Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 04-05-2011) 07-06-2011, n. 22714 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

el PG, Dott. MONETTI Vito il quale ha chiesto il rigetto.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza del di 8 novembre 2010 il Tribunale di Bari, in funzione di giudice del riesame, confermava quella resa dal G.I.P. del Tribunale della stessa sede che, il precedente 10 ottobre ed in danno di D.N.R.M., aveva disposto la misura cautelare in carcere, giacchè gravamente indiziato, insieme ad altri, del reato di associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti ( art. 81 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, commi 1, 2 e 3) nonchè del reato di spaccio di cocaina ( artt. 110, 81 c.p., e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73); in (OMISSIS) ed altre località limitrofe, fino al (OMISSIS).

A sostegno della decisione il Tribunale richiamava: intercettazioni telefoniche coinvolgenti l’indagato ed il ritenuto capo dell’organizzazione; attività di appostamento, pedinamento e controllo della P.G.; il sequestro di sostanze stupefacenti di diversa qualità; gli arresti di ritenuti appartenenti al sodalizio;

l’arresto in flagranza di reato dell’indagato stesso unitamente a D. M.C. ed il sequestro, in quella occasione, di 100 gr, di cocaina rinvenuta in loro possesso.

Quanto alle esigenza cautelari richiamava il tribunale quelle di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c) e la disciplina di rigore imposta in costanza dei reati contestati.

2. Ricorre al giudice di legittimità per l’annullamento dell’impugnata ordinanza D.N.M.R., assistito dal difensore di fiducia, che sviluppa a sostegno della impugnazione cinque motivi di ricorso.

2.1 Col primo di essi denuncia la difesa ricorrente violazione dell’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c) e art. 275 c.p.p., nonchè difetto di motivazione sul punto, in particolare osservando che:

– omette l’ordinanza impugnata di motivare in ordine all’attualità delle esigenze cautelari, tenuto conto del tempo passato dalle condotte imputate all’indagato, risalenti al (OMISSIS);

– la permanenza oltre tale data dell’associazione è affermata apoditticamente, mentre il tempo trascorso dal (OMISSIS) ha privato l’associazione di ogni apprezzabile e credibile permanenza ed operatività;

– i rilievi evocati dal GIP nell’ordinanza genetica al fine di accreditare una permanenza dopo il 2007 della consorteria malavitosa riguarda personaggi estranei al processo ovvero fatti ad esso estranei;

– il D.N. dal (OMISSIS) è scomparso dalla scena e non gli sono riferibili nè atti, nè circostanze di rilevanza penale.

2.2 Col secondo motivo di ricorso denuncia la difesa ricorrente violazione dell’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c), artt. 192 e 275 c.p.p., nonchè difetto di motivazione sul punto, sul rilievo che le fonti di prova a carico dell’indagato sono state indicate dal tribunale del tutto acriticamente e ricopiate pedissequamente dall’ordinanza del GIP. 2.3 Col terzo motivo di ricorso denuncia la difesa ricorrente violazione dell’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c), art. 192 c.p.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 nonchè difetto di motivazione sul punto, sul rilievo che non avrebbe l’ordinanza impugnata dato conto dei requisiti minimi necessari, per legge e per la lezione interpretativa del giudice di legittimità, per identificare, nel caso concreto, la sussistenza di una associazione dedita allo spaccio penalmente rilevante.

In tale prospettiva infatti non avrebbe il giudice a quo tenuto conto: del breve lasso di tempo in cui il D.N. è stato interessato alla vicenda per cui è causa; della circostanza che avrebbe avuto l’indagato contatti con il solo P.; del dato che non avrebbe lo stesso avuto contatti con altri sodali.

2.4 Col quarto motivo di ricorso denuncia la difesa ricorrente violazione dell’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c), art. 192 c.p.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 nonchè difetto di motivazione sul punto, in particolare osservando che:

– non motiva il Tribunale gli elementi in base ai quali ritenere l’indagato sodale dell’associazione malavitosa;

– non è provato che il D.N. abbia contribuito ai fini di profitto dell’associazione, fini di profitto essenziali per l’associazione criminale e di essa costitutivi, per conseguire i quali è necessaria una stabile attività malavitosa protratta nel tempo;

– nè tale stabile attività, nè un tempo apprezzabile in cui essa si sarebbe dipanata risultano provati quanto meno con riferimento al D.N.;

non è provato agli atti un ruolo continuativo acquirente/finanziatore, è esso anzi escluso dalle negoziazioni provate, minime per il numero e per i profitti conseguiti, riferibili alla persona del D.N. e non certo all’associazione nella quale, si sostiene, l’indagato sarebbe coinvolto.

2.5 Col quinto ed ultimo motivo di ricorso denuncia la difesa ricorrente, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e), violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato ed alla ricorrenza delle ritenute esigenze cautelari.

In tale prospettiva lamenta il difensore che non si sia tenuto conto della documentazione esibita attestante il lavoro al quale ormai stabilmente si è dedicato l’indagato ovvero l’interruzione di ogni contatto con il P. o con altri sodali del ritenuto sodalizio, come provato dagli esiti delle intercettazioni proseguite anche a carico del D.N..

3 La doglianza è infondata.

3.1 Per coerenza logica ritiene la Corte di dover inizialmente delibare il terzo motivo di impugnazione e con essa le censure relative alla ritenuta sussistenza della contestata associazione D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74 ad esso poi connettendo le censure motivazionali di cui ai punti 2 e 4 del ricorso in esame. Le doglianze sono infondate.

