti, tutti appartenenti al Corpo della polizia penitenziaria, chiedono il riconoscimento del loro diritto all’indennità in parola in misura doppia, in relazione all’arco temporale intercorrente tra il 1° novembre 1996 ed il 1° novembre 2007, durante il quale gli stessi l’hanno, invece, percepita in misura unica, e la condanna dell’Amministrazione al pagamento del quantum dovuto a tale titolo, assumendo di aver svolto servizi esterni su turni stabili e periodici, per tre giorni a settimana, sulla base di formali ordini di servizio.

2 – Preliminarmente può prescindersi dall’esame dell’eccezione del perfezionarsi della prescrizione quinquennale del diritto de quo, sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato, attesa in ogni caso l’infondatezza del ricorso.

3 – Nel merito va in primo luogo rimarcata la natura di diritto soggettivo della situazione giuridica soggettiva posta a fondamento delle domande, anche per il contenuto patrimoniale della pretesa azionata.

Ne consegue la necessità dell’individuazione di un’espressa previsione normativa che la contempli.

3.1 – Il d.P.R. 31.7.1995, n. 395, per la prima volta ha previsto in modo espresso la corresponsione di una specifica indennità, che qui individuiamo quale "per indennità esterna", nei confronti del "personale" di polizia "impiegato nei servizi esterni, organizzati in turni sulla base di ordini formali di servizio", ed altresì del "personale del Corpo di polizia penitenziaria impiegato in servizi organizzati in turni, sulla base di ordini formali di servizio, presso le sezioni o i reparti e, comunque, in altri ambienti in cui siano presenti detenuti o internati".

L’art. 11 D.P.R. n. 254/99 ha poi esteso l’indennità in questione "al personale delle forze di polizia ad ordinamento civile che eserciti precipuamente attività di tutela, scorta, traduzione, vigilanza, lotta alla criminalità, nonché tutela della normativa in materia di poste e comunicazioni, impiegato in turni e sulla base di ordini formali di servizio svolti all’esterno degli uffici o presso enti e strutture di terzi".

3.2 – Appare evidente che le menzionate disposizioni normative non hanno ancorato né la sussistenza e la maturazione del diritto a tale indennità, né la sua misura ad un preciso arco temporale di servizio avente le descritte caratteristiche.

3.3 – Con il d.P.R. 18.6.2002, n. 164, e, segnatamente con l’articolo 9, comma 1, si è specificato che l’indennità fosse corrisposta "al personale impiegato nei servizi esterni di durata non inferiore a tre ore".

Il termine suddetto ha costituito unicamente un limite minimo, al di sotto del quale non poteva essere riconosciuto il diritto in questione e non poteva conseguentemente essere erogato il relativo corrispettivo, ma non è possibile attribuire allo stesso funzione e significato ulteriori. In altre parole, stante comunque a tal fine la necessità di prestare il servizio di che trattasi per almeno tre ore in una giornata, tuttavia la misura dell’indennità rimaneva invariata, essendo indipendente e svincolata dall’eventuale maggior numero di ore di servizio prestate nel citato arco temporale.

3.4 – Solo nel 2007, con l’articolo 8, comma 2, del d.P.R. n. 170, avente, perciò, pari rango di quelli anteriori, in precedenza menzionati, trattandosi sempre di recepimento di accordi sindacali, per la prima volta è stata riconosciuta, in capo "al personale che, per esigenze eccezionali dell’Amministrazione, effettua un orario settimanale articolato a giorni alterni", l’indennità di cui trattasi "in misura doppia", con il limite, di natura finanziaria, della misura di 30 indennità per ciascun dipendente, nell’arco del mese. L’articolo 38 ne ha poi fissato la decorrenza, identificandola nel 1° novembre 2007.

4 – La portata della disposizione in parola è chiaramente innovativa, in quanto solo col recepimento dell’accordo sindacale valevole per il quadriennio normativo 20062009 ed il biennio economico 20062007 l’Amministrazione ha riconosciuto il diritto alla doppia indennità.

