T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 08-06-2011, n. 5116 Equo indennizzo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Sig. P. ha prestato servizio nel Corpo della Polizia penitenziaria in diverse sedi di lavoro dal 14.2.1981 fino al 30.7.2003, quando è stato giudicato "non idoneo permanentemente al servizio di istituto" dalla terza Commissione medica ospedaliera presso l’Ospedale militare di Firenze, perché affetto, tra le altre patologie, da "disturbo dell’umore con spunti atipici", ed è stato congedato, con effetto dalla richiamata data, giusta decreto direttoriale del 17.7.2005.

A partire dal novembre 1985 lo stesso ha cominciato a soffrire di stato ansioso fobico. In particolare, come risulta dalla certificazione medica prodotta in giudizio, lo stesso ha presentato i relativi sintomi sino a quasi tutto il 1986.

Va rilevato che, con decorrenza immediata dal 30.4.1985, questi era stato trasferito d’ufficio dalla casa circondariale di Pistoia a quella di Ivrea ed immediatamente dopo, dal 9.5.1985, presso la casa circondariale di Rovigo.

In data 7.12.1999 il ricorrente ha presentato istanza di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio per lo stato ansioso disforico marcato, di cui soffriva.

La terza commissione medicoospedaliera del Centro militare di medicina legale di Firenze in data 24.7.2003, dopo aver rilevato che lo stesso mancava dal servizio da circa 16 mesi per "sindrome ansiosodepressiva in trattamento psicofarmacologico in personalità labile impulsiva", lo ha dichiarato inidoneo in modo assoluto al servizio di istituto, per "stato ansioso di discreta entità", ascrivibile alla Tabella A – 7^ categoria, allegata al d.P.R. 30.12.1981, n. 834, ritenendo detta patologia dipendente da causa di servizio.

Intanto, in data 12.6.2002, il Sig. P. aveva presentato domanda di concessione dell’equo indennizzo, con riguardo anche a quest’ultima infermità.

Il Comitato di verifica per le cause di servizio, al quale l’Amministrazione aveva trasmesso la richiesta di parere in data 26.5.2003, nell’adunanza del 17.11.2005 ha affermato che l’infermità "stato ansioso di discreta entità" non potesse riconoscersi come dipendente da fatti di servizio, trattandosi di "forma di nevrosi (…) scatenata spesso da situazioni contingenti che si innescano, di frequente, su personalità predisposta. Non rinvenendosi, nel caso di specie, documentate situazioni conflittuali relative al servizio idonee, per intensità e durata, a favorirne lo sviluppo, l’infermità non" poteva "ricollegarsi agli invocati eventi, neppure sotto il profilo concausale efficiente e determinante".

Con decreto direttoriale del 7.3.2006, poi annullato in autotutela, la patologia di che trattasi è stata dichiarata non dipendente da causa di servizio.

Successivamente il ricorrente ha presentato documentazione integrativa.

A seguito di richiesta di riesame del parere, da parte dell’Amministrazione della Giustizia, il Comitato di verifica per le cause di servizio presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ritenendo che la suddetta documentazione non contenesse nuovi elementi di prova rispetto a quelli già esaminati, nell’adunanza del 20.3.2009 ha nuovamente espresso al riguardo parere negativo.

Con decreto direttoriale del 13.4.2010, l’infermità "stato ansioso di discreta entità" è stata dichiarata quale non dipendente da causa di servizio.

Avverso detto ultimo provvedimento, nonché i due citati verbali del richiamato Comitato è stato proposto il presente gravame.

Nell’atto di ricorso si assume che l’evento che avrebbe condizionato negativamente la vita lavorativa e professionale del ricorrente dovrebbe farsi risalire al 1985, quando lo stesso venne a contatto con un particolare detenuto, divenuto collaboratore di giustizia, il quale lo avrebbe accusato di aver preso parte al progetto di fuga di tre detenuti molto pericolosi dalla casa circondariale di Pistoia. Detto evento avrebbe determinato il suo allontanamento immediato, in data 30.4.1985, da tale carcere, senza che si rendesse invece conto delle ragioni di ciò.

Nell’agosto 1999, rientrato ormai alla casa circondariale di Pistoia, questi sarebbe stato avvisato da un suo collega del ritorno del predetto detenuto, individuato dallo stesso come colui che nel 1985 lo aveva accusato di quanto sopra riportato.

Nel 2001 il Sig. P. ha ottenuto copia del rapporto di un ispettore della Polizia penitenziaria, nel quale questi informava di aver ricevuto da un detenuto una lettera dattiloscritta, nella quale venivano spiegati i fatti accaduti nel 1985.