Ai fini della configurabilità dell’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, non è richiesta l’esistenza di un’articolata e complessa organizzazione, connotata da una struttura gerarchica con specifici ruoli direttivi e dotata di disponibilità finanziarie e strumentali per un’estesa attività di commercio di stupefacenti, ma è sufficiente anche un’elementare predisposizione di mezzi, pur occasionalmente forniti da taluno degli associati o compartecipi, sempre che gli stessi siano in concreto idonei a realizzare in modo permanente il programma delinquenziale oggetto del vincolo associativo (Cass., Sez. 6, 13/02/2009, n. 25454). E neppure è richiesto, sempre con riferimento alla configurabilità dell’associazione D.P.R. n. 306 del 1990, ex art. 74 un patto espresso fra gli associati, ben potendo desumersi la prova del vincolo dalle modalità esecutive dei reati-fine e dalla loro ripetizione, dai rapporti tra gli autori, dalla ripartizione dei ruoli fra i vari soggetti in vista del raggiungimento di un comune obiettivo e dall’esistenza di una struttura organizzativa, sia pure non particolarmente complessa e sofisticata, come detto, indicativa della continuità temporale del vincolo criminale (Cass.,Sez. 6, 17/06/2009, n. 40505).

Ciò posto, e transitando dalla nozione giuridica di associazione D.P.R. n. 306 del 1990, ex art. 74 alla partecipazione ad essa, questa può essere desunta, secondo insegnamento di questa Corte, anche dalla commissione di singoli episodi criminosi, purchè siffatte condotte, per le loro connotazioni, siano in grado di attestare, al di là di ogni ragionevole dubbio e secondo massime di comune esperienza, un ruolo specifico della persona, funzionale all’associazione e alle sue dinamiche operative e di crescita criminale, e le stesse siano espressione non occasionale della adesione al sodalizio criminoso e alle sue sorti, con l’immanente coscienza e volontà dell’autore di farne parte e di contribuire al suo illecito sviluppo (Cass., Sez. 6, 21/10/2008, n. 44102); di più, l’elemento oggettivo del reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti prescinde dal numero di volte in cui il singolo partecipante ha personalmente provveduto allo spaccio, per cui il coinvolgimento in un solo episodio di cessione di droga non è incompatibile con l’affermata partecipazione dell’agente all’organizzazione di cui si è consapevolmente servito per commettere il fatto (Cass., Sez. 4, 11/11/2008, n. 45128; Cass., Sez. 6 Sent, 14/01/2008, n. 6867). Nel caso in esame il giudice a quo ha valorizzato una serie di oggettivi esiti di indagine sulla cui significatività non appare ragionevole alcun dubbio: si tratta di intercettazioni telefoniche coinvolgenti il D.N. direttamente e probanti del suo ruolo di spacciatore per conto del P., nonchè di quello di violento persuasore per il recupero dei crediti contratti dagli acquirenti e con ciò del suo stabile inserimento nell’associazione, inserimento confermato dalla telefonata effettuata in occasione del suo arresto in flagranza al capo del sodalizio per ottenere subito da costui l’assistenza di un avvocato.

Su tali premesse, puntualmente elencate nella motivazione impugnata, il giudice territoriale ha desunto l’esistenza e le caratteristiche del sodalizio, la condivisione di intenti tra i sodali, le comuni preoccupazioni per il recupero dei profitti e per la collocazione della droga tra i vari acquirenti, una pur semplice distinzione di ruoli, quelli volti allo spaccio, quelli volti al recupero dei crediti inevasi e quelli relativi al pagamento al P., pacificamente al vertice del gruppo.

Non può pertanto, conclusivamente, negarsi la correttezza giuridica dell’argomentare impugnato e con essa compiutezza motivazionale e logicità di sillogismo dialettico alla motivazione gravata, immeritevole delle censure di apoditticità ed insufficienza mosse difensivamente con tutti i motivi di ricorso illustrati dal difensore ed in particolare con il secondo e quarto i quali, sulla base di quanto si qui dedotto, devono ritenersi valutati e delibati, tenuto altresì conto della fase processuale in atto, contraddistinta dalla necessità di una probatio minor, destinata a più apprezzabile conferma probatoria col naturale dipanarsi della vicenda processuale.

3.2 Rimangono da valutare le censure di cui al primo ed all’ultimo motivo di impugnazione, relativi entrambi alla sussistenza delle esigenze cautelari, alla loro attualità ed alla sufficienza indiziaria giustificative della misura impugnata.

Quanto alla sufficienza indiziaria non può che ribadirsi quanto esposto nel precedente paragrafo, mentre in ordine alla esigenze ed alla loro attualità osserva la Corte che ha il tribunale correttamente motivato il proprio opinamento.

Ed invero, nel caso di specie trova applicazione la disciplina di rigore di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3 ed in considerazione di ciò ha il tribunale richiamato, preliminarmente, le esigenze di cui all’art. 274, lett. e), logicamente desunte dall’accertato protrarsi, ancora una volta nei limiti propri della presente fase processuale, della operatività del sodalizio, dalla personalità dell’indagato, dal ruolo svolto con certezza di braccio violento dell’associazione, dal comportamento processuale volto a sminuire la rilevanza delle sue condotte e di quelle del suo capo, dati tutti, questi appena enumerati, convergenti verso una giustificata prognosi negativa circa il pericolo di comportamenti recidivanti, conclusione non in contraddizione col tempo trascorso dai fatti contestati, secondo valutazione in fatto del giudice di merito non censurabile in questa sede.

Trattasi di motivazione coerente con i principi normativi regolatori della materia e con le leggi della logica, oltre la quale, rimane per questo il solo giudizio di merito, diffusamente utilizzato dalla difesa ricorrente ed improponibile in questa sede di legittimità. 4. Il ricorso va pertanto rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese del procedimento a mente dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. DISPONE trasmettersi a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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