Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 04-05-2011) 07-06-2011, n. 22717

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza del 25 novembre 2010 il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del riesame, confermava quella resa dal G.I.P. del Tribunale di Tivoli il quale, il precedente 6.11 ed in danno di P.F., aveva disposto la misura cautelare in carcere, giacchè gravamente indiziata, in concorso con Fe.Ez., G.C. e V.A. dei reati di omicidio volontario di Fa.Go., distruzione di cadavere e connesse violazioni della legge in materia di armi.

A sostegno della decisione il Tribunale esponeva che il mattino del (OMISSIS), accanto alla sua autovettura data alle fiamme, in (OMISSIS), veniva rinvenuto il cadavere di Fa.Go., attinto da un colpo di pistola alla fronte, con una profonda ferita da arma da taglio sul volto e numerose ecchimosi attribuibili all’azione di corpi contundenti. Alle indagini immediatamente attivate dava un decisivo contributo la trasmissione di materiale da parte della DDA di Cagliari, impegnata in indagini volte a perseguire una associazione finalizzata al narcotraffico tra Lazio e Sardegna, nel corso delle quali era stata disposta l’intercettazione di colloqui tra presenti a bordo dell’autovettura di Fe.Ma. munita da rivelatore satellitare.

Orbene, rilevava il tribunale che tali acquisizioni, ed in particolare i segnali GPS, permettevano di accertare che la notte dell’omicidio per cui è causa l’autovettura si trovava sul luogo del delitto, ed i colloqui intercettati consentivano di identificare gli occupanti del mezzo, di seguire la registrazione della preparazione dell’omicidio nelle fasi temporali immediatamente precedenti, con il riparto dei ruoli, ivi compreso quello della indagata ricorrente. Le intercettazioni dette consentivano inoltre di seguire ogni momento della esecuzione della condotta omicidiaria, con i successivi commenti dei protagonisti, dai quali si apprendeva altresì che vittima designata dell’omicidio era tale U. e che la vittima era stata uccisa anche se diversa da quella designata. Sulla base dei fatti come innanzi accertati, delle emergenze istruttorie dette, dell’intercettazione dell’autovettura del Fe. alle ore 21,50 del 3.11.2010 con a bordo tutti gli indagati e degli esiti dell’esame autoptico sul corpo della vittima, confermativi della ricostruzione desumibile dalle evocate intercettazioni, il Tribunale riteneva di confermare l’ordinanza impugnata, motivando altresì per l’infondatezza delle eccezioni processuali illustrate dai difensori in ordine alla genericità del decreto intercettivo ed alla tardività del decreto di proroga di esso.

2. Ricorre al giudice di legittimità per l’annullamento dell’impugnata ordinanza P.F., assistita dal difensore di fiducia, che sviluppa a sostegno della impugnazione due motivi di ricorso.

2.1 Col primo di essi denuncia la difesa ricorrente violazione degli artt. 266, 267 e 271 c.p.p., art. 309 c.p.p., comma 5, in particolare osservando che:

– l’originaria autorizzazione alle captazioni utilizzate dai giudicanti decorreva dal 1 settembre 2010 per giorni 40, di guisa che la sua efficacia era cessata il 10 ottobre;

– solamente il 22 ottobre 2010 la procura inquirente avrebbe autorizzato con un ulteriore decreto provvisorio la proroga delle captazioni con decorrenza dal 25.10.2010;

– tale decreto provvisorio è stato convalidato dal GIP il 25 ottobre;

– ciò implica la tardività dell’autorizzazione stessa, oltre che la sua illegittimità, per violazione dell’art. 267 c.p.p., comma 2 perchè tardivamente intervenuta (oltre le 48 ore) la convalida del GIP;

– nè possono i provvedimenti di proroga ritenersi come autonome autorizzazioni, dappoichè mancanti, in tale ipotesi, di adeguate e sufficienti motivazioni;

– ricorre nella fattispecie, pertanto, la violazione del divieto di utilizzazione di cui all’art. 271 c.p.p.;

– altresì illegittimamente, per violazione dell’art. 309 c.p.p., comma 5, deve ritenersi abbia il Tribunale deciso l’istanza di riesame dopo aver irritualmente disposto il rinvio dell’udienza, al 24.11., per l’acquisizione ex officio di materiale probatorio volto ad accertare la data di inizio delle operazioni di intercettazione.

2.2 Col secondo motivo di ricorso denuncia la difesa ricorrente illogicità della motivazione e travisamento probatorio sul rilievo che la posizione processuale dell’indagata, giovane ed incensurata e coinvolta nella vicenda solo perchè fidanzata e convivente del V., è stata valutata alla stregua di quella dei coindagati; che l’uso del pugnale imputato all’indagata non ha determinato alcun effetto sulla vittima, deceduta per il precedente sparo di pistola; che è debole il quadro indiziario identificativo dell’indagata nella " F." di cui alle intercettazioni; che immotivata si appalesa la scelta della misura cautelare più severa, anche perchè accreditati precedenti per droga in realtà inesistenti e non valutati la giovane età ed il ruolo sicuramente marginale nella vicenda.