Tutta la situazione descritta avrebbe causato una "condizione psicologica devastata". In particolare, lo stesso nel 1985, subito dopo il trasferimento, sarebbe "caduto in una profonda crisi depressiva", dapprima attenuatasi nel tempo e poi riesplosa nel 1999, fino a condurre alla cessazione dal servizio proprio per tale patologia.

Il mancato riconoscimento della dipendenza da causa di servizio sarebbe "apodittico", poiché la patologia sofferta sarebbe "stata conseguenza immediata e diretta di fatti accaduti in ragione del servizio svolto, aggravati dal mancato rispetto dei più elementari diritti di difesa del lavoratore nei luoghi di lavoro ed aggravati da una condotta omertosa, illecita ed illegittima".

È stato anche chiesto il risarcimento dei danni professionale, biologico permanente ed esistenziale.

I motivi di doglianza dedotti sono i seguenti:

violazione di legge, nonché eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e dei presupposti, erroneità della motivazione, difetto di istruttoria, violazione di norme interne, carenza di motivazione, anche sull’interesse pubblico – violazione di legge e lesione dei diritti costituzionalmente garantiti, quali il diritto alla salute ed all’integrità psicofisica.

Il provvedimento di mancato riconoscimento dell’ascrivibilità della patologia sofferta dal ricorrente a causa di servizio, impugnato con il ricorso in esame, sarebbe "illogico ed apodittico, oltre che contra legem".

Il Comitato di verifica per le cause di servizio non avrebbe mai motivato in concreto in ordine alle ragioni per le quali non ravvedesse il nesso tra i fatti rappresentati dal ricorrente, anche a seguito di integrazione documentale, e la patologia in parola. Esso non avrebbe tenuto conto della circostanza che il Sig. P. non ha mai avuto alcuna patologia psicologica sino al 1985, senza che si possa comprendere la causa esterna extralavorativa che l’avrebbe fatta insorgere.

Il nesso causale tra la malattia individuata ed il servizio svolto sarebbe "evidente ed incontrovertibile", considerato lo stato ansiosodepressivo riscontrato nel periodo 1985/86, a seguito dell’inspiegabile trasferimento immediato, sfociato poi, a partire dal 1999, nel disturbo posttraumatico da stress.

Per l’evento che ha comportato il trasferimento del Sig. P. non è stato aperto alcun procedimento penale, né disciplinare nei suoi confronti.

Questi avrebbe diritto al risarcimento del danno biologico ed esistenziale, conseguente al comportamento colposo dell’Amministrazione, la quale, non aprendo alcun procedimento disciplinare e non denunciandolo all’autorità giudiziaria, avrebbe precluso al medesimo di difendersi, con violazione dell’art. 2087 c.c..

Il ricorrente avrebbe, altresì, subito un notevole danno professionale, consistente nella perdita dell’impiego e nel pregiudizio alla sua capacità lavorativa, da quantificarsi in 50.000,00 Euro, calcolata nella differenza tra quanto percepito e quanto avrebbe guadagnato, rimanendo nei ruoli della Polizia penitenziaria, o con altra somma, in via equitativa.

Si sono costituiti in giudizio i Ministeri della Giustizia e dell’Economia e delle Finanze, depositando documentazione e memoria defensionale, con cui hanno controdedotto alle argomentazioni attoree.

Venuto il ricorso in decisione nella camera di consiglio del 21.10.2010 per la misura cautelare, con ordinanza n. 1472/10, si è fissato direttamente il merito, provvedendo nelle more ad ordinare al Ministero della Giustizia il deposito della lettera del detenuto in relazione al progetto di fuga, del rapporto informativo di un ispettore in servizio presso la casa circondariale di Pistoia e della documentazione del fascicolo personale del ricorrente, utile per valutare la riferibilità della patologia a causa di servizio.

In esecuzione della predetta ordinanza collegiale, è stata depositata la documentazione richiesta, fatta eccezione per la lettera del detenuto, che non risulta agli atti, secondo quanto affermato dal Direttore della casa circondariale di Pistoia in data 24.3.2011.

Il Sig. P. ha prodotto una memoria conclusiva, in vista dell’udienza pubblica del 19.5.2011, nella quale il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1 – Con il ricorso all’esame del Collegio si contestano il provvedimento dell’Amministrazione penitenziaria, recante diniego di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia di "stato ansioso di discreta entità" sofferta dal ricorrente, ed il presupposto giudizio del Comitato di verifica per le cause di servizio, e si chiede, altresì, il risarcimento dei danni professionale, biologico ed esistenziale, che il ricorrente avrebbe subito, per effetto del comportamento tenuto nei suoi confronti dal Ministero della Giustizia.

