T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 08-06-2011, n. 5115 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

e sentenza in forma semplificata;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

che il presente giudizio può essere definito nel merito ai sensi degli articoli 60 e 74 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, previo accertamento della completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, e sentite sul punto le parti costituite;

CONSIDERATO che il ricorso appare manifestamente infondato;

RILEVATO che con esso la società ricorrente impugna la determinazione a demolire: " n. 24 gazebi in struttura metallica con copertura in telo in PVC ciascuno di m. 3 x 3,30 – area perimetrale al supermercato utilizzata come esposizione e vendita per una superficie di mq. 124,20 di cui parte risulta chiusa con teli di pvc; all’altezza del civico 229 è stata realizzata la chiusura di una parte del balcone di pertinenza dell’immobile per una superficie di mq. 13,30 con un’altezza di m. 2,50;"

RILEVATO che avverso tale provvedimento la ricorrente oppone:

1. violazione omissione e/o erronea interpretazione e applicazione del d.P.R. n. 380 del 2001 e della L.R. Lazio n. 15 del 2008 vigenti in materia urbanistica, nonché dei principi generali, oltre al difetto di motivazione, eccesso di potere per illegittimità, contraddittorietà, errore di fatto e genericità: la società interessata lamenta che ella è subentrata nella gestione di un supermercato rilevandone anche la relativa area pertinenziale dal 2007 e che lo stato dei luoghi è esattamente quello già in uso al precedente titolare; le opere realizzate – i gazebi – hanno la semplice funzione di riparo all’esterno delle merci, non sono ancorati al suolo e sono rimuovibili in qualunque momento, l’area perimetrale non è adibita a spazio di vendita, ma viene utilizzata per lo scarico ed il carico delle merci ed il balcone è chiuso da un semplice telo che può essere rimosso anch’esso in qualunque momento e non comporta alcun aumento di cubatura;

2. eccesso di potere per illogicità. La determinazione non conterrebbe la precisa descrizione delle opere da demolire;

3. carenza di motivazione. La ricorrente lamenta che la determinazione sarebbe nulla perché non si può assolutamente stabilire quale sia l’iter logico seguito dall’Amministrazione;

RILEVATO che la prima censura non appare assolutamente condivisibile, laddove lo stesso apparato fotografico prodotto in atti dalla ricorrente mostra che le strutture costituenti i gazebi consistono in tendoni poggianti su pali in ferro dei quali, nelle foto, risulta accuratamente omesso l’ancoraggio al suolo, ma che data la consistenza della superficie coperta, configurano quasi una sorta di "mercato coperto" dove sono visibili banchi con cassette di alimenti;

CONSIDERATO che comunque la installazione di simili strutture, ancorché amovibili e non è neppure provato che siano tali, comunque, richiedeva un idoneo titolo abilitativo, anche tacitamente formatosi atteso che ne appare corretta la configurabilità operata dal Comune in termini di "interventi di ristrutturazione in assenza di permesso a costruire", come tali qualificandosi anche quegli interventi idonei ad impegnare carico urbanistico ed autonomamente utilizzabili;

RILEVATO che va smentita la censura proposta per seconda, in quanto le opere appaiono sufficientemente individuate nella loro consistenza e descritte nella determinazione a demolire;

CONSIDERATO infine che anche il dedotto difetto di motivazione non può essere condiviso, dal momento che per giurisprudenza costante l’ingiunzione a demolire si qualifica come provvedimento vincolato che non abbisogna di una particolare motivazione in ordine all’interesse pubblico alla sua adozione, (TAR Lazio, sezione I quater, 11 gennaio 2011, n. 112 e la giurisprudenza ivi citata: TAR Campania, Napoli, sezione VI, 26 agosto 2010, n. 17238) quando, come è avvenuto nel caso in specie, i manufatti risultano del tutto sprovvisti di un idoneo titolo abilitativo, anche tacitamente formatosi;

RITENUTO che per le superiori considerazioni il provvedimento vada trovato scevro dalle dedotte censure e che il ricorso vada di conseguenza respinto;

CONSIDERATO che, quanto alle spese di lite, esse seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società La C. s.r.l. in persona del legale rappresentante p.t. al pagamento di Euro 1.000,00 per spese di giudizio ed onorari a favore di Roma Capitale.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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