3 La doglianza è manifestamente infondata. Quanto alle eccezioni processuali osserva la Corte che le stesse risultano proposte in violazione del principio di autosufficienza del ricorso di legittimità.

E’ noto infatti che deve essere recepito ed applicato anche in sede penale il principio della "autosufficienza del ricorso", costantemente affermato, in relazione al disposto di cui all’art. 360 c.p.p., n. 5 dalla giurisprudenza civile, con la conseguenza che, quando si lamenti la omessa, la insufficiente ovvero travisata valutazione di specifici atti del processo penale, è onere del ricorrente suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti medesimi (ovviamente nei limiti di quanto era già stato dedotto in precedenza), dovendosi ritenere precluso al giudice di legittimità il loro esame diretto, a meno che il "fumus" del vizio dedotto non emerga all’evidenza dalla stessa articolazione del ricorso (Cass., Sez. 1, 18/03/2008, n. 16706; Cass., Sez. 1, 22/01/2009, n. 6112;

Cass., Sez. 1, 29/11/2007, n. 47499; Cass., Sez. feriale, Sent.

13/09/2007, n. 37368; Cass., Sez. 1 (Ord.), 18/05/2006, n. 20344).

Nel caso di specie si lamenta l’insufficiente motivazione dei decreti autorizzativi delle intercettazioni utilizzate dai giudicanti, eccezione diffusamente contrastata con motivazione logica dal Tribunale, ma non viene consentito alla Corte la valutazione della motivazione stessa o attraverso l’allegazione al ricorso delle motivazioni in argomento o mediante la loro trascrizione.

Del pari l’eccezione di intempestività della proroga delle autorizzazioni medesime viene dedotta in assenza di adeguata esibizione documentale a conforto della tesi difensiva, a fronte di quella contraria puntualmente motivata dal tribunale a confutazione proprio della intempestività.

Quanto poi ai supposti limiti istruttori del Tribunale in sede di riesame, giova ricordare che, in tema di riesame di misure cautelari, l’acquisizione, anche d’ufficio, di informazioni ed atti necessari per deliberare su eccezioni in rito eventualmente proposte dalle parti costituisce espressione di un dovere funzionale, il cui esercizio è indispensabile per la corretta definizione del procedimento incidentale, specie nell’ipotesi in cui nessuna disposizione normativa preveda un onere di preventiva documentazione a carico della parte i cui atti vengono contestati (In tal senso in una fattispecie in cui è stata disposta l’acquisizione d’ufficio di certificazione attestante la data di iscrizione del nominativo dell’indagato nel registro delle notizie di reato (Cass., Sez. 6, 21/01/2009, n. 7475).

D’altra parte è rimessa alla discrezionalità del Tribunale, da una parte, la valutazione delle esigenze istruttorie connesse al procedimento e ad una esaustiva conoscenza dei fatti e delle vicende processuali e, dall’altra, la compatibilità dell’esercizio del relativo potere con la necessità di pervenire rapidamente ad una decisione, dall’altra.

Del pari infondati appaiono, nella fattispecie, i rilievi in ordine al difetto di motivazione.

Ha il tribunale infatti fondato la valutazione in ordine alla riccorrenza del requisito relativo alla gravità indiziaria su acquisizioni probatorie di palese ed evidente significatività probatoria, atteso il carattere inequivoco delle lunghe conversazioni intercorse tra tutti gli indagati prima e dopo l’uccisione del Fa. ed in particolare, per quello che qui interessa, quelle pronunciate dall’indagata, riconosciuta come la fidanzata di uno dei coindagati e con gli altri fermata, poche ore dopo il delitto, a bordo dell’autovettura utilizzata per compierlo.

Diffusa esaustiva ed esemplarmente completa si appalesa poi la motivazione impugnata nella parte relativa al tema delle esigenze cautelari, individuate, con coerenza logica non censurabile: a) nel pericolo di inquinamento probatorio nella fase di ricomposizione del quadro, certamente complesso ed articolato, in cui è maturato il delitto; b) nel pericolo di l’iterazione di condotte criminose attesa l’ansia dimostrata dall’indagata nel dimostrarsi pari ai coindagati nella violenza e nella brutalità dell’azione; c) nella considerazione che le circostanza dette soverchiano i dati positivi dati dalla incensuratezza dell’indagata e che gravita della condotta e personalità dell’indagata convergono verso la indicazione della più severa tra le misure cautelari previste.

4. Il ricorso va pertanto rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese del procedimento a mente dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della cassa per le ammende. DISPONE trasmettersi a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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