2 – Cominciando la presente disamina dal gravame, si conviene con parte ricorrente laddove la stessa sostiene che il provvedimento ed il presupposto parere sarebbero viziati da illogicità, carenza di istruttoria, erronea valutazione dei fatti e difetto di motivazione.

3 – In proposito, va preliminarmente evidenziato che il giudizio del Comitato di verifica per le cause di servizio, avente carattere tecnico, è censurabile nella misura in cui, alla luce delle cognizioni della scienza in relazione alle cause che determinino l’insorgere della singola patologia che viene esaminata, esso risulti manifestamente illogico ed irragionevole.

4 – Ciò premesso, deve considerarsi, in particolare che, come si è avuto modo di illustrare in narrativa, il Sig. P. ha cominciato a soffrire della patologia, rispetto alla quale chiede il riconoscimento della sua imputabilità a causa di servizio, nel 1985, quando improvvisamente ed immediatamente è stato trasferito dalla casa circondariale di Pistoia, dove prestava servizio, avendo anche ivi stabilito i suoi affetti, e detta infermità si è nuovamente acutizzata nel 1999, quando, essendo lo stesso rientrato a Pistoia, in detta struttura è stato nuovamente collocato il detenuto che lo avrebbe accusato di aver preso parte al piano di fuga di altri tre detenuti proprio nel 1985.

Come si deduce dal rapporto dell’Ispettore Attanasi del 2.10.1999, un detenuto gli ha consegnato una lettera che descriverebbe la dinamica dei fatti accaduti nel 1985, per i quali, oltre che per il trasferimento dall’istituto di Pistoia un appartenente al Corpo di Polizia penitenziaria aveva sofferto tanto. Sempre agli atti si rinvengono una nota dell’allora direttore della casa circondariale di Pistoia datata 17.4.1985, diretta, tra gli altri, alla sede centrale, con cui è stato trasmesso un "rapporto riservato, riguardante le ulteriori indagini esperite in merito al presunto progetto di evasione posto in essere in data 7.4.1985", nonché il rapporto medesimo. In quest’ultimo si legge che, in ordine ad un presunto progetto di evasione dal carcere, le armi sarebbero dovute essere portate dall’agenteP. F.. Per tale episodio il citato agente è stato immediatamente allontanato dalla casa circondariale di Pistoia, ma non ha subito alcun procedimento penale né disciplinare.

4.1 – Come si desume dal parere del Comitato di verifica per le cause di servizio e dal conseguente provvedimento con cui è stata decretata la mancata ascrivibilità della patologia a causa di servizio, nessuna rilevanza è stata attribuita alla concomitanza dei fatti appena descritti, di cui naturalmente l’Amministrazione era perfettamente a conoscenza, con l’insorgere prima e l’aggravarsi poi dell’infermità stessa.

4.2 – In altre parole, pur convenendo con quanto affermato dall’Amministrazione nella memoria defensionale prodotta in giudizio, secondo cui la riferibilità di una malattia a causa di servizio deve essere valutata avendo riguardo alla sua specifica situazione lavorativa, vagliata a seguito di idonea istruttoria, non può non considerarsi che nella specie appare proprio la specifica situazione del ricorrente a non essere stata presa in esame.

5 – Al riguardo occorre in via preliminare evidenziare ancora che, per tale ascrivibilità, è sufficiente la circostanza che le condizioni lavorative del dipendente, concretamente verificate dal prefato organo e dall’Amministrazione attiva, abbiano agito da concausa preponderante ed efficiente nella sua genesi, il che è come a dire, per il caso che ci occupa, che basta che episodi legati alla prestazione dell’attività lavorativa abbiano determinato, anche unitamente ad eventuali altre circostanze, l’insorgere della patologia e poi il suo aggravarsi per potere stabilire il nesso causale richiesto per il riconoscimento de quo.

6 – Ciò precisato, deve considerarsi che in concreto nel primo parere espresso dal Comitato in parola in data 17.11.2005, si assume che, posto che la patologia in argomento – stato ansioso di discreta entità – è "scatenata spesso da situazioni contingenti che si innescano, di frequente, su personalità predisposta", contraddittoriamente si conclude nel senso della non riferibilità di tale patologia a causa di servizio, "non rinvenendosi, nel caso di specie, documentate situazioni conflittuali relative al servizio idonee, per intensità e durata, a favorirne lo sviluppo".