Non può, perciò, condividersi quell’orientamento giurisprudenziale (cfr.: Cons. Stato – sezione VI – 16.2.2011, n. 989; T.A.R. Lazio – Roma – sezione I ter – 29.9.2009, n. 9360), secondo cui la norma richiamata avrebbe valore ricognitivo di una situazione esistente o natura interpretativa delle menzionate precedenti disposizioni e, perciò, carattere retroattivo.

Soltanto, infatti, con l’ultimo accordo sindacale citato si è voluto ancorare il diritto all’indennità alla durata della prestazione in servizi esterni eseguita. E non sembra inutile ribadire in proposito quanto già affermato in precedenza, ossia che per il riconoscimento di un diritto, in questo caso per giunta di natura patrimoniale, è necessario un puntuale fondamento giuridico.

5 – Come emerge dalla disamina fatta, l’Amministrazione si è correttamente attenuta a quanto previsto dalla normativa di volta in volta vigente, provvedendo alla corresponsione in misura doppia solo quando una previsione espressa in tal senso vi è stata.

Perciò non si registra la dedotta violazione di legge, neppure dell’articolo 11, comma 1, della L. 15.12.1990 n.395, che, attraverso il rinvio mobile all’articolo 19, comma 14, demanda ad un d.P.R., da adottarsi con le modalità ivi stabilite, la definizione, tra l’altro, dell’orario di lavoro, ma precisa anche che "il numero complessivo delle ore settimanali" sia "ripartito in turni giornalieri secondo le esigenze di servizio".

Infatti, proprio le esigenze di servizio, per i dipendenti nella stessa posizione dei ricorrenti, hanno fatto protrarre l’orario di lavoro giornaliero per un numero tale di ore, da comportarne la sua articolazione in soli tre giorni settimanali.

Nessuna previsione peculiare, sul punto che qui interessa, è, invece, ivi contenuta, in relazione a tali dipendenti; deve in proposito rammentarsi che l’indennità in parola è stata riconosciuta solo in un momento successivo.

6 – Deve poi puntualizzarsi che si tratta di un caso differente da quello invocato nell’atto di ricorso, laddove, per sostenere la fondatezza della tesi della sussistenza del loro diritto a percepire l’indennità in questione in misura doppia, gli istanti hanno richiamato la sentenza di questa sezione n. 246/2010, concernente invece la fattispecie del controvalore del buono pasto.

Quest’ultimo serve ad indennizzare una spesa effettivamente sostenuta dal dipendente, che, in ragione di esigenze di servizio, non può consumare il pasto nella propria abitazione, né gli è consentito di fruire di un servizio mensa; pertanto lo stesso, se è tenuto a trattenersi nel luogo di lavoro, lontano da casa, oltre le 9 ore, è costretto a mangiare per due volte fuori casa. In proposito, la stessa Amministrazione, differentemente da quanto si è visto per l’indennità per servizio esterno, ha cominciato a riconoscere ed a corrispondere il controvalore del buono pasto in misura doppia dal 10.1.2009, sulla base soltanto di una propria circolare, perciò, in assenza di un’espressa previsione normativa.

Diversamente, nel caso in esame l’indennità non vale a indennizzare una spesa sostenuta dal dipendente, seppure calcolata in modo forfetario, bensì a ripagare un disagio fisico, rispetto al quale, fino al 2007 nessuna rilevanza è stata attribuita ex lege al numero di ore in cui esso veniva subito.

7 – Per le considerazioni svolte non si ravvisa neppure il dedotto contrasto con i principi di cui agli articoli 3 e 36 Cost., atteso che l’indennità "per servizio esterno" non ha valore retributivo, essendo, invece, come sopra già rilevato, un indennizzo per un disagio sopportato. Per ciò stesso, sulla base dei principi generali, essa, laddove non vi sia un’espressa previsione normativa in tal senso, non deve essere parametrata al numero di ore lavorate e, conseguentemente, non sussiste alcuna disparità di trattamento tra dipendenti aventi turni di lavoro diversamente articolati.

8 – In conclusione, alla luce di quanto evidenziato in questa sede, il ricorso è privo di fondamento e deve essere respinto.

9 – Le spese di giudizio, i diritti e gli onorari di difesa devono, tuttavia, essere compensati integralmente tra le parti, tenuto conto della peculiarità della questione sottesa e disaminata.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – sezione I quater, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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