Si è in precedenza evidenziato che, al contrario, proprio al verificarsi degli episodi descritti, la infermità è insorta e successivamente è ripresa, per poi aggravarsi definitivamente, portando alla cessazione dal servizio del ricorrente.

6.1 – Il parere nella sostanza è poi rimasto immutato, a seguito di riesame, chiesto dall’Amministrazione, per effetto della prodotta integrazione documentale del ricorrente, dopo l’annullamento in autotutela del decreto direttoriale del 7.3.2006, che lo aveva fatto proprio.

In particolare, tale organo ha ritenuto che "le deduzioni prodotte dall’interessato non conten(essero) nuovi elementi di prova rispetto a quelli esaminati dal Comitato e, pertanto, non introduc(essero) un quid novi od un quid pluris che po(tesse) ricondurre la patologia in questione al servizio svolto".

6.2 – La produzione documentale integrativa conteneva certificazione medica e l’articolata relazione medico legale del consulente di parte, specialista in medicina legale e delle assicurazioni, psichiatria forense e criminologia clinica ed in neurologia, che ascriveva agli episodi illustrati, strettamente connessi all’attività lavorativa, l’etiologia e l’aggravarsi della patologia sofferta dal ricorrente.

7 – La motivazione addotta dal Comitato nelle due sedute appare inadeguata, atteso che, in particolare, non manifesta l’esecuzione di un’idonea istruttoria, vale a dire di un accurato esame della situazione concreta concernente la specificità del caso del Sig. P..

7.1 – Pertanto i verbali sono illegittimi e devono essere annullati.

7.2 – Ne consegue che anche il provvedimento di diniego del riconoscimento della causa di servizio, che recepisce l’operato di detto organo, facendolo proprio, risulta inficiato e va annullato.

8 – L’Amministrazione della Giustizia ed, a monte il Comitato di verifica per le cause di servizio, è tenuta ad un esame attento ed approfondito, che tenga effettivamente conto della peculiarità della situazione concernente l’odierno istante, così come documentata, alla luce di quanto rilevato nel presente provvedimento.

9 – Per quanto concerne, infine, la domanda di risarcimento dei danni professionale, biologico ed esistenziale, essa non può, tuttavia, trovare accoglimento.

9.1 – Con riferimento al danno professionale, va rilevato in primo luogo che il ricorrente è cessato dall’attività lavorativa, in quanto riconosciuto inidoneo in modo assoluto al servizio di istituto, valutato da un’apposita commissione, il che peraltro non viene qui censurato.

Deve aggiungersi che, ove, a seguito di ulteriore esame, da eseguirsi tenendo conto di quanto evidenziato in questa sede, dovesse riscontrarsi la dipendenza da causa di servizio, gli sarebbe automaticamente riconosciuto l’indennizzo, il quale non presuppone un inadempimento o comunque l’esercizio di un’attività contra jus, a seconda che si voglia configurare la prospettata responsabilità a titolo contrattuale o extracontrattuale.

9.2 – Va poi precisato che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, non si rinviene un comportamento colposo, da parte dell’Amministrazione datrice di lavoro, la quale, nel prendere le misure adottate (in particolare il suo allontanamento immediato dalla casa circondariale di Pistoia nel 1985), a fronte di dichiarazioni molto pesanti provenienti da un collaboratore di giustizia, si è semplicemente cautelata, non mostrandosi negligente, anzi con ciò senza voler danneggiare il ricorrente stesso, non ritenendo comunque che vi fossero i ben più consistenti presupposti per dare inizio ad un’azione disciplinare o per far attivare un procedimento penale.

Per quanto appena evidenziato, non si ravvisa neppure una violazione degli obblighi ai quali l’Amministrazione della Giustizia era tenuta, in virtù del rapporto lavorativo intercorrente col medesimo.

9.3 – Ne deriva che la domanda di risarcimento del danno, sotto tutti i profili richiesti, deve essere rigettata.

10 – In conclusione il ricorso è fondato e va accolto, per quanto concerne l’impugnativa, con conseguente annullamento degli atti gravati e con l’obbligo delle Amministrazioni di procedere ad un nuovo esame nei modi suindicati, mentre deve essere rigettato relativamente alla domanda di risarcimento del danno.

11 – Con riguardo alle spese, ai diritti ed agli onorari, tenuto conto dell’accoglimento parziale, si ravvisano i presupposti per la loro integrale compensazione tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – sezione I quater, definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento e gli atti presupposti impugnati ed ordina alle Amministrazioni resistenti di assumere le conseguenti determinazioni, fatti salvi gli eventuali ulteriori provvedimenti del Ministero della Giustizia